di
Dario Lo Scalzo
02-12-2011
Dal 4 al 9 dicembre 2011 si svolge ad Arezzo e provincia la quarta edizione del Festival Italiano del Cinema Sociale. Abbiamo intervistato Silvia Tessitore, responsabile dell’ufficio stampa del Festival, che ci ha parlato delle novità e del significato della rassegna.
Giunge alla sua IV edizione il Festival Italiano del Cinema Sociale, promosso dal CESVOT- Centro Servizi Volontariato Toscana delegazione di Arezzo. Un appuntamento che coinvolgerà Arezzo e altre quattro località circostanti: Cortona, Soci, Anghiari e Terranuova Bracciolini.
La manifestazione che quest’anno offre tante novità mira ad affermarsi come una delle più importanti rassegne italiane del cinema d’impegno e vede cinque pellicole in concorso. Del programma, delle novità e della portata dell’evento Il Cambiamento ne ha parlato con Silvia Tessitore, responsabile dell’ufficio stampa del Festival.
Come nasce il Festival del cinema sociale e da cosa nasce l'esigenza di fare un focus su questo genere cinematografico?
Il Festival Italiano del Cinema Sociale nasce per iniziativa della delegazione di Arezzo del CESVOT - Centro Servizi Volontariato Toscana, una 'associazione di associazioni' di volontariato che agisce come erogatore di servizi e consulenza, come centro di coordinamento e proposta verso le stesse associazioni con l’obiettivo di valorizzare film realizzati da registi italiani che affrontino temi di carattere sociale, quindi fortemente connessi all’impegno civile o all’ampio raggio d’azione dell’associazionismo e del volontariato. Il linguaggio del cinema è qui inteso, quindi, come strumento di comunicazione e crescita, sensibilizzazione e cittadinanza attiva.
Il Festival del cinema sociale giunge alla sua quarta edizione, quali sono le novità del concorso di quest'anno?
Due importanti riconoscimenti istituzionali conferiscono a questa edizione del Festival un carattere di particolare solennità e consegnano all’organizzazione la responsabilità di proseguire nel lavoro fin qui svolto con sempre maggiore convinzione e tenacia. Si tratta di due premi speciali messi a disposizione dalle Presidenze di Camera e Senato e attribuiti dal Festival a due grandi personalità del cinema italiano distintesi per l’alto valore artistico, divulgativo e civile della propria opera: al Maestro Carlo Lizzani (Premio Speciale della Presidenza della Camera alla Carriera) e al Maestro Vittorio De Seta (Premio Speciale della Presidenza del Senato), quest'ultimo scomparso purtroppo martedì 29 novembre, all'indomani della conferenza stampa di presentazione del Festival.
Il Premio tuttavia era già stato consegnato al Maestro il 23 novembre presso la sua abitazione, in Calabria, dai direttori artistici del Festival Maria Erica Pacileo e Fernando Maraghini, proprio in ragione delle sue difficili condizioni di salute, che non gli avrebbero permesso di essere presente ad Arezzo. Nell'occasione, Pacileo e Maraghini hanno realizzato un filmato che resterà, purtroppo, l'ultimo documento sulla vita del grande regista italiano, amato da De Niro e Scorsese. Il filmato sarà proiettato ad Arezzo martedì 6 dicembre alle 21 (Borsa Merci), in occasione della retrospettiva dedicata dal Festival ai documentari girati da De Seta negli anni Cinquanta, e raccolti sotto il titolo Il mondo perduto.
Un frammento de “Il Mondo Perduto”
Tornando alle novità del Festival, quest'anno i Premi per i cinque film in concorso sono tre: oltre al Premio al Miglior Film, verranno premiati anche la Miglior Sceneggiatura e il/la Miglior Interprete. La Giuria alla quale è affidato il compito di indicare i vincitori è composta dagli attori Alessio Boni e Filippo Scarafia, dal musicista e compositore Fausto Mesolella, dal direttore artistico del Premio Solinas Annamaria Granatello, dall'artista e produttore Vincenzo Marega, dall'antropologa e psicoanalista Loredana Betti e dalla giornalista del settimanale no-profit VITA Antonietta Nembri, in qualità di presidente.
Per quanto attiene al programma, oltre alla proiezione dei film in concorso, è stata allestita ad Arezzo una vera e propria rassegna nella rassegna di film e documentari, Rincorrendo la realtà, che per l'intera durata del Festival, dal 4 al 9 dicembre, prevede proiezioni, incontri, dibattiti, e la finale della prima edizione del concorso nazionale C'è un mondo intorno, abbinato al Festival, riservato agli studenti delle scuole secondarie superiori.
Segnaliamo inoltre due collaborazioni prestigiose: quella con il Premio Franco Solinas, la più autorevole istituzione italiana nel campo della sceneggiatura e della scrittura cinematografica, e quella con RAI Cinema, che presenta al Festival il progetto Il viaggio continua, quattro mediometraggi sul tema della spiritualità dei popoli. Ognuna di queste occasioni sarà spunto per un focus su un diverso argomento: le donne, la solitudine giovanile, l'autismo, la memoria.
