Giro di boa per il decreto sugli incentivi alle rinnovabili. Mentre le Associazioni di settore manifestano la propria opposizione al testo proposto dal Governo, le imprese e i lavoratori scendono in piazza e i Comuni e le Province chiedono più tempo per la discussione in sede di Conferenza Stato-Regioni, la data ultima per l'approvazione del decreto attuativo si fa sempre più vicina.
La scorsa settimana il ministro per lo Sviluppo economico, Paolo Romani, ha presentato alla Conferenza Stato-Regioni la bozza del nuovo Conto Energia.
Il testo mantiene l’idea di porre un limite alla potenza incentivabile, portandolo a 23mila Mw rispetto agli 8mila inizialmente previsti, e fissa il tetto per gli aiuti a circa 6-7 miliardi di euro l'anno. Come già annunciato, il sistema si ispira al modello tedesco, per cui l'importo delle tariffe risulta inversamente proporzionale alla potenza installata.
Nella fase transitoria di adozione del nuove regime di incentivazione, che coincide con il biennio 2011-2012, il decreto stabilisce un obiettivo pari a 3.100 megawatt con l'assegnazione di agevolazioni per circa 820 milioni di euro. Proprio su quest'ultimo aspetto si appuntano buona parte delle preoccupazioni degli operatori del settore, che denunciano, nel passaggio al Quarto Conto Energia, la scarsa tutela dei diritti acquisiti con il sistema precedente e degli investimenti già avviati. Altrettanto preoccupante viene giudicata la scelta di porre un tetto alla potenza incentivabile, sia annuale che rispetto alla scadenza del 2020, in quanto pregiudicherebbe la crescita del settore nei prossimi anni, mettendo a rischio anche l'occupazione legata al comparto e al suo indotto.
Mercoledì scorso Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil hanno organizzato una giornata di mobilitazione, mentre l’ANCI e l’UPI, le associazioni dei Comuni e delle Province italiane, hanno chiesto di rimandare l'esame del decreto, lamentando la mancata condivisione da parte del ministero con gli Enti locali e avanzando una serie di emendamenti che dovranno essere valutati prima di riprendere la discussione. Discussione che slitta così al 28 aprile, cioè due giorni prima del termine ultimo per la conversione del decreto e che potrebbe risultare più agevole solo qualora il governo accettasse di rivalutare le condizioni da applicare durante la fase di transizione dal Terzo al Quarto Conto Energia.
In particolare l'Anci ha chiesto di ridurre gli importi delle tariffe in maniera più graduale e senza andare oltre tagli del 10% per il 2011 e del 20% per il 2012, almeno per i piccoli impianti. Aspettative che saranno probabilmente deluse, dal momento che il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Stefano Saglia, ha affermato senza mezzi termini: “se la posizione delle Regioni sarà 'Salviamo tutto l'esistente' noi non la condivideremo”.
Lo stesso fronte delle associazioni di settore si presenta comunque diviso, con Aper, Assosolare ed Asso Energie Future che continuano a premere per modificare il testo e ANIE-GIFI più conciliante con il Governo e ora piuttosto alle prese con perplessità interne a Confindustria. Nei giorni scorsi, infatti, il vicepresidente del comitato Energia di Confindustria, Agostino Conte, ha sottolineato lo scarso equilibrio nella concessione degli aiuti alle diverse fonti: “Il tendenziale previsto per tutte le fonti rinnovabili elettriche sarebbe stato di 10 miliardi: non comprendiamo come possa essere equilibrata una soluzione che destina 7 miliardi al solo settore del fotovoltaico”.
Una questione questa da non sottovalutare, soprattutto se si considera che già nel 2010 il settore dell'eolico ha subito un calo delle installazioni del 25% rispetto all'anno precedente, che l'Anev, l'Associazione nazionale energia del vento, ha ricondotto prevalentemente all'incertezza del sistema incentivante e che potrebbe aggravarsi ulteriormente nell'anno in corso.
Anche l'Anest, l'Associazione del solare termodinamico, ha presentato in questi giorni la propria proposta di riforma degli incentivi per sostenere la filiera tecnologica della concentrazione solare (CSP). Tra le proposte, l'estensione al 2015 della scadenza degli incentivi, anziché al 2012, l'eliminazione dell’obbligo di accumulare l'energia termica, che rappresenta uno dei maggