Per cambiare vita e lavoro o per scollocarsi non è necessario essere ricchi

Spesso, quando qualcuno compie scelte anche radicali ed "esce dal gregge", trova critiche, scherno o livore da parte di tanti. Perché? Me lo sono chiesto e ho cercato di dare una risposta.

Per cambiare vita e lavoro o per scollocarsi non è necessario essere ricchi

Ho più volte notato un atteggiamento molto particolare nei confronti di chi, per qualche motivo, vuole intraprendere strade diverse, nuove o contrarie a quelle dettate dal sistema dominante.  Non appena qualcuno tenta di staccarsi dal gregge, prima ancora che "il padrone" provi a far rientrare la ribellione, immediatamente intervengono le altre pecore che gliene dicono di tutti i colori.

Perché le altre pecore fanno così? Eppure una pecora che esce dal gregge e riesce magari a scappare o un criceto che smette di girare sulla ruota e se ne va per i fatti suoi dovrebbero essere un segnale di speranza per tutti: se ce l’ha fatta lei o lui, forse ce la possiamo fare anche noi. Spesso invece scatta il pensiero contrario: ”Maledizione, se c’è l’ha fatta lui o lei, significa che si può fare ma io non lo voglio fare, non ne ho il coraggio, non voglio rischi, voglio mantenere il mio status quo di schiavo, che non sarà il massimo ma almeno sono al caldo e con la ciotola piena”.

E allora cosa si fa? Ovviamente si cerca di fermare, deridere, insultare, colpire in ogni modo la pecora o il criceto che decidono di provare a vivere e non a sopravvivere.  Così ci si inventano le teorie e scuse più fantasiose e inconsistenti per dire soprattutto a se stessi che non si può fare. La storiella ricorrente nei confronti di chi sceglie di cambiare lavoro o vita, di scollocarsi, di fare quello che in inglese si chiama downshifting, è che chi lo fa se lo può permettere economicamente oppure non ha figli. Chi dice queste panzane cita solitamente i due modelli che vanno per la maggiore per dimostrare che è impossibile cambiare, cioè l’operaio e chi non arriva a fine mese.  La cosa che già puzza di marcio è che chi utilizza questi esempi per dimostrare che solo i ricchi single senza figli possono decidere del loro destino non è praticamente mai né operaio, né uno che non arriva a fine mese. Ma se anche fosse una delle due categorie, il concetto non regge lo stesso, vediamo perché.

Iniziamo da chi vi scrive che non è né figlio di Berlusconi, nè un reale d’Inghilterra e proprio per questi motivi ha iniziato la sua fulgida carriera lavorativa immediatamente dopo le scuole superiori facendo il manovale, lavori saltuari in agricoltura e qualsiasi lavoro spesso sottopagato e sfruttato che potesse fargli racimolare qualche lira (trenta anni fa c’erano ancora le lire). Un operaio era messo sicuramente meglio di me a livello economico. Sono stato anche emigrante all’estero e ho affrontato molti lavori faticosi e “umili”, compreso il lavapiatti; quindi, secondo la teoria di chi dice che si scollocano solo i rampolli di Svezia, mai avrei potuto cambiare vita e lavoro e ad oggi dovrei essere in fila alla Caritas.

Ma ora ho una notizia terribile per chi pensa che si scollochino solo i miliardari e i manager che vanno in barca a vela. Proprio perché ho voluto cambiare vita e scollocarmi da un sistema che per me prevedeva solo la ruota del criceto, non ho mai fatto la fame né sofferto patimenti, cosa che avrei rischiato se fossi rimasto a correre nella ruota. Chi corre nella ruota, non importa che lavoro faccia o che reddito abbia, conta sulle sicurezze che si aspetta arrivino dal padrone e da un sistema basato sui criceti in gabbia. Ma quel sistema ormai non dà più nessuna sicurezza, nemmeno il caldo e la ciotola di cibo di cui sopra; e le persone più esposte sono proprio quelle che fanno totale affidamento su un sistema inaffidabile. Ricchezza e povertà delle persone c’entrano ben poco proprio perché più vuoi far parte del sistema e ti inserisci disperatamente in esso, non dandoti nessuna vera opportunità, e più sei a rischio Caritas.

Quello che veramente conta non è lo status economico ma lo status mentale: essere consapevoli e voler fortemente cambiare. Chi è ricco ha più da perdere di chi ha meno. Chi è ricco ha molte più catene da abbandonare: targhette alla porta, poltrone in pelle umana, piante di ficus, segretarie, conto sostanzioso, prospettive di avere ancora più medagliette da appuntarsi sul petto nella  carriera del nulla.  

Oltre a tutto ciò, anche i fatti smentiscono categoricamente e statisticamente chi pensa che solo il ricco manager single si scollochi cambiando vita e lavoro. Ormai esistono casistiche lunghissime di scollocati di tutti i tipi, da operai a insegnanti, da precari a manager affermati e anche di gente che ha uno, due, tre o quattro figli. Gli stessi media tradizionali sempre più spesso riportano i casi di persone anche con figli che ora fanno tutt’altro rispetto all’occupazione o vita precedente.  E le storie che vengono riportate sono solo la punta dell’iceberg di tante persone che la ruota non la vogliono far più girare; e spesso spiegano che questa scelta l'hanno fatto anche per i figli, per dar loro una prospettiva, per farli vivere più sani magari vicini alla natura. Cioè si ritiene che le famose sicurezze che non esistono più, a cominciare dalla pensione, non valgano una vita fatta di inquinamento, stress, frustrazione, zero tempo per i  propri cari, relazioni ridotte al lumicino, in una corsa continua solo per rimanere dentro al sistema del "lavora, consuma, crepa" e poi alla fine della corsa nemmeno ti danno la pensione. E ammesso che per miracolo la pensione ti arrivi... se poi muori il giorno dopo averla ottenuta? Pensa: una vita intera a fare il criceto e poi quando potevi finalmente godertela non lo puoi fare.

Chi è che rischia quindi? Chi una vita se la costruisce uscendo dagli schemi e da un sistema che fa acqua da tutte le parti e non garantisce alcun futuro o chi continua a credere alle favolette che gli raccontano alla televisione.

Ecco quindi che le frasi fatte, i pregiudizi di chi fa le veci dell’immaginario operaio che non si può scollocare, di chi ha figli e non se lo può “permettere”, eccetera, nascondono solo il senso di impotenza e una invidia evidente, quella di vedere chi ce l’ha fatta e ci fa da specchio. 

Uno specchio che non vogliamo guardare, perché l'esempio e la testimonianza di chi ci è riuscito ci dimostrano quanto siamo pigri, deboli e inetti. Così inetti da scagliarci ferocemente, schernire, prendere in giro. Peccato perdere questo tempo e questa energia invece di riflettere sul fatto che se ce l’ha fatta qualcuno che era come noi, ce la possiamo fare anche noi.

Non è più intelligente, serio e costruttivo anche solo provare a pensare a un cambiamento? E, chissà, un giorno metterlo in pratica, piuttosto che dire banalità che non stanno né in cielo né in terra. In fondo, a cambiare ci si guadagna tanta vita e una notevole dose di libertà che di certo male non fa, forse conviene provare.

Un'opportunità per provare c'è: il 19 e 20 gennaio al Parco delle Energie Rinnovabili in Umbria tutti possono partecipare a due giorni di workshop per capire come cambiare veramente la propria vita. Vi aspettiamo!

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