Per stuzzicare l'appetivo dei lettori, ci daresti una piccola anticipazione dei film in concorso e delle tematiche che trattano?
Corpo celeste, diretto e sceneggiato da Alice Rohrwacher, è una storia d'emigrazione italiana al rovescio in cui una giovane madre e le sue due figlie adolescenti tornano dalla Svizzera, dove le bambine sono cresciute, in un profondo sud delle origini, in cui la religione è ancora potente fattore di condizionamento: sullo sfondo, un'arretratezza spiazzante al confronto con le più libere società europee.
Gangor rappresenta invece il poetico sguardo del suo regista e sceneggiatore Italo Spinelli su una vicenda indiana, che parla di donne e sfruttamento in quella parte del mondo attraverso una difficile storia d'amore.
Ne Il cacciatore di anatre il regista e sceneggiatore Egidio Veronesi racconta una storia italiana di guerra e di sogni, ambientata all'epoca del secondo conflitto mondiale, di cui è protagonista una gioventù alla quale pare negato qualsiasi orizzonte. Per questo film il regista ha mobilitato la popolazione di un intero paesino del modenese, il cast è quindi composto interamente da attori non professionisti.
Il gioiellino di Andrea Molaioli, sceneggiato dallo stesso regista con Ludovica Rampoldi e Gabriele Romagnoli, ha fatto molto parlare di sé per le analogie con il caso Parmalat, al quale è liberamente ispirato, e per l'impietosa messa a nudo dei limiti e del cinismo del capitalismo di casa nostra. Un film di stringente attualità.
Il primo giorno d'inverno, diretto e sceneggiato da Mirko Locatelli, è una storia di solitudine giovanile. Il giovane protagonista è vittima del bullismo e dell'arroganza dei suoi compagni: lo specchio di un'adolescenza allo sbando, in una periferia italiana povera di stimoli e di opportunità.
Quali sono le vostre aspettative per questa edizione del Festival Italiano del Cinema Sociale?
Quest'anno la ricchezza del programma e lo sforzo organizzativo del CESVOT e della direzione artistica puntano a rafforzare una manifestazione che vuole affermarsi come una delle più importanti vetrine italiane del cinema d’impegno. Ci aspettiamo quindi un'ampia partecipazione di pubblico e ci auguriamo anche una buona attenzione da parte degli organi di stampa, ovviamente, puntando ai contenuti. Questo è un Festival poco glamour, "niente carpet e molta ciccia" - diciamo tra noi.
In questo momento storico così difficile, si comincia a parlare molto di cittadinanza partecipata, di sensibilizzazione della gente, della necessità di una trasformazione socio-politica. Quanto può pesare il linguaggio cinematografico ed in particolare quello del cinema sociale nel cambiamento sistemico auspicato?
Sappiamo tutti che il ruolo dell'arte è rendere l'uomo migliore, ma sappiamo anche che, purtroppo, questo non sempre accade: quando l'uomo gode del prodotto artistico solo in termini estetici, o di mercato, non gode l'essenza dell'opera d'arte, e tutta l'arte è comunicazione, comunicazione profonda.
Abbiamo scritto del nostro Festival Ad Arezzo il cinema parla alle coscienze, perché questo è il cinema sociale: è il cinema che offre lo sguardo più problematico e meno accondiscendente sulla realtà, che oggi è appunto complessa e difficile, talvolta in forma di denuncia, talvolta di poesia. Crediamo che il cinema italiano abbia sempre svolto un ruolo importante, dal Neorealismo in avanti, nell'affrontare, e spesso anche in modo crudo, le condizioni di vita del nostro paese, i suoi troppi misteri e le sue tante contraddizioni.
Forse non è un caso che oggi si torni a parlare di Neorealismo: allora uscivamo da una guerra, e anche oggi tirarsi su da questo momento storico è un po’ come uscire da una guerra. Certo, il cinema ci racconta, come la letteratura, quel che c'è intorno: molto dipende dall'intelligenza delle persone, dal cuore delle persone, se si lasciano o no permeare da contenuti non banali, non fatti per il semplice intrattenimento ma anche per suscitare dubbi e riflessioni.
Insomma, il messaggio parte dal cinema e finisce al pubblico: pensiamo che il cinema italiano di questi anni stia producendo cose eccellenti, e non sempre premiate dagli incassi, forse proprio per il clima un po' ottuso, anestetizzato che viviamo. Ma, come dimostrano le decine di pellicole, film e documentari, che abbiamo ricevuto per questa IV edizione del Festival, il cinema è vitale e sempre più attento al clima che si respira. Naturalmente ci auguriamo tutti che questo serva a svegliare un po' le coscienze, a renderci partecipi di realtà spesso invisibili ma che non per questo non ci riguardano. Lo scopo stesso del Festival Italiano del Cinema sociale è questo.
Vi ricordo che la cartella stampa completa con il programma dettagliato e tutte le notizie sul IV Festival Italiano del Cinema Sociale è disponibile in rete a questo indirizzo.
Ieri anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto esprimere il suo apprezzamento per l’evento facendo pervenire un significativo messaggio: “Un'importante occasione per ribadire il ruolo dell’arte nella promozione dei valori sanciti dalla Costituzione”.