di
Andrea Degl'Innocenti
23-11-2011
Quella di un'imposta patrimoniale che tassi i più ricchi è una delle proposte che riscontra più successo. Ma davvero saranno solo i grandi patrimoni a versare i contributi più ingenti? O l'imposta ricadrà di nuovo sulle spalle dell'Italia virtuosa, che già paga le tasse, non intesta i beni a società create ad hoc e non apre conti all'estero?
Fra le tante ipotesi vagliate dal nuovo governo per ottenere quei 30/40 miliardi necessari al paese per sanare il rapporto deficit/pil, in mezzo a privatizzazioni e privazioni, ce n'è una che sembra mettere d'accordo un po' tutti: la patrimoniale.
Per patrimoniale si intende una imposta diretta che incide sul patrimonio, ovvero sulla ricchezza, dei contribuenti, e non sul reddito. Una patrimoniale può essere una tantum oppure essere regolarmente riscossa ogni anno come imposta ordinaria (è, ad esempio, il caso dell'ICI sugli immobili).
Inoltre può essere secca o variabile. Quella secca, o fissa, consiste nell'imporre un tasso percentuale fisso a tutti i contribuenti (nel '92 in Italia fu imposta una patrimoniale secca del 6 per mille), e può avere una franchigia, ovvero una quota minima al di sotto della quale la tassa non è imposta. Quella variabile invece è progressiva incide con una percentuale proporzionale al patrimonio tassato (è il caso della tassa patrimoniale francese, che è dello 0,55% per patrimoni da 790 mila euro a 1,3 milioni dello 0,75 per cento fino a 2,5 milioni, dell'1,5 fino a 16 milioni e dell'1,8 oltre i 16 milioni.
Si sono espressi a favore di questo tipo di misura quasi tutte le forze politiche, e molte delle parti sociali. Pdl, Pd, Udc, Fli e Api l'hanno inserita nel pacchetto di proposte bipartisan da presentare a Monti al suo ritorno dalla missione in Europa.
Anche la Lega, Sel e molti partiti minori premono a favore dell'imposta, e Susanna Camusso, Segretario generale della Cigl, ne ha parlato come di una misura imprescindibile, un “punto di partenza”.
Non è ancora chiaro che tipo di patrimoniale voglia imporre il governo Monti. Ad ogni modo dietro a questa cortina di consensi si nascondono molti nodi da sciogliere e qualche perplessità. Senza poter dare alcuna certezza, riportiamo ciò che al momento attuale emerge dal dibattito sulla patrimoniale. Si parla di tassare i “grandi patrimoni”, ma la quota minima dovrebbe aggirarsi attorno al milione di euro.
Si parla di tassare soltanto le persone fisiche e non quelle giuridiche, ma così si escludono le società cui spesso, chi possiede grandi ricchezze, intesta i propri beni. Non si fa nessun riferimento all'ipotesi di accordi con i cosiddetti “paradisi off-shore”, seguendo l'esempio di Usa e Regno Unito che hanno stabilito una convenzione con la Svizzera che prevede l'applicazione di un'imposta patrimoniale del 25 per cento circa in cambio del segreto bancario.
In un recente post la blogger Debora Billi lamenta il fatto che con ogni probabilità a pagare la patrimoniale saranno sempre i soliti contribuenti, forse con l'eccezione della fascia più povera della popolazione. Quelli che pagano regolarmente le tasse e intestano a se stessi i propri possedimenti.
“In Italia - scrive la Billi - chiunque abbia tre o più immobili, la barca, terreni o altro, se ne guarda molto bene dell'intestarli a se stesso. Esistono migliaia di micro srl nate appositamente per gestire queste proprietà, ogni commercialista è abituato ad aprirne di continuo.”
Per concludere, “Indovinate allora chi finirà col pagare la patrimoniale? Esatto: noi, che al massimo abbiamo una casa ed un'auto e non apriamo certo società di comodo”. Insomma, il peso della patrimoniale rischia di ricadere sulle spalle dell'Italia virtuosa, che paga le tasse regolarmente e non apre conti all'estero? Se così fosse poco sarà cambiato davvero in tema di diseguaglianza sociale.
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