di
Romina Arena
03-02-2011
Con gli accordi di partenariato volontario, l’Unione Europea prova ad arginare il mercato illegale di legname, attivando protocolli di tracciabilità ed incidendo sulla governance propria di questo commercio. Quali i risvolti per la tutela dell’ecosistema e della biodiversità?
Il 19 gennaio il Parlamento europeo (Pe) ha approvato due accordi di partenariato volontario sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio con Congo e Camerun, per contrastare il commercio di legname e derivati che arrivano dal mercato illegale.
Si tratta di normative incluse nel quadro del programma Flegt (Forest Law Enforcement, Governance and Trade) che rappresenta la prima azione concreta della Ue per dare seguito all’impegno, sottoscritto a Johannesburg nel corso del World Summit on Sustainable Development tenutosi nel 2002, di arrestare l’attuale ritmo di perdita di risorse naturali e di diversità biologica.
L'obiettivo, attraverso una licenza che garantisca l'origine del prodotto ai consumatori europei, è quello di combattere una cattiva governance locale di questo commercio e l’alto tasso di corruzione che la circonda, fornendo migliori controlli sulle importazioni e sulla tracciabilità del legname tropicale.
Le prime licenze rilasciate solo per il legname esportato nell'Ue sono attese per questo 2011 dal Congo che esporta ogni anno 250 milioni di euro di legname. Di questo circa la metà è acquistato da Paesi dell'Unione i principali dei quali sono Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Paesi Bassi e Belgio.
Per l’accordo con il Camerun, invece, bisognerà aspettare il 2012. Quello con il Congo è il primo ad essere firmato da un paese del bacino del Congo e il secondo di una serie di accordi bilaterali attualmente negoziati tra l'Ue e i paesi produttori di legname. Il primo, infatti, è stato firmato nel 2010 con il Ghana.
Secondo il Commissario europeo responsabile dello sviluppo, Andris Piebalgs, l'accordo è uno strumento fondamentale per lottare contro lo sfruttamento illegale delle foreste, funzionale all’obiettivo di aiutare il settore forestale della Repubblica del Congo a “svilupparsi in modo sostenibile ed a creare posti di lavoro”.
Janez Potocnik, il commissario europeo per l'ambiente che ha firmato l'accordo per conto della Commissione europea, ha poi aggiunto che ridurre la deforestazione e lo sfruttamento illegale delle zone forestali significa anche “creare condizioni più favorevoli agli investimenti a lungo termine nella gestione sostenibile delle foreste”.
Perché gli accordi vadano a buon esito, tuttavia, è necessario mettere in pratica una serie di provvedimenti tali da favorire l’efficacia degli strumenti previsti dagli accordi. Pertanto, è in via di predisposizione un sistema nazionale di rintracciabilità del legname, sostenuto da un contributo comunitario di due milioni di euro e da un cofinanziamento nazionale pari a 1,08 milioni di euro.
L’accordo entrerà in vigore dopo che entrambe le parti lo avranno ratificato e, a seguito del trattato di Lisbona, previa approvazione del Parlamento europeo. Per quanto questo tipo di accordi siano classificati come volontari, rimane comunque il fatto che, una volta entrati in vigore, diventano giuridicamente vincolanti per i paesi contraenti. Per cui, una volta ratificato ed entrato in vigore l’accordo, il Congo e successivamente il Camerun saranno obbligati a commerciare solo legname legale, correttamente tracciato ed opportunamente munito della documentazione necessaria.
L’Unione europea non è nuova a queste iniziative volte a combattere i traffici illegali e l’introduzione sul territorio comunitario di merci non tracciabili; basti pensare all’importante contributo al processo di Kimberly per la messa al bando dei diamanti di sangue che finanziano le guerre civili in Africa.
Anche questo degli accordi volontari sembrerebbe un piano intelligente per arginare il mercato illegale del legname che depaupera indiscriminatamente le foreste minacciando la scomparsa di alberi secolari. Ma come quasi tutte le misure prese dall’Unione e che non riguardino strettamente le grosse questioni finanziarie, è imperfetto e manca di alcune contromisure fondamentali per la preservazione stessa delle foreste, a discapito del suo nome (accordo 'salva foreste', appunto).
Se da un lato gli accordi impongono che all’interno del mercato comunitario possano essere venduti stock di legname legalmente tagliato ed in possesso di tutta la documentazione necessaria ad attestare la trasparenza del commercio, dall’altra essi non prevedono piani che mantengano inalterato l’ecosistema e proteggano la biodiversità; non si fa parola di piani di ripopolazione, né dei criteri per il disboscamento (età degli alberi, dimensioni, per esempio, stock di legname tagliabile).
Resta da aspettare il prossimo futuro, quando gli accordi entreranno in vigore (si parla di luglio 2011) e vedere quanto incideranno, con tutte le loro imperfezioni, nel medio e lungo periodo sulla reale lotta al traffico di legname illegale.