Si tratta di una vera e propria sfida. Il manuale è composto di oltre 570 pagine e tratta pratiche, metodiche e strategie di progettazione sia urbana che rurale oltre alle tecniche fondamentali di coltivazione naturale. Si tratta di un libro diretto a tutti, un vero e proprio punto di riferimento e una guida per il futuro sostenibile delle società umane ma anche per chiunque voglia vivere attivamente e quotidianamente il cambiamento.
Durante la Conferenza Europea di Permacultura che si è svolta a Bolsena dal 7 all'11 settembre scorso, incontriamo l'ideatore del progetto, Ignazio Schettini, 38 anni, di Bari, una laurea in Agraria con indirizzo in “Gestione dei Sistemi Agrari” e gli ultimi 10 anni vissuti all'estero tra l'Inghilterra e l'Australia dove ha vissuto e lavorato a fianco di Bill Mollison e Geoff Lawton.
Ignazio racconta che ha iniziato come agronomo ed essendo specializzato nella gestione politica dei mercati agricoli, si è occupato di finanziamenti della comunità europea per lo sviluppo o lo start up delle aziende agricole. Un giorno parte per l'Inghilterra perché si rende conto che è necessario migliorare il suo inglese e inizia a lavorare nella ristorazione. Non smette però di seguire la sua passione: l'agricoltura.
Ci racconti del tuo primo contatto con la permacultura?
Mentre ero in Inghilterra chiesi un finanziamento per la mia azienda agricola a Bari senza sperarci perché il mio era un terreno agricolo in città. Con mia grande sorpresa ottenni il finanziamento e, il giorno stesso, facendo una ricerca su internet, mi imbattei per la prima volta nel termine “permacultura”. Era il 2010. Iniziai immediatamente a studiare e a informarmi e vidi che esisteva una lunga bibliografia in inglese.
Cosa significa esattamente permacultura?
La permacultura è nata a fine anni 70 in Australia ed è basata su una serie di etiche che è difficile trovare in un contesto scientifico. Queste etiche sono: la cura della terra, la cura delle persone, la ridistribuzione del surplus. Con questo si intende energia, cibo, informazione. Mi innamorai immediatamente di tutto questo e, avendo ottenuto il finanziamento per la mia azienda, pensai di metterlo in pratica. Oggi, a distanza di 6 anni la mia azienda Ta' Ross (che in barese significa terra rossa) è condotta in permacultura. Ha una sua autonomia e una sua redditività anche se è ancora in fase di evoluzione. Permacultura è un termine che nasce dalla contrazione di due parole: permanent agriculture. Inizialmente in italiano veniva tradotta come permacoltura. Infatti nasce come un concetto prettamente agricolo ed era intesa come un movimento che mirava a modificare il modello agricolo convenzionale che abbiamo sviluppato negli ultimi 50 anni. Poi il concetto si è evoluto perché è la società che culturalmente deve cambiare affinché esista questa “permanenza”. Una società che culturalmente riesca a non distruggere l'ambiente in cui vive e si sviluppa. L'uomo infatti sta distruggendo il suo ambiente ed è, quindi, sempre più urgente una nuova consapevolezza. Se continuiamo così, non avremo la possibilità di “permanere” su questo pianeta tra metodi agricoli e di edilizia che non sono assolutamente sostenibili. La permacultura adesso non si applica più soltanto all'agricoltura ma anche all'edilizia e, in generale, alla progettazione di un territorio con una società umana che lo abita. E non solo. La permacultura dà indicazioni sulle strategie economiche e legali da adottare affinché una società sia organizzata al meglio ai fini della sostenibilità anche da un punto di vista economico e rigenerativa per quanto riguarda l'ambiente che viene di conseguenza riportato a una situazione di fertilità che abbiamo perso.
Qual è il progetto e come ti è venuta l'idea?
Nel 1988 viene pubblicato in Australia ad opera di Bill Mollison, fondatore del movimento con Holmgren, un manuale di progettazione in permacultura. Questo manuale che si chiama Permaculture, a designer's manual (Permacultura, Manuale di Progettazione) è stato tradotto solo in tedesco. E la traduzione è stata fatta da una piccola associazione austriaca. Questo sembra molto strano perché il movimento ha, ormai, oltre trent'anni. Ho pensato che fosse fondamentale tradurre questo testo e metterlo, così, a disposizione di tutti. Se sulla permacultura la situazione è confusa ed esistono dubbi e interpretazioni differenti, questo è dovuto proprio al fatto che le informazioni che ci arrivano non sono di prima mano ma attraverso passaparola o traduzioni parziali fatte da persone che non hanno le basi scientifiche della disciplina. Tradurre un libro è molto costoso e impegnativo. Abbiamo pensato di costituirci come editore (MEDIPERlab) e abbiamo creato un team di traduttori che si sono messi a disposizione di questo progetto.
Perché non affidarsi a una casa editrice già esistente?
La scelta di occuparci direttamente della stampa deriva da una valutazione consapevole dei rischi che comporterebbe l'affidarci a una casa editrice terza con fini unicamente commerciali. Troppo spesso libri molto importanti per il loro contenuto scientifico o educativo diventano irreperibili dopo pochi anni e non vengono più stampati, semplicemente perché non vengono più richiesti o perché le politiche aziendali della casa editrice cambiano improvvisamente. Occupandoci della stampa vogliamo garantire la reperibilità nel tempo di questo manuale, dando priorità ai costi della ristampa.
Perché nessuno ci aveva pensato prima?
Se penso ai costi di traduzione e pubblicazione di un manuale come questo, mi metto nei panni di una casa editrice la cui motivazione è il guadagno. In un mercato di nicchia come il nostro la casa editrice non vede margini di guadagno a fronte di una spesa di produzione piuttosto elevata. Se l'interesse e la motivazione, invece, nascono dalla voglia di fare cultura e nasce da un gruppo di ragazzi italiani che si associano e che, da permacultori appassionati, credono profondamente nella diffusione della permacultura, allora è diverso.
Quali sono state le difficoltà maggiori?
Riuscire a mettere insieme le persone trovando loro una posizione e un ruolo all'interno del progetto non è stato facile. Oggi funzioniamo bene perché nel sistema creato (questa è progettazione) ognuno svolge la sua funzione (o più di una) in relazione agli altri. Un buon sistema, ben progettato, dovrebbe inoltre attrarre risorse dall'esterno come, ad esempio, l' arrivo degli uccelli o della flora e fauna selvatica in un sistema naturale. Questo porta con sé nuovi semi e fertilità. Scopriremo se siamo stati davvero bravi.
Perché avete partecipato alla convergenza di Bolsena?
Abbiamo presentiato al mondo della permacultura per la prima volta il nostro progetto di traduzione e di pubblicazione di questo manuale. Al momento abbiamo tradotto l'intero libro ma ci manca il sostegno economico e chiediamo l'aiuto della comunità italiana di permacultura per raggiungere il budget necessario per diventare start up e iniziare a immettere sul mercato le prime mille copie. A Bolsena abbiamo aperto un sipario che ci permette di far conoscere a tutti il nostro progetto.
Di quanto avete bisogno?
Tra traduzione, revisione, stampa, diritti d'autore e certificazioni esterne abbiamo bisogno di 65000 euro. Il nostro team è composto da tecnici laureati in scienze forestali, antropologi, agronomi, traduttori e interpreti professionisti. Questo consente di produrre un libro di altissimo livello qualitativo rispettando i criteri di qualità e di stile raccomandati dalla casa editrice australiana. Abbiamo firmato un contratto che ci costringe a chiudere il progetto in dodici mesi.
Che cosa avete fatto fino ad ora per cercare supporto?
Abbiamo aperto un sito di crowdfunding su buonacausa.org. E' un sito popolare ma che non toglie soldi a coloro che gestiscono il progetto. Questo permette di non disperdere fondi in trasferimenti bancari.
Perché è importante che il progetto venga sostenuto da tutti?
Questo progetto è dedicato a tutti e non solo a chi si occupa attivamente di permacultura nello specifico. Il Manuale, infatti, è un vero e proprio pozzo di informazioni indispensabili per chi si dedica quotidianamente al cambiamento a ogni livello, anche a livello personale. Le idee e le informazioni di alto livello scientifico contenute nel libro sono infatti preziosissime e utilizzabili da tutti coloro che sono interessati a un uso delle risorse consapevole e attento. Le strategie economiche alternative, l'acqua, l'energia, il suolo vengono trattate in modo esauriente e fruibile da tutti. Bill Mollison dà indicazioni e prescrizioni molto precise e pratiche cui ciascuno di noi può ispirarsi, anche nel suo piccolo, per non distruggere l'ambiente in cui vive.
Che cosa può fare chi volesse darvi una mano?
Si può andare sul sito http://buonacausa.org/cause/manuale e dare un contributo economico anche minimo che per noi è preziosissimo. Ma non solo: anche solo aiutarci a diffondere il nostro progetto e farlo conoscere significa molto per noi.
Ignazio, hai lavorato con Bill Mollison. Come è avvenuto il vostro incontro e che cosa ricordi di quel periodo?
Sono andato da Bill Mollison in qualità di Wwoofer. Fu Geoff Lawton che mi propose di andare. Lisa Mollison doveva rientrare in California e Bill, 86 anni, aveva bisogno di aiuto nella gestione della casa e dell'azienda. Un impegno di grande responsabilità. Ci pensai una notte prima di rispondere a Geoff. Il mattino dopo ero nel "main crop" con tutti gli altri, chiamai Geoff e gli dissi che non vedevo l'ora. Pochi giorni dopo ero su di un aereo che mi portava in Tasmania, dal fondatore del movimento. Sono stati 3 mesi vissuti intensamente. Io e Bill Mollison insieme, 24 ore su 24. In cucina, in ufficio dove lui passava ore ed ore a leggere e scrivere, a passeggio nell'azienda dove controllavamo il lavoro dei wwoofers, nel garage dedicato alla spedizione dei libri (Manuale compreso) in tutto il mondo. Bill poteva stare giorni senza parlare o mangiare e poi notti passate a leggere o a fare spuntini raccontando storie. Un uomo imprevedibile. Un uomo forte, duro, una roccia con delle mani da vero contadino. Allo stesso tempo però un uomo dolce, sapiente, smart direbbero gli inglesi. Sono tanti i momenti che abbiamo trascorso insieme ma ricordo in particolare il primo ingresso nella sua libreria: scaffali e corridoi stracolmi di libri tutti rigorosamente catalogati. Nemmeno la biblioteca della facoltà di agraria, dove ho studiato per 7 anni era così fornita. Lì passavamo giornate intere. Ci siamo lasciati in lacrime. Ora vorrei solo poter confezionare il libro in italiano e portarglielo di persona.
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