Prosegue la raccolta di firme per il referendum su pace e sanità pubblica

Il Comitato Referendario di Generazioni Future sta raccogliendo le firme per alcuni quesiti referendari per contrastare l'invio di armi ai paesi coinvolti nel conflitto in corso e per tutelare e implementare la sanità pubblica. 

Prosegue la raccolta di firme per il referendum su pace e sanità pubblica

Il Comitato Referendario di Generazioni Future sta raccogliendo le firme per alcuni quesiti referendari per contrastare l'invio di armi ai paesi coinvolti nel conflitto in corso e per tutelare e implementare la sanità pubblica. 

«La logica che riunisce le due istanze referendarie è evidente - spiegano i promotori - visto e considerato che spesso si è ricorsi all’intervento dei privati nella gestione della sanità, motivando tale scelta politica in ragione dell’assenza di soldi pubblici da destinare al sistema sanitario, è chiaro che impedendo di devolvere denaro a scopi militari, si ritaglia una somma spendibile per la salute di tutti i cittadini, in maniera da cancellare ogni alibi volto a sacrificare salute e vite umane in nome del motivo reale per cui si fomenta la guerra: il profitto che da ciò ricavano pochi privati. È chiaro, però, che non si tratta che di un esempio per il reimpiego di questi soldi salvati e che va respinta ogni lettura opportunistica e falsata, che voglia porre un confronto tra noi e loro».

QUI l'elenco dei garanti referendari

Di seguito la spiegazione dei quesiti, come illustrata da Generazioni Future

QUESITO SUL CONFLITTO DI INTERESSI NELLA SANITÀ
Descrizione della proposta referendaria

«Con questo quesito referendario si cerca di impedire la tendenza alla privatizzazione dei servizi per la salute ed il conflitto di interessi nell’allocazione degli ingenti fondi pubblici per la sanità- spiegano i promotori - Il quesito vuole cancellare una previsione di legge per cui le Regioni, cui compete la gestione del sistema sanitario a livello territoriale, possono ammettere la partecipazione nella programmazione della sanità anche di soggetti privati i quali, essendo coinvolti nella gestione, si trovano così in conflitto di interessi. In conseguenza di questo conflitto “endemico”, le ingenti risorse pubbliche spese per la sanita’ finiscono lontane da quegli ambiti in cui i ritorni per i privati sono piu’ limitati. Fra questi, come tragicamente confermato durante la pandemia, le terapie intensive e la medicina di prossimita’. Anche al di la dell’ emergenza pandemica, la conseguenza del conflitto di interessi è sotto gli occhi di tutti: l’accesso alle cure, che dovrebbe essere gratuito e garantito in modo efficiente a tutti i cittadini, a prescindere dal loro reddito, è divenuto difficoltoso per coloro che non riescono a sostenere i costi per cure private o semi-private (in convenzione). Come cittadini, abbiamo il diritto di vedere assegnati i fondi alla medicina di prossimità e alle terapie intensive anche se questi settori rendono poco ai privati. L’ Italia spende per la sanità il 7% del suo PIL, una cifra enorme. Essa deve andate dove serve di più non dove si fanno più profitti. Occorre chiarire che il referendum non vuole escludere i privati convenzionati dalla gestione sanitaria che spesso, soprattutto se no profit, svolgono in modo egregio. Vogliamo escluderli dalla programmazione che deve essere invece esclusiva responsabilita’ del pubblco e libera da conflitti di interesse».

Testo formale del quesito referendario

Richiesta di referendum abrogativo (23A01449) (GU Serie Generale n.53 del 03-03-2023)

«Vuoi tu abrogare l’art. 1 (Programmazione sanitaria nazionale e definizione dei livelli uniformi di assistenza), comma 13, decreto legislativo n. 502/1992 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Gazzetta Ufficiale n. 305 del 30 dicembre 1992 – Supplemento ordinario n. 137)) limitatamente alle parole “e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale”?»

QUESITO SULL’INVIO DI ARMI
Descrizione della proposta referendaria

«Il nostro ceto politico, tanto di maggioranza quanto di opposizione, ha deciso, salvo lodevoli eccezioni, di destinare ingenti somme di denaro alla produzione di armi da inviare all’Ucraina. Noi riteniamo che il popolo italiano in maggioranza non sia d’accordo e con quesito referendario intendiamo provarlo - spiegano ancora i promotori - Anziché ricercare soluzioni diplomatiche, si coglie l’occasione per produrre armi (e fare profitti) presentandole come necessarie per la pace. Ci proponiamo allora di impedire la possibilità che venga rinnovato l’invio di armi, mezzi, equipaggiamenti e materiali militari ai Paesi coinvolti nel conflitto in corso. Se, infatti, l’esito del referendum dovesse essere positivo, per i partiti non sarebbe più possibile introdurre altre leggi che autorizzino di nuovo il finanziamento della guerra. Chiariamo: non è questione di parteggiare per l’uno o per l’altro schieramento. Con questo referendum si ha a cuore solo la pace che si raggiunge limitando gli armamenti e certo non inviandone di sempre piu’ potenti in teatri di guerra. Le armi uccidono moltitudini di civili e militari sia russi che ucraini e arricchiscono piccoli gruppi di miliardari senza scrupoli che controllano il complesso militare industriale globale».

Testo formale del quesito referendario

Richiesta di referendum abrogativo (23A01448) (GU Serie Generale n.53 del 03-03-2023)

«Vuoi tu che sia abrogato l’art. 1 del decreto-legge 2 dicembre 2022, n. 185 (Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorita’ governative dell’Ucraina), convertito in legge n. 8 del 27 gennaio 2023 nelle parole: “E’ prorogata, fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorita’ governative dell’Ucraina, di cui all’art. 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nei termini e con le modalita’ ivi stabilite.”?»

QUESITO SULLA DEROGA ALLA NORMA SULL’INVIO DI ARMI IN UCRAINA CON DCM
Descrizione della proposta referendaria

«Un secondo quesito sulla guerra e’ stato presentato dal Comitato Ripudia la Guerra. Esso vuole togliere al Governo il potere di derogare il divieto di esportazioni di armi in teatri di guerra attraverso la semplice informativa al Parlamento. Se questo referendum avesse successo ,ogni decisione futura volta a inviare armi in teatri di guerra, richiederebbe una legge formale e dunque la piena assunzione di responsabilita’ politica del Parlamento. Generazioni Future e Ripudia La Guerra, considerando complementari e mutuamente rafforzativi i quesiti li hanno raggruppati sotto la denominazione “Italia per la pace”» affermano i promotori.

Testo formale del quesito referendario

Richiesta di referendum abrogativo (23A01743) annunciata nella “Gazzetta Ufficiale” Serie generale  n. 64 del 16/3/2023.

«Volete voi che sia abrogato l’art. 1, comma 6, lettera a), legge 09 luglio 1990, n. 185, rubricata “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, e successive modificazioni (che prevede: “6. L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i princìpi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere” limitatamente alle parole “o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”?».

 

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