Riportiamo la prima parte dell'intervista a Francesco Mantuano, cittadino italiano titolare di una concessione in Perù, nell'area di Iquitos, che ha denunciato alla magistratura la rete del taglio illegale nella sua regione.
Mentre infuriava lo scontro elettorale appena vinto da Humala, un cittadino italiano titolare di una concessione nell'area di Iquitos ha denunciato alla magistratura la rete del taglio illegale nella sua regione. Illegalità e corruzione sono stati alcuni dei temi chiave dello scontro elettorale, e il caso di Iquitos può forse aiutare a capire la posta in gioco e i possibili sviluppi, a partire da uno "spaccato" dell'Amazzonia peruviana.
Nato a Roma, nel 1953, Francesco Mantuano studia medicina, e lavora per alcuni anni, nel settore edile. Giunto nell'Amazzonia peruviana, diviene titolare di una concessione forestale in una area particolarmente ricca di biodiversità. Nel maggio 2011 deposita una denuncia alla procura di Loreto citando nomi e fatti circostanziati del taglio illegale nella zona di Iquitos. Gli abbiamo posto alcune domande.
Lei ha recentemente denunciato attività di deforestazione illegale nella sua regione. Può spiegare di cosa si tratta?
Più che deforestazione in senso stretto, si tratta di taglio di alberi illegale e selettivo delle specie più richieste dal mercato. La rimozione totale della foresta per fare spazio ad attività agricole o all'allevamento di bestiame, è ancora scarso nell' Amazzonia peruviana. Il taglio illegale, fuori dai rigorosi parametri richiesti dalla Legge, sia dentro le Concessioni Forestali già assegnate che nei territori delle Comunità Native, sia nei territori "liberi" di pertinenza statale perché ancora assegnati in concessione o perché protetti come "riserve" o come parchi regionali e nazionali. Non c'è un solo angolo dell'Amazzonia peruviana che possa dirsi al sicuro dal taglio illegale, e perfino le proprietà private vengono saccheggiate.
In realtà, la prima parte del sistema non rientra nella mia denuncia: la struttura che protegge con coperture amministrative l'attività in foresta e il trasporto lungo fiumi e strade, fino alle segherie compiacenti, per poi essere esportato all'estero.
Qual è l'entità del taglio illegale nella sua zona?
La percentuale più probabile si aggira attorno al del 90%, sia nella zona della mia concessione che ovunque; anche se per motivi politici vengono presentate stime molto inferiori (sempre elevate, dell'ordine del 40-50 per cento) in base alla mia esperienza personale nella zona e quanto mi riferiscono gli altri concessionari il 90 per cento è la stima più credibile. In questa quota rientra il legname estratto in concessioni legali, violando però le quantità e parcelle annuali (in cui sono suddivise le Concessioni ai senso della legge) o al di fuori dai parametri previsti e dai permessi assegnati: il fatto è che ognuno taglia dove l'accesso è più favorevole e dove trova più legname di pregio... il restante 10% si può dire che rientri nella "casualità statistica"!
Quali sono i danni ambientali e sociali di queste operazioni?
Anche se il taglio, come dicevo, è selettivo, concentrato sulle specie richieste dal mercato, il taglio illegale ha un impatto molto forte sull'ecosistema, non solo perché abbatte alberi dove non sarebbe previsto, ma anche perché le pratiche di taglio sono molto più sommarie: non si pone alcuna cura nell'apertura di spazi intorno agli alberi da tagliare, di percorsi nei quali trascinare i tronchi tagliati, o delle "piazzole di stoccaggio": tutte pratiche che se mal condotte aumentano il danno alla foresta.
Ci sono poi anche danni alle rive dei fiumi: quando vengono abbattuti alberi tipici di questo micro-ambiente, si provocano nel tempo frane, anche piccole nell'immediato, ma alla lunga rilevanti. C'è poi da considerare che gli operatori illegali pescano e cacciano nelle aree dove vivono anche per mesi, e nella stessa maniera indiscriminata, provocando gravi danni alla biodiversità, oltre a raccogliere spesso animali terrestri; e cortecce e essenze, curative o per liquori, da certi tipi di alberi. Questi ultimi sono prodotti sempre più richiesti dal mercato estero (…paradossalmente proprio dagli amanti della medicina naturale) e che porta spessissimo alla morte degli alberi. Questi fattori non sono "contabilizzati" ma alla fine il loro impatto è considerevole.
Il risultato generale non si limita a un tagliaboschi che si porta via dei tronchi, ma si estende a una depredazione capillare di tutto quello che è possibile portare via. I lavoratori illegali si trovano in una condizione di semi-schiavitù: fanno turni di lavoro massacranti, con cibo scarso e spesso insicuro, sono vittime di serpenti, parassiti e malattie, tra cui prevalgono la malaria e la dissenteria… e cercano così di compensarsi e "arrotondare" i loro guadagni, quasi inesistenti.
Purtroppo questo sistema compromette la capacità di auto-sostentamento dei locali, nativi e non, consideriamo che oramai la foresta primaria, quella che comunemente viene detta foresta vergine, è ormai ridotta al 5-10 per cento.
...E i danni sociali?
Innanzitutto le spaventose condizioni di lavoro in foresta cui i boss del legno illegale costringono i propri lavoratori, sia che siano stati reclutati nella zona di taglio, o che siano portati da altre zone. Questi lavoratori guadagnano praticamente solo quello che gli serve a vivere mentre lavorano…. è quasi impossibile che rientrino a casa con del denaro; anche perché nel caso remoto che riescano ad accumulare un credito, questo non viene loro saldato, mentre i debiti sono utilizzati per tenerli in stato di semi-schiavitù.
Ma a parte questo danno non irrilevante per le persone coinvolte, il principale danno sociale consiste nella diffusione della mentalità predatoria su cui si basa la cultura del taglio illegale e dell'impunità, che a sua volta "contagia" a tutto l'ambiente sociale. E così prolificano decine di attività altrettanto illegali e dannose, dalla pesca con veleni chimici, alla caccia eccessiva, al saccheggio della biodiversità animale e vegetale.
Per finire col brigantaggio fluviale, con le miniere illegali di oro (e il rilascio di mercurio e altri inquinanti), la tratta di minori, il contrabbando e le piantagioni di coca, in rapido aumento nell'Amazzonia peruviana. Spesso queste attività fioriscono in complicità con i "madereros" illegali, che riforniscono di viveri, attrezzature e sostanze chimiche i narcotrafficanti (i quali, per ovvie ragioni, preferiscono rimanere appartati).
Il risultato è il diffondersi di una mentalità auto-depredatoria e di sfiducia verso la Legge …. Una mentalità difficile da contrastare, anche perché la Legge e lo Stato sono totalmente assenti e si fanno vedere solo con imposizioni e intromissioni, solitamente in favore delle grandi imprese sfruttatrici (soprattutto le compagnie petrolifere).
Tenga conto che il primo fattore di distruzione della foresta, ancor più del taglio illegale o dello sfruttamento petrolifero, è la disgregazione socio-culturale dei suoi abitanti, non tutti definibili come Nativi; il risultato è una sorta di estrema "micro-capillarizzazione" del danno ambientale. Non è più possibile distinguere i tra danno ambientale e danno sociale, sono fattori inestricabilmente connessi!
Basti pensare che entro 10 o 20 anni, una generazione, non ci sarà più gente capace di vivere nella foresta e di accudirla come è stato fino ad oggi. O almeno non ci sarà nella quantità necessaria. E allora cosa si dovrà fare? Importare personale da altri continenti? È una provocazione, anche perché lo stesso fenomeno si sta verificando in Africa, a Sumatra e nel Borneo…
Che intende con "disgregazione socio-culturale degli abitanti dell'Amazzonia"?
Le rispondo citando un mio triste neologismo: si sta formando in Amazzonia il "pueblo licuado surtido" ossia un popolo "frullato misto", risultato della integrazione forzosa dei mille pezzetti di quelli che erano stati i Popoli Amazzonici, spesso diversissimi nonostante le apparenze di un osservatore europeo. Non sarebbe la prima volta che si assiste a questo equivoco, il risultato di un'inurbazione feroce causata dall'abbandono dei territori da parte delle Autorità e alla impossibilità di continuare il proprio stile di vita tradizionale sotto la spinta delle ineludibili "necessità moderne".
Si può discutere poi quanto siano davvero moderne, ma sicuramente stanno soffocando il modo di vita tradizionale…. vengono tutti in "città", dove sono completamente de-capacitati alla vita che trovano e cadono vittima di forme selvagge di sfruttamento: lavoro duro, sfruttamento sessuale, perfino sfruttamento politico dato che il voto elettorale si compra con 10 dollari. E così si perde un grande patrimonio di cultura tradizionale e di saggezza, le capacità pratiche e tradizioni ancestrali, e intere culture vengono ridotte a "plastica antropologica" indifferenziata: si dissolvono i vincoli familiari, pratiche religiose ancestrali, come ad esempio i riti funebri.
Al loro posto prolificano le sette evangeliche più bizzarre e variegate, che letteralmente saccheggiano questo "magazzino antropo/plastico" per creare dei piccoli ma disciplinatissimi potentati politico-economici, molto spesso dediti al legname illegale e alla coca…. "Pueblo Licuado Surtido" riconosco che sia un triste neologismo, però reale e misconosciuto... che molti qui o non capiscono o accettano con un sordo rancore…
Fonte: Osservatorio sulle foreste primarie
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