Psicosi da scioperi e neve, quegli eventi 'inattesi' che bloccano la città

Oltre il 50% della popolazione mondiale si concentra nelle città, dove si vive circondati da comodità e servizi a portata di mano. Per scatenare la psicosi sono bastati gli scioperi dei Tir e poi la tempesta di neve e gelo che sta interessando l'Europa fino al Mediterraneo meridionale. Eventi 'inattesi' che hanno reso visibile quel flusso di energia e materia che quotidianamente entra ed esce dagli agglomerati urbani, ma sempre sotto il nostro livello minimo di attenzione.

Psicosi da scioperi e neve, quegli eventi 'inattesi' che bloccano la città
Il formaggio si fa con il latte e il latte viene dalle mucche, che sono mammiferi che pascolano nei prati e si nutrono di erba, che è verde e cresce nel terreno grazie all’humus e al sole; non solo latte - tuttavia - quello che arriva dai simpatici bovini con gli occhioni a palla, ma anche le bistecchine mono-spessore dei supermercati e le flatulenze metanifere che incrementano i gas serra, cattivoni ossidi di elementi che scaricati in atmosfera contribuiscono a riscaldare il pianeta. Nelle città si diffonde la pedagogia alimentare ed ambientale, inoculata finora a bambini ed adolescenti ma che in futuro sarà estesa a tutte le fasce anagrafiche di quelle generazioni cresciute in un tetris di palazzoni e indottrinate nei templi del consumo. Città dove si concentra oltre il 50% della popolazione mondiale, tendenza che si accentuerà in futuro in particolar modo nei paesi in via di sviluppo, dove maggiore è l’attrazione verso l’urbe dove, secondo coloro che migrano dalle campagne più o meno volontariamente, è più facile trovare lavoro, un giaciglio, una vita più comoda e sicura. Le città della nostra epoca sono anche i luoghi dove maggiore è l’impronta ecologica degli abitanti che vi risiedono: entrano energia e materia, escono calore, rifiuti, inquinamento. L’impatto dell’urbe è insostenibile proprio perché manca la consapevolezza dei limiti della natura che non è più in grado di fornire i suddetti input di materia ed energia, e non è più in grado di assorbire gli output (limitata capacità di carico e resilienza). A parte pochi casi virtuosi (Friburgo in Germania e Curitiba in Brasile per fare un paio di esempi) gli indicatori di sostenibilità ci dicono che aria, acqua, suolo, sottosuolo, biodiversità, risorse naturali, sono sottoposti a carichi crescenti, la pressione antropica ne sta deteriorando i parametri sia qualitativi che quantitativi. Siamo circondati da comodità e servizi nelle città, tutto è a portata di mano: il cibo negli ipermercati, benzina nei distributori, riscaldamento autonomo o centralizzato che sia all’interno del proprio appartamento, sportelli bancari e postali, i cinema, le biblioteche, i musei, il trasporto pubblico e così via. Il flusso di energia e materia che entra e le cosiddette ‘esternalità negative’ dell’attività urbana sono invisibili ai nostri occhi, sono 'sotto traccia'. Non vediamo il percorso del carburante che arriva ai distributori e che va ad alimentare la nostra automobile, né il tragitto della 'monnezza' che produciamo che va a finire in discarica, non guardiamo gli scarichi fognari che scorrono sotto i nostri piedi, né il particolato atmosferico e i gas serra che ammorbano la nostra aria. Nel video sotto 'La storia delle cose', di Annie Leonard [video|la_storia_delle_cose_annie_leonard] Non sappiamo da dove viene il cibo che mangiamo, il latte che beviamo, ignoriamo da dove provenga l’energia che alimenta i nostri riscaldamenti, la carta delle nostre fotocopie, il computer e i circuiti elettrici che lo fanno funzionare. Non vediamo oleodotti, gasdotti, fognature, non vediamo cosa contengono i container ammassati nei porti o i tir che scorrazzano lungo la penisola (l’80% del trasporto merci in Italia è su gomma). Il recente sciopero dei camionisti qualche dubbio forse l’ha indotto: qualcuno avrà scoperto che il cibo che compra non viene dagli scantinati degli ipermercati, che la benzina non viene prodotta nei laboratori chimici collocati nelle viscere di ogni distributore, che il latte non viene spillato da un rubinetto lungo tanti tanti chilometri che dall’altra parte è attaccato ad una tetta di mucca nelle alpi trentine. In questi giorni una tempesta di neve e gelo sta interessando l’Europa fino al Mediterraneo meridionale, spingendosi fino alla fascia centrale magrebina, con temperature minime che non si registravano da 27 anni, in alcuni casi da diversi decenni. Difficile trovare una correlazione tra questo inaspettato (?!?!?) evento meteoclimatico e la siccità e le alluvioni dell'autunno appena trascorso. Hanno un comune denominatore: eventi inattesi per i quali i normali sistemi di gestione di questo tipo di emergenze si rivelano del tutto inadatti. È in coincidenza di questi sempre più frequenti eventi inattesi che le città si scoprono vulnerabili, del tutto impreparate alla diminuzione di quel flusso di materia ed energia che le alimenta. Gazprom, il colosso energetico russo che fornisce gran parte dell’Europa occidentale, Italia in primis, ha detto che nei prossimi giorni taglierà del 30% le forniture di gas, il principale combustibile che alimenta il sistema di riscaldamento dei nostri edifici e molte centrali elettriche. E, come in coincidenza dello sciopero degli autotrasportatori, si profilano gli stessi problemi: benzina finita; nei negozi introvabili latte, verdure e carne; rallentata la raccolta dei rifiuti per riservare il carburante ai bus; aeroporti a rischio stop; traffico veicolare crollato del 40 per cento. La psicosi è quella da “assalto ai forni” di manzoniana memoria. L’interruzione di queste flebo che alimentano le città, la difficoltà a pompare energia e materia attraverso le sottili e fragili arterie infrastrutturali sono l’ennesima dimostrazione della mancanza di consapevolezza dei limiti del sistema natura, sistema del quale noi facciamo parte, così come le mucche, l’erba, l’humus, il petrolio, l’aria…

Commenti

Bellissimo articolo, complimenti.
Paolo Ermani, 11-02-2012 06:11
Grazie mille Paolo, sono sempre lusingato dagli apprezzamenti per quello che scrivo. Sarebbe interessante conoscere la sua opinione e quella di altre persone che hanno letto l'articolo rispetto alla problematica che descrivevo.
Umberto Mezzacapo, 17-02-2012 07:17

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