Ambiente, sostenibilità, stop alla cementificazione sono alcuni dei temi su cui Andrea Zanoni si è impegnato nella legislatura che si conclude: quali sono i risultati raggiunti e quanto resta ancora da fare?
«A Bruxelles ho denunciato decine e decine di soprusi e sospette violazioni alle normative ambientali europee per proteggere Siti d'Interesse Comunitario (SIC), Zone a Protezione Speciale (ZPS), falde e bacini acquiferi e tanto altro. L'Italia continua a essere maglia nera d'Europa per procedure d'infrazione ambientale. L'immenso patrimonio naturale italiano costituisce una preziosa risorsa da proteggere e valorizzare, un patrimonio di proprietà degli italiani e non da assoggettare agli interessi di costruttori e cementificatori. E' anche una questione di sicurezza. Ho denunciato a Bruxelles a più riprese gli eccessi di cementificazione in regioni come il Veneto, soprattutto alla luce dei disastri naturali che sempre più spesso colpiscono il nostro territorio».
Sul fronte delle politiche ambientali (dalla gestione dei rifiuti alle grandi opere), nella UE quanto pesano le pressioni delle lobby? E quanto si potrebbe fare in materia di trasparenza?
«Le lobby pesano eccome. Sono stato il relatore per il Parlamento europeo della nuova direttiva di Valutazione d'Impatto Ambientale VIA, la principale normativa ambientale europea che non veniva cambiata da oltre vent'anni e che contiene tutti gli standard ambientali che devono rispettare determinati progetti pubblici e privati come ponti, porti, autostrade, discariche di rifiuti, fino agli allevamenti intensivi di pollame o suini. Nel mio lavoro, durato oltre un anno e fatto di centinaia di incontri con associazioni e comitati, ho subìto non poche pressioni da certi gruppi di potere. Ovviamente io sono andato avanti per la mia strada, considerando unicamente gli interessi dei cittadini, della nostra salute e dell'ambiente. Ho introdotto novità importanti sulla biodiversità, il clima, maggiore trasparenza nella procedura per facilitare la partecipazione pubblica grazie alla creazione di un portale centrale, norme nuove sul conflitto di interessi, sanzioni nel caso di violazioni delle norme derivanti dalla nuova direttiva, una forte limitazione della possibilità di ricorrere a deroghe, nuovi criteri di decisione e di informazioni da fornire nel rapporto ambientale, come il cumulo dei progetti detto “salami slicing”».
Da più parti ormai si dice che non si può più pensare a una crescita ad ogni costo, ma che occorre ripensare le politiche della sostenibilità per cercare di risolvere la situazione di crisi uscendo dal modello economico neoliberista. Su questo fronte qual è la sua posizione?
«Rispondo con una parola, anzi due: green economy. La congiuntura economica che stiamo vivendo è una delle peggiori di tutti i tempi. Si può uscirne solamente puntando sulla green economy, l'economia che sviluppa l'innovazione, tiene aperti i laboratori di ricerca, adatta alle nuove normative i processi di produzione, scopre fonti di energia sempre meno impattanti per l'ambiente e fa costruire case con materiali e tecnologie che generano risparmi energetici straordinari e costi ridotti di manutenzione. L’Europa green darà lavoro per tutti. L'Europa può incentivare questo tipo di economia indirizzando i suoi finanziamenti, ci aiuterà a costruire sviluppo e a creare nuovi posti di lavoro. Chi investe green, infatti, è più forte anche all’estero: più del 40% delle imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti esporta i propri prodotti contro il 25% di quelle che non lo fanno. Perché oggi green economy significa innovazione, sviluppo, posti di lavoro».
I suoi punti programmatici?
«Riguardo l’ambiente: riduzione delle emissioni di CO2, protezione dell'acqua, tutela della biodiversità, agricoltura biologia e no agli ogm, riciclo e rifiuti zero, bioedilizia. Sul fronte del lavoro: green economy, eco innovazione, lavoro sostenibile, incentivi per le aziende green e che assumono giovani. Attenzione anche agli animali, con una nuova strategia europea del loro benessere, la direttiva Ue per la tutela degli animali da affezione, la lotta al commercio animali selvatici, no alla sperimentazione animale, divieto della caccia, tutela delle api, nuova cultura alimentare con riduzione del consumo di carne».
Andrea Zanoni al Parlamento europeo è membro della commissione ENVI (Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare), della commissione EMPL (Occupazione e affari sociali) ed è vice Presidente dell’Intergruppo per il Benessere e la Conservazione degli Animali. È presidente dell’associazione ambientalista Paeseambiente e della LAC - Lega per l’Abolizione della Caccia del Veneto. Da settembre 2011 ha presentato oltre 260 interrogazioni parlamentari alla Commissione. Nell'aprile 2012 è stato relatore del regolamento che vieta il taglio delle pinne di squalo a bordo dei pescherecci, il cosiddetto finning. È stato tra i promotori della “Dichiarazione scritta sull'introduzione di un limite massimo di 8 ore per il trasporto nell'Unione europea di animali destinati alla macellazione” approvata dal Parlamento europeo il 30 novembre 2011. Ha contribuito al blocco della caccia in deroga in Veneto e in altre regioni italiane e all’apertura di una procedura d’infrazione, a febbraio 2014, per la cattura dei richiami vivi a uso caccia. Ha appoggiato l'iniziativa europea da un milione di firme Stop Vivisection che chiede l’abrogazione della direttiva 2010/63/UE sulla sperimentazione animale denunciando anche alla Commissione europea i problemi tecnici del sistema informatico messo a disposizione dei cittadini. Ha chiesto l'intervento della Commissione europea nei confronti dell'allevamento lager di Green Hill (Montichiari, Brescia). Ha denunciato a Bruxelles le violenze sui cani randagi in Europa, casi di caccia illegale e bracconaggio anche a specie protette.
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