Un libro da leggere e da vedere. Una mappa da seguire. Anzi, una mappa per seguirsi, ritrovarsi, dove siamo già. Il Mediterraneo. Il nuovo libro di Simone Perotti è già un "mattoncino" importante della sempre costruenda "casa del cambiamento". È lui stesso a spiegarci da dove nasce e come nasce questa ultima fatica letteraria.
Come nasce l'idea dell'Atlante delle isole del Mediterraneo?
La storia è di quelle un po’ fatali, se vogliamo. Quando ebbi tra le mani, per la prima volta, l’”Atlante delle isole remote” di Judith Shalanski, edito in Italia da Bompiani, rimasi abbastanza di stucco. Quel libro era bellissimo, ma soprattutto era terribilmente simile a un libro scritto in gioventù, rimasto nei miei cassetti, che avevo intitolato “Atlante delle spiagge dell’immaginario”. immaginavo di scrivere di baie vere o immaginarie usando il registro letterario per comunicare ciò che, diversamente, sarebbe stato inesprimibile. Una sorta di "procedimento geosofico" ante litteram. Descrivere quelle baie, prevalentemente su isole remote, era impossibile, e ancor meno quelle che andavo sognando. Avevo in testa e nel cuore, suggestionato dalla navigazione a vela, un mondo di atmosfere, di voci, di volti, di luci, di stati emotivi. Vedere quel libro, tenerlo tra le mani, mi fece trasalire. Perché non avevano chiesto a me di scriverlo? Chi era questa tedesca dell’est che scriveva e pubblicava il mio libro? Seppi dopo che l’idea di quell’Atlante era stata la sua, che lei partiva dalla sua formazione grafica, etc. Ma mi rimase un profondo languore. Ricordo che andai a rileggere il mio Atlante, scritto forse più di due decenni fa. Poi un giorno, mentre navigavo a Kos, mi arrivò la telefonata di Marco Piani, editor di Bompiani, che mi chiedeva se conoscessi quel libro e se fossi interessato a scriverne uno per loro sul Mediterraneo. Un libro diverso, ma pure in continuità con quello che, nel frattempo, era diventato un cult, un piccolo grande caso editoriale. Trasalii ancora una volta. Stavo finendo di correggere le bozze di Rais. Chiesi un mese di tempo per finire il mio romanzo. Poi mi misi immediatamente a scrivere.
Si tratta di un atlante geografico? Una guida per chi vuole mettersi in mare e scoprirlo? Che cos'è esattamente l'Atlante delle isole del Mediterraneo?
È un testo geosofico appunto. Un viaggio alla ricerca del Mediterraneo attraverso lo strumento della geosofia, che non descrive geograficamente, e neppure specula filosoficamente, ma fonde queste due scienze, o discipline, o culture per comprendere davvero i luoghi, per entrare dentro la loro anima, per consentire a chi legge di vedere l’invisibile che li definisce. L’altro aneddoto interessante è che mentre scrivevo mi sono reso conto che quel che facevo era usare uno strumento meticcio, un metodo di indagine contaminato, nuovo, differente, e che se avessi dovuto definire tutto questo avrei dovuto coniare una parola nuova, mi venne in mente: psicografia, oppure geosofia. Mi accorsi che avevo inventato due parole, due neologismi, e questo mi parve bellissimo. Dopo qualche giorno mi accorsi tuttavia che le due parole esistevano già. E indicavano esattamente quello che stavo facendo. Rimasi impressionato. non capita tutti i giorni di fare qualcosa di nuovo (almeno per sé), di trovargli un nome, e di accogersi poi che esiste già tutto. Da un lato si resta delusi, dall’altro ero orgoglioso di aver raggiunto una parola da solo, averla vissuta, fatta nascere dentro di me autonomamente. Una sorta di viaggio pionieristico nei significati e nelle pratiche. Ecco cos’è il mio Atlante delle isole del Mediterraneo. Ma se ci pensi, ecco cos’è, in generale, la conoscenza, ecco cos’è il viaggio, cosa dovrebbe essere sempre il sapere, la vita stessa…
L'hai scritto da solo o con amici o collaboratori? In quanto tempo hai messo insieme i materiali necessari a scrivere l’Atlante?
