di
Elisa Magrì
23-03-2011
Approvata e pubblicata l'ultima legge finanziaria regionale che sopprime i consigli direttivi fra gli organi di gestione dei parchi regionali. La conservazione del patrimonio della regione è affidato ad una Giunta con componenti di nomina politica, escludendo la partecipazione dei rappresentanti delle comunità territoriali interessate.
È stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania (n. 18, 16/03/2010) l'ultima legge finanziaria regionale che emana le disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e del bilancio pluriennale 2011-2013 della regione campana (legge n. 4 del 15 Marzo 2011).
Salutata dal presidente della Commissione regionale Bilancio, Massimo Grimaldi, come una “manovra di rigore e di sviluppo, che si pone l'obiettivo di tagliare gli sprechi e di puntare sulla qualità della spesa”, al fine di favorire il rientro della regione nel Patto di Stabilità dopo lo sforamento del 2009, la legge effettua una serie di tagli e di riduzioni che non rientrano tutti nella medesima tipologia di “spreco”.
In questo solco si inserisce, infatti, anche la modifica della legge regionale del 1 Settembre 1993, n. 33, riguardante l'Istituzione di parchi e riserve naturali in Campania.
La normativa del 1993 prevedeva, fra gli organi di gestione del parco (oltre al presidente, alla Giunta esecutiva, al Collegio dei revisori dei conti e alla comunità del parco), un Consiglio direttivo composto da: il Presidente del Parco, da uno a massimo quattro rappresentanti dei comuni territorialmente interessati designati dalla comunità del parco, un rappresentante per ogni comunità montana territorialmente interessata, tre rappresentanti delle associazioni ambientaliste riconosciute dal Ministero dell'Ambiente, maggiormente presenti sul territorio regionale, e tre rappresentanti delle organizzazioni Professionali Agricole più presenti sul territorio (Art. 9).
La nuova legge 2011 sopprime tout court il Consiglio direttivo e cancella anche la funzione esecutiva della Giunta, alla quale si assegna ora la rappresentanza di un solo componente di nomina delle associazioni ambientaliste e di uno, sempre di nomina, delle professioni agricole (Art. 260). In sostanza, nella composizione della Giunta, formata da cinque componenti (il presidente, il direttore del parco e un segretario da questi indicato, più i due rappresentanti di nomina), tre membri su cinque sono di nomina politica.
Ma la Giunta non è un organo puramente formale, al contrario: essa è chiamata a deliberare in merito a tutte le questioni generali del parco, deve predisporre un piano pluriennale economico-sociale per le attività compatibili dell'area e approvare il bilancio preventivo con i relativi piani e programmi.
Una gran mole di lavoro per una regione che vanta alcuni fra i paesaggi naturali più belli d'Italia, spesso deturpati dall'abusivismo edilizio, dal problema delle discariche, dal bracconaggio e dal dissesto idrogeologico. Si comprende bene che la partecipazione democratica dei residenti nei territori interessati per un largo confronto sulla gestione delle aree protette costituiva un elemento di sana politica, che si è preferito, invece, relegare nell'area degli “sprechi” da tagliare.
Per questo motivo le associazioni ambientaliste esprimono una forte critica, definendo la normativa come “il via libera ad una gestione partitica e lottizzata, e sempre meno rispondente alle finalità previste dalla legge 394/91 (Legge Quadro sulle Aree Protette) istitutiva dei parchi nazionali”, secondo la quale la protezione dell'ambiente sancita dalla Costituzione (Art. 9 e 32) va gestita “al fine di garantire e promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese”.
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