Silvia Petruzzelli è laureata in Scienze dell’Alimentazione e Gastronomia e da diversi anni opera nel campo dell’alimentazione, della divulgazione e della cucina consapevole.
Ha collaborato con il dottor Franco Berrino, anche per la stesura di libri, come "Medicina da mangiare", e nel suo ultimo libro, "Grani antichi e pasta madre", riprende il tema della salute che parte dalle nostre scelte quotidiane.
In questo ultimo anno è stata oggetto di insulti e denigrazione sui social per avere espresso la sua posizione critica su restrizioni e informazione mainstream in tema di Covid. L'abbiamo intervistata.
Dottoressa Petruzzelli, è stata oggetto di accuse e offese anche pesanti sui social per le posizioni critiche che ha preso riguardo quanto sta accadendo: gestione pandemia, restrizioni, decisioni del legislatore, ecc. Cosa è accaduto?
«Ciò che ho fatto sui social, da un anno a questa parte, è stato far presente l’importanza di prenderci cura della nostra salute, evidenziando, come già osservato da numerosi studi scientifici, che la pandemia virale è di fatto una conseguenza di quella metabolica. Purtroppo, però, nonostante l’incidenza di patologie quali obesità, diabete di tipo 2, eccetera, e la loro gravità, non è stata portata avanti alcuna campagna di sensibilizzazione in tal senso. E, del resto, anche la maggior parte delle persone preferisce ignorare tali correlazioni. Considerando che, i virus ci sono da che mondo è mondo, ma la nostra salute è da poche decine di anni che è afflitta dalla sindrome metabolica. Che non è per l’appunto trasmissibile, ma dipende dalle nostre scelte. E dalle nostre scelte dipendono anche gli allevamenti intensivi, che, come abbiamo visto, sono paradiso per i virus».
Il suo caso è simile a quello di altri che, per avere adottato ed espresso pubblicamente posizioni non allineate con il mainstream, hanno scatenato l'odio da social, gli attacchi, l'hate speech, lo scherno e la criminalizzazione. Segnale di una incapacità progressiva di affrontare confronti costruttivi. Cosa pensa in proposito?
«Durante questi mesi ho potuto osservare come la campagna mediatica sia stata rivolta unicamente a seminare panico. Astenendosi, tristemente, dal fornire un contributo costruttivo alla popolazione che avrebbe avuto bisogno di un sostegno, piuttosto che di essere trascinata in un abisso sempre più profondo. Contributo che avrebbe potuto aiutare a porre un freno ad una condizione di psicosi dilagante. Ho perso anche contatti con persone che conoscevo. Infastidite dai miei messaggi positivi. Del resto, la questione non è negare un virus o il fatto che la malattia abbia causato morti (da cui la trasposizione vergognosa del termine negazionista a questa vicenda). Piuttosto, la negazione è di chi non accetta che ci possano essere cause evidenti e possibili soluzioni. Del resto, mi sembra di percepire che per taluni la pandemia sia una sorta di comfort zone. E tutte le restrizioni alla libertà, che gradualmente vengono imposte, siano di buon grado accettate e favorite. Quasi che tali “regole” possano in qualche modo fornire una sorta di sicurezza. Ma nessuno può fornirci la garanzia di una vita eterna. Considerando che la morte fa comunque parte della vita. Pertanto è poco sensato rinunciare alla stessa per paura di morire. Anche perché perderemmo il senso della vita stessa. Senza considerare che la paura riduce anche le difese immunitarie. Ma di questi tempi pare che il nostro sistema immunitario sia un po’ stato dimenticato».
Cosa esprime secondo lei questa fortissima divisione in fazioni, questa contrapposizione netta, questa incapacià di confronto? Elementi che sono emersi e cresciuti con prepotenza in questo ultimo anno e nelle condizioni che viviamo.
«Evidenzia anche sui social gli aspetti che ho qui sottolineato. Purtroppo, però questa “crisi”, se in taluni è stata un’opportunità per un cambiamento, per altri (complice anche, probabilmente, il mainstream) è stato un modo per perdersi negli abissi della mente. Personalmente non condivido il fenomeno degradante, incoraggiato dalle istituzioni, di promuovere l’azione di delatori per metterci sempre più gli uni contro gli altri. Il risultato è una guerra psicologica (una guerra “tra poveri”) in cui la vittima è di fatto l’essere umano, con i suoi valori. Il rispetto delle proprie scelte è comunque inviolabile. E non può essere sottoposto al giudizio altrui. Auguriamoci un risveglio delle anime».