La Commissione europea ha proposto delle misure per limitare lo sviluppo della pesca in acque profonde, un'attività che minaccia di scomparsa specie, habitat ed ecosistemi antichi e ancora poco conosciuti. Quello che Bruxelles propone è l'eliminazione delle licenze per la pesca di specie di acque profonde con reti a strascico e da posta ancorate.
Pesce sciabola nero, occhialone, pesce specchio atlantico, molva azzurro, granatiere. Sono alcune delle specie che più soffrono lo sviluppo della pesca di acque profonde nei fondali dell'Atlantico nord-orientale e nelle regioni periferiche del Portogallo e della Spagna. Una pratica finita sotto la lente di Bruxelles per il rischio di vedere distrutti habitat ed ecosistemi antichi anche 8mila anni, abitati da specie in molti casi quasi sconosciute.
Per alcune di loro la situazione è già molto compromessa. Specie come il pesce specchio atlantico e lo squalo di acque profonde sono depauperate da anni di mancata regolamentazione - fino al 2003, quando è stata introdotta la prima normativa europea, non vi era alcun limite alla quantità di catture – e, riproducendosi molto lentamente, richiedono tempi di recupero molto lunghi. Per altre la Commissione Ue giudica l'attività di pesca ancora ammissibile, purché accompagnata dall'ormai d'obbligo attributo 'sostenibile'.
Non sostenibile è, invece, l'utilizzo di attrezzi come le reti a strascico - cioè reti trainate da una o più barche che portano via e distruggono tutto ciò che incontrano sul fondale - o le reti da posta ancorate, che vengono lasciate in mare per ore in modo che i pesci vi rimangano intrappolati.
Il primo obiettivo del regolamento Ue è quindi quello di disciplinare le attività di pesca per le specie di acque profonde evitando le cosiddette catture accessorie.
Bruxelles introdurrebbe limiti più severi per il rilascio delle licenze, ma soprattutto propone l'eliminazione delle licenze per la pesca di specie di acque profonde con reti a strascico e da posta ancorate.
Entrambe le tipologie di attrezzi dovrebbero poi essere completamente eliminate, secondo la Commissione Ue, perché, oltre a distruggere ecosistemi fragili, rendono difficile il riprodursi degli organismi che li popolavano e quindi minano le possibilità di pesca future. Non a caso le comunità di pescatori che per anni hanno vissuto di questa attività, vedono ora le catture diminuire drasticamente e con esse le possibilità di lavoro.
Uno studio finanziato dalla Commissione dovrebbe poi individuare, con il coinvolgimento delle imprese del comparto, nuove tecniche di pesca ad impatto più contenuto, in sostituzione dei vecchi attrezzi, mentre altre ricerche dovrebbero raccogliere dati sulla biologia delle specie di acque profonde, per conoscere, e difendere, meglio gli ecosistemi a rischio.
Il compito di valutare l'impatto delle nuove norme spetterebbe all'Esecutivo Ue: entro sei anni dall'entrata in vigore del regolamento, in base alle relazioni fornite dagli Stati membri e a pareri scientifici, Bruxelles conta di poter misurare i primi obiettivi di conservazione raggiunti.
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