di
Paolo Ermani
23-01-2013
Abbiamo dato spazio in queste pagine alla nascita di Cambiare si può, campagna lanciata con l’obiettivo di presentare alle elezioni politiche del 2013 un polo alternativo agli attuali schieramenti. Oggi pubblichiamo un'analisi critica di Paolo Ermani che riflette sull'inganno, a suo avviso insito in tale iniziativa, della società civile che partecipa.
Si è concluso il circo delle candidature elettorali e se qualcuno aveva ancora qualche dubbio sul fatto che dai partiti ci si possa aspettare qualcosa di positivo, le vicende della corsa ai candidati hanno sgomberato il campo. Sembrava un incrocio fra le partite a figurine dei bambini e il mercato delle vacche dei grandi.
Fra le varie comiche, tutti a cercare di scimmiottare quello che dice Grillo rifacendosi impossibili verginità nelle liste elettorali mettendo da parte due o tre dei maggiori compromessi fra i vari impresentabili di cui sono assortiti i partiti. Uno spettacolo pietoso e indegno.
In questo quadro mi soffermo sul tentativo di “Cambiare si può” che è stato illustrato anche sulle pagine di questo giornale e sull’impossibile speranza che la società civile possa contare qualcosa attraverso i partiti. I partiti non fanno mai nulla per nulla e se sembra che diano qualcosa è solo perché sanno che in cambio avranno molto di più di quello che apparentemente danno. Possono anche perdere molto pelo ma di sicuro non il vizio.
Quei personaggi, soprattutto con un background di partito, che parlano di società civile, di 'nuovi soggetti politici' e così via, cercando di attirare a sé movimenti, comitati o simili, non fanno altro che cercare di avere il consenso per salire su qualche poltrona. Tutti i tentativi di unione di vari gruppi e istanze falliscono miseramente perché c’è una insanabile contraddizione di partenza nel fatto che chi parla di unione lo fa spesso pensando che il suo punto di vista sia poi l’unico da seguire.
Ridicoli ducetti malati di protagonismo adolescenziale cercano di attrarre a sé più persone possibili con ogni mezzo apparentemente onesto e condivisibile per poi improvvisamente giocare la carta del partito finalmente e veramente diverso, nuovo, indispensabile, mettendosi in questo modo al di sopra e in conflitto con tutti. Di fronte a mille di questi episodi e trasformismi non è un caso che le fortune di Grillo sono anche derivate da una presa di posizione netta contro i partiti e chi agisce con la loro logica.
In una situazione del genere credo che non si sia dato sufficientemente risalto alla grande rilevanza morale e significato della scelta di Carlo Petrini di Slow food di non candidarsi con nessuno, nonostante gli avrebbero fatto ponti d’oro. Di sicuro Petrini fa più così con la sua organizzazione che non ostaggio e trofeo da mostrare da parte di qualche partito.
Il progetto di Cambiare si può, come altri tentativi del genere fatti in passato e che verranno fatti in futuro, servono solo ai partiti per avere una possibilità, fornita più o meno inconsapevolmente da persone volenterose e in buona fede, di rientrare dalla finestra dopo che come nel caso attuale, erano usciti dalla porta del parlamento.
A partiti e politici in disarmo non sembrava vero di aver trovato un bell’autobus che li riportasse nel loro nido naturale che è il parlamento, sede di ogni possibile parassitismo.
Dopo discussioni di mesi, preparazioni, programmi, propositi, fiumi di parole, tempo, energia e soldi sprecati, piove dal cielo tale Ingroia che in base alla sua visibilità mediatica in pochissimo tempo si impadronisce di tutto il palcoscenico. Si accorda con partiti malconci e personalità decadute, piazza i suoi capetti a destra e sinistra con qualche condimento di un paio di rappresentanti della cosiddetta società civile e il giochetto è fatto con tanti saluti a chi ha creduto l’ennesima volta nella 'politica dal basso'.
Cosa altro c’è da capire, accertare, valutare? Ma non sarà che invece di seguire sterili programmi politici bisogna costruire solidi progetti? Ma non sarà che la vera unione da cercare è sul cambiamento concreto e non sulla mozione numero uno, due o tre su cui scannarsi? Quando intellettuali, politici, ex politici, teorici di ogni risma e così via si mettono a capo di qualcosa difficilmente se ne cava qualcosa di buono, se non fiumi di parole su cui si cavilla all’infinito inutilmente e si finisce per spararsi addosso fra galli che si massacrano per essere padroni del pollaio anche se si tratta di due galline.
Chissà se l’ennesimo e non ultimo fallimento di una utopica gestione dal basso della politica istituzionale possa insegnare che questa politica ha fatto il suo tempo, che è arrivato il momento di elaborare proposte di cambiamento su progettualità concrete ora e qui e non su pii desideri che si realizzeranno “quando avremo preso il potere”, cioè mai.
Il potere oggi è di chi con le sue scelte decide di cambiare. Il potere oggi è di chi boicotta, rifiuta, coltiva, scambia, agisce, cammina, autoproduce, riduce, impara, apprezza e soprattutto sa essere umile pur essendo fermo nelle sue scelte e nella sua voglia di cambiare. Il potere oggi è di chi non segue nessun gatto e volpe ma decide anche assieme ai suoi simili che ce la può fare e ce la farà.
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