Parchi e riserve, da enti inutili a giardini per pochi

La manovra Tremonti ci aveva già provato, dimezzando i fondi per Parchi e riserve naturali protette. Ora l’obiettivo del Governo è chiaro a tutti, e l’idea di farli passare da 'enti inutili' è stata sostituita con quella di privatizzarli. Un'operazione che si scontrerebbe, però, con le passioni delle popolazioni locali e con le complessità finanziarie e politiche di un processo che toglie a tutti ciò che è di tutti.

Parchi e riserve, da enti inutili a giardini per pochi
Da un Paese in cui si stanno trasformando i parchi naturali in discariche (come in Campania il Parco del Vesuvio), o se ne impedisce la nascita (come in Sicilia con il Parco degli Iblei, nel quale l'Eni sta costruendo cisterne in attesa di cominciare a estrarre petrolio o gas naturale), non ci si può aspettare un trattamento adeguato delle riserve naturali rimaste. Già con la manovra Tremonti i fondi per Parchi e riserve naturali protette sono stati dimezzati. Ora l’idea di farli passare da 'enti inutili' è stata sostituita con quella di privatizzarli, ormai obiettivo principale del governo del 'far fare'. Del resto, se si vogliono togliere fondi all’istruzione pubblica per darne a quella privata, o se si vuole privatizzare l’acqua (e magari fra qualche tempo anche l’aria che respiriamo), perché ci si dovrebbe stupire del voler rendere giardini per pochi quelli che sono da sempre un bene per la collettività? La stessa ministra (pro-nucleare) per l’ambiente, Stefania Prestigiacomo, che in passato ha denunciato come le aree protette siano diventate solo 'un poltronificio', ha affermato: "Il taglio del 50% ai parchi nazionali previsto dall'articolo 7 della manovra non è una svista, ma fa parte di una precisa strategia che mira alla privatizzazione delle aree protette italiane. Non è la prima volta che il ministro Tremonti prova a mettere in piedi questo meccanismo: già con il Dpef  del 2008 aveva provato a far sciogliere i parchi inserendoli fra gli enti inutili e da tagliare, oggi ci riprova con la manovra". "Non dico di privatizzarli – ha affermato in un’altra occasione – ma privata dovrà essere la loro gestione". L’idea sembrerebbe infatti quella di affidare a delle fondazioni non solo i 24 parchi nazionali, ma anche le riserve e le oasi naturalistiche. Una soluzione che non piace né alle associazioni ambientaliste né a Federparchi, l’organizzazione che riunisce le oltre 150 aeree protette italiane. "È una provocazione priva di senso, perché i costi di gestione sono irrisori – ha commentato il presidente Matteo Fusilli all’ipotesi di soppressione degli enti parco – e i consiglieri non ricevono indennità e partecipano alle riunioni come atto di volontariato, fuori dall’orario di lavoro". "Andando avanti su questa strada – denuncia ancora il presidente di Federparchi – da primi ci troveremmo ultimi: siamo stati noi italiani a inventare la gestione dei Parchi allargata a scienziati, enti locali, imprenditori illuminati. L’Europa ci ha seguito su questa strada perché ha visto che funzionava e ora dovremmo fare marcia indietro?". "L’ipotesi di trasferimento della gestione a fondazioni private – conclude Fusilli – sembra segnalare la volontà di sgravare il pubblico di una responsabilità che invece gli spetta sempre e comunque, perché riguarda la pianificazione del territorio e la tutela di beni inalienabili come le acque, le foreste, le coste, la flora e la fauna selvatiche". L’approccio dozzinale e mercificatore con l’ambiente non è però una prerogativa italiana. Il ministero dell’Ambiente britannico, infatti, sta a sua volta cercando di privatizzare le foreste millenarie del Regno Unito . Affermando che, in questo modo, in realtà "si sta cercando di dare nuova vita ai boschi, portando nuove idee ed investimenti". Il tutto con l’intenzione "di affidare alle comunità locali la tutela del patrimonio". Forse come tutti quei siti archeologici in Italia in mano a privati e preclusi da anni alla cittadinanza. Una scelta, quella del governo conservatore attualmente in carica nel Regno Unito, che ha scatenato un vivace dibattito, sia in rete che non. Particolarmente interessanti le questioni poste da John Vidal, curatore editoriale della sezione ambientale del celebre Guardian, che osserva come la proposta di privatizzazione delle foreste britanniche sembri abbastanza semplice, sentendo i suoi sostenitori. "Metti un annuncio sui giornali, fai le tue offerte ed aspetti che i soldi arrivino, vero?", si chiede il giornalista. La risposta è no. Infatti, come già vent’anni fa hanno avuto modo di capire i governi di Thatcher e di Major, vendere boschi e foreste non è una cosa tanto semplice, poiché "accende le passioni, infiamma le comunità locali ed è legalmente e finanziariamente complesso". "Gli alberi sono un bene nazionale strategico, – scrive Vidal – che ha bisogno di essere gestito nel corso di decenni". È in grado il nostro esecutivo, vedendo ad esempio i risultati di Pompei, di gestire qualcosa da qui a qualche decennio, se nemmeno sappiamo cosa succederà fra meno di una settimana (il 14 dicembre, per la precisione, quando ci sarà il voto di fiducia o sfiducia al governo)? Se si parla di massimizzazione dei profitti, tagli dei costi ecc., verrebbe allora da pensare che il motivo di questa smania di privatizzare, oltre al desiderio di sostituire il 'poltronificio' pubblico denunciato dalla Prestigiacomo con un 'poltronificio privato' (come è nello stile della maggioranza attualmente al governo), sia quello di aumentare gli introiti derivanti dallo sfruttamento delle aree naturali. Ma Valerio Gualerzi su La Repubblica, ha ricordato già tempo fa che: "oggi i Parchi offrono impiego a circa 80 mila persone, di cui 4 mila negli enti di gestione. Un terzo dei Comuni italiani ha il proprio territorio compreso in un’area protetta, mentre solo quelli Nazionali coprono oltre il 5 per cento della superficie. Nel triennio 2001-2004 hanno fatto registrare 155 milioni di presenze turistiche, con un giro d’affari tra gli 8,5 e 9,3 miliardi di euro, quasi un punto percentuale del Pil. Un dato costante, malgrado il calo del 2,7 per cento registrato nello stesso periodo a livello nazionale". Il desiderio di privatizzare i Parchi e le riserve naturali sembra proprio non avere un senso, da qualunque parte lo si guardi. Anche Stefano Di Marco, vicepresidente del Centro turistico studentesco e giovanile (CTS), ha affermato: "I parchi sono un patrimonio di tutti: una grande ricchezza per il nostro Paese. È necessario che lo Stato investa per valorizzare queste aree che, oltre a custodire la natura più bella che l’Italia può offrire, svolgono un’importante funzione sociale". Parole sagge, nella loro disarmante semplicità. Che rendono però difficile vedere una possibilità di futuro, quando si è gestiti (!) da una classe politica (tutta la classe politica, nessuno escluso) completamente votata, sia a livello nazionale che internazionale, alla necessità immediata di denaro ormai non più spremibile dalle tasche dei cittadini. Cosa che rende quasi impossibile essere ottimisti, quando gli ultimi lembi di natura sono sacrificati a una necessità di fondi causata da una gestione dell’economia, e del territorio, che negli ultimi decenni (o forse è meglio dire negli ultimi due secoli) è stata letteralmente dissennata.

Commenti

Di questo passo dove andremo a finire?? Ci stanno togliendo proprio tutto
jessica, 06-12-2010 05:06

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