Sono del tutto incapace di studiare e scrivere con chiunque, perfino uno sconosciuto che cammini a mezzo chilometro da me. Ci sono cose che vanno fatte da soli. Il percorso artistico di un autore è un viaggio solitario. In questo caso, tuttavia, il ruolo dell’editore, da Marco Piani a Marco Zung ai colleghi della Bompiani, è stato essenziale. Un libro così ricco, e consentimi, così bello, si fa in molte teste. Un grazie sentito va a loro.
Ci parli delle mappe? Che cos'hanno di diverso dalle cartine che possiamo trovare sui normali atlanti geografici? Chi le ha disegnate e secondo quali criteri?
Qui abbiamo dovuto immaginare tutto da capo. Non volevamo fare né straniamenti grafici né riproposizione pedissequa di carte nautiche. Nel primo caso avremmo banalizzato, nel secondo avremmo confuso. Leggere una carta nautica non è cosa che possa fare chi non è esperto di navigazione, e io volevo invece consentire al maggior numero possibile di lettori di immergersi nello splendore della cartografia, “vedere” attraverso i segni su un foglio, emozionarsi come i primi “pintori” genovesi che disegnavano carte del mondo allora sconosciuto.Rappresentare il mondo in modo veritiero, verosimile, addirittura indicativo su un foglio bianco, bidimensionale, è una magia. Ecco perché le carte nautiche ci affascinano così tanto. Sono una visione, una modalità di relazione col mondo. “Disegnare il mare”, disegnare il mondo, è una delle pratiche più antiche della creatività umana. E poi ero fresco del mio ultimo romanzo, Rais, dove tutto ruota intorno alla carta di Piri Rais, un ammiraglio cartografo ottomano del XVI secolo. Un mistero ancora oggi privo di risposte certe. Un fascino straordinario. La scelta fatta è stata quella, davvero enorme e onerosissima, di partire da zero, dal foglio bianco. Ho spiegato i maggiori rudimenti di cartografia, ho illustrato il senso della rappresentazione del mare, delle batimetriche, delle linee altimetriche sulla terraferma. Ci siamo interrogati su tutto quel che potevamo togliere, per non complicare la lettura ai non addetti ai lavori, e ciò che invece dovevamo lasciare sulle carte, perché serviva a rendere il fascino di quel mondo sospeso. Ne è emerso un lavoro dialettico lungo e ricco, anche complesso, Marco Zung è stato molto bravo a recepire tutti i miei racconti. Il risultato trovo che sia splendido.
Seguendo le indicazioni e le mappe dell'Atlante dove si può arrivare?
Spero si arrivi a sentire. Sarebbe il risultato più ambizioso. Sentire il mare, sentire le baie, sentire i porti, viverci dentro, almeno per lo spazio minuto e inesauribile della letteratura. Conoscere le isole è possibile soltanto così. Non certo facendo i turisti o leggendo una guida.
Tutti i luoghi descritti sono reali?
Sì. Sono 42 isole del Mediterraneo inteso come area culturale, dunque anche del Mar Nero.
Dove si trova l'Isola che c’è?
L’isola che merita di essere menzionata c’è, è vera, sta lì, ti aspetta, basta andarci, assumersi la responsabilità di partire e andare per le vie che conducono ad essa, per mare. Ogni altra isola, costruita per non esserci, costruita per non esistere, è solo un alibi di chi non ha mai avuto il coraggio di sognare. Il concetto stesso di Isola che non c’è, ci ha rovinati. Così siamo autorizzati a non partire, e a sentirci perfino dei giusti non facendolo. Questa è ipocrisia, e irresponsabilità. Ogni desiderio di isola corrisponde a una carta, si può studiare, e raggiungere. Il resto è, sovente, una masturbazione dannosa. Andiamoci, sulle isole, le nostre, quelle vere, interiori, da toccare tuttavia, invece che pensare inutilmente a non partire per l’isola che non c’è.
Il calendario delle prime presentazioni?
Sono sul mio sito le prime fissate, all’agenda QUI