di
Ugo Biggeri
26-10-2012
“Quella della riforma della finanza è una questione che la politica deve affrontare seriamente". Lo ha affermato Ugo Biggeri, presidente di Banca Popolare Etica. secondo cui in gioco c'è "il futuro delle nostre economie e delle nostre società”.
Politica e finanza sono due termini che purtroppo non ispirano più la fiducia dei cittadini italiani, come dimostrano diverse indagini demoscopiche. La crisi che stiamo vivendo è il frutto dell'egemonia della finanza internazionale sulla politica e per uscire da questa situazione è necessaria un'inversione di questo paradigma. Stupisce invece che in questi giorni il dibattito politico sia fatto di battute, semplificazioni e ammiccamenti alla finanza, sia da parte di politici navigati, che da parte di nuovi protagonisti.
Il sistema di welfare e l'organizzazione sociale in Europa sta subendo una radicale trasformazione: tagli e razionalizzazioni di servizi, della spesa pubblica, delle politiche di investimento. Ma nessuno mette in discussione il sistema finanziario, un sistema iniquo che è tra i principali corresponsabili della crisi economico – finanziaria iniziata nel 2008 e tutt'ora in corso.
Secondo una ricerca di Mediobanca, solo nei primi 4 anni della crisi (2008-2011) i contribuenti dei diversi Stati hanno versato 4.700 miliardi di euro per il salvataggio delle Banche d’Europa e degli Stati Uniti. In Europa gli interventi pubblici sono stati pari al 37% del Pil, in Italia arrivano al 5,5% della ricchezza nazionale (Cit. Il Sole 24 Ore).
Un'operazione che ha trasferito i costi della crisi dagli istituti finanziari agli Stati e dunque ai cittadini. E la speculazione? Dopo aver innescato la crisi con comportamenti spericolati si è subito data da fare per attaccare interi Paesi speculando ancora sui debiti pubblici.
Quella della riforma della finanza è una questione che la politica deve affrontare seriamente. Ci giochiamo il futuro delle nostre economie e delle nostre società. Ci ha provato Obama con la riforma di Wall Street approvata nel 2010 (con il sostegno fondamentale di 3 senatori repubblicani), ma senza trovare una soluzione efficace. In Europa e in Italia non è in vista nessun progetto 'complessivo' di regolazione del mercato finanziario.
Porre limiti alla finanza globale non è un problema di politiche di destra o di sinistra, come per i cambiamenti climatici o l'esaurimento delle risorse. Il concetto del limite non è politico è un dato di fatto, una irrimandabile necessità.
Noi poniamo alcuni spunti di riflessione, caso mai qualcuno fosse colto da un po' di ansia di fare.
1) Limitare le concentrazioni nel mercato finanziario. Il mercato finanziario globale su cui 'gira' oltre il 95% della ricchezza mondiale è controllato e influenzato da poche decine di grandi player: è un libero mercato questo?
2) Porre limite alla speculazione finanziaria. Permettere di usare strumenti finanziari derivati per scommettere sulla tenuta di un paese, sulle derrate alimentari, sull'energia anche senza i corrispondenti investimenti reali ha senso? E comunque, è immaginabile senza alcun limite di risorse o di raggio d'azione?
3) Rendere effettiva la Tobin Tax e destinare il gettito all'Economia Civile. L'Ecofin ha dato il via libera alla tassa sulle transazione finanziarie. Un risultato raggiunto con un governo 'tecnico', ma l'effettiva applicazione e la destinazione 'sociale' del gettito è una questione politica. Ci sono programmi in tal senso?
4) Rivedere le regole che del sistema bancario. Stando alle normative internazionali sul credito, ancora oggi una banca che investe in titoli finanziari e derivati è considerata più virtuosa di quella che investe in una cooperativa sociale o in una piccola o media impresa. Fino all'ultimo giorno i titoli di Leman Brothers erano considerati sicuri e favoriti rispetto a qualunque finanziamento all'economia reale, alle imprese.
5) Attuare una seria politica di contrasto ai Paradisi Fiscali. Nessun ammiccamento a chi opera nei paradisi fiscali può essere consentito alla politica.
Tutti stiamo pagando la crisi iniziata nel 2008, tutti tranne chi l'ha determinata e la politica che, a noi, sembra restare subalterna. Ci farebbe davvero piacere stupirci del contrario.
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