La contaminazione di frutta con pesticidi pericolosi è aumentata del 53% in Europa tra 2011 e 2019 e l’Italia è uno dei Paesi in cui questi contaminanti sono più utilizzati: lo denuncia il rapporto “Forbidden Fruit” di Pan (Pesticide Action Network) Europe, una ong che non prende finanziamenti dall’industria chimica e ha studiato oltre 97mila campioni di frutta coltivata nell’Ue. I ricercatori si sono concentrati sui 55 agenti chimici più pericolosi utilizzati per produrre centinaia di pesticidi diversi, inclusi fungicidi, erbicidi e insetticidi. Si tratta di sostanze dall’Unione europea come altamente tossiche per l’uomo, gli animali e l’ambiente, ciascuna delle quali causa uno o più gravi impatti, come cancro, deformità alla nascita o malattie cardiache. Nei nove anni della ricerca ne sono stati trovate in totale 32 su frutta e verdura. Il nostro Paese è al quarto posto tra i membri dell’Unione europea per produzione di frutta e verdura contaminati nella categoria “pesticidi più pericolosi” (dati 2011-2019): il 21% di tutti i frutti testati in Italia sono risultati contaminati da prodotti chimici che provocano danni alla salute, mentre la media europea è del 18%. Peggio di noi hanno fatto Belgio (34%), Irlanda (26%) e Francia (22%), mentre in Germania si usano leggermente meno prodotti chimici (20%).
Metà delle ciliegie in Ue sono contaminate – Impressiona l’aumento dell’uso di pesticidi pericolosi in otto anni. Alcuni esempi? Mentre nel 2011 nell’Unione europea i kiwi erano quasi privi dei pesticidi più tossici (solo il 4% ne conteneva), quasi un terzo (32%) è stato contaminato nel 2019, ultimo anno di cui si possiedono dati. Metà (50%) di tutte le ciliegie campionate sono state contaminate nel 2019, rispetto al 22% nel 2011. Nelle ciliegie sono stati rilevati alte quantità di Tebuconazole, un fungicida autorizzato in Europa ma che il rapporto denuncia essere collegato a problemi in gravidanza e nello sviluppo del feto: secondo il Centro comune di ricerca dell’Ue “altera il sistema endocrino e non esiste un livello di esposizione sicuro“. Nei nove anni studiati, i frutti più contaminati sono stati le more (51% dei campioni inquinati), le pesche (45%), le fragole (38%), le ciliegie (35%) e le albicocche (35%). I pesticidi pericolosi nelle mele – frutta più resistente che ha meno bisogno di prodotti chimici – sono aumentati dal 16% al 34% e nelle pere si è passati dal 25% al 47%. Nel 2019, l’87% delle pere prodotte in Belgio era contaminato da almeno una di esse e l’85% in Portogallo. Allo stesso modo, è stato colpito il 74% delle ciliegie coltivate in Spagna. Nel complesso, mentre nel 2011 è stato riscontrato che il 6,4% della frutta era contaminato da almeno due di questi pesticidi più tossici, questa percentuale è salita al 10,2% nel 2019.
La verdura peggiore? Il sedano – Le verdure sono meno soggette a insetti e malattie, quindi la contaminazione da pesticidi è inferiore, al 13% nell’ultimo round di test, un aumento del 19% rispetto al tasso del 2011. Le verdure più contaminate in un periodo di nove anni sono state il sedano, con la metà dei campioni contaminati: il 54% in Europa, quota che però sale all’85% in Italia. Segue la rapa, con il 45% di contaminazione. Al terzo posto il cavolo riccio, noto come “super-alimento” per il suo valore nutritivo, con il 31% dei campioni contaminati.
Uso di pesticidi: ignorate le norme che impongono controlli – Secondo il rapporto l’agente chimico trovato sulla maggior parte dei campioni è il fludioxonil, utilizzato da Syngenta per produrre i pesticidi Celest, Dividend e Maxim, e da Bayer per produrre Bariton Super. Pan Europe suggerisce di sostituirli utilizzando tecniche di agricoltura biologica per controllare i parassiti, come la rotazione delle colture e i controlli biologici. “Sebbene gli scienziati mettano in guardia dalla crescente evidenza che questi “cocktail di pesticidi” abbiamo forti impatti sulla salute umana, tali combinazioni non sono ancora vietate dalle autorità, nonostante sia richiesto dalla legge”, affermano gli autori del rapporto, notando che l’uso dei pesticidi dal 2011 è aumentato invece di diminuire come aveva previsto la direttiva europea, perché “il mancato rispetto delle norme sulla sostituzione dei pesticidi pericolosi con sostanze più sane ha portato a una maggiore resistenza degli insetti agli agenti chimici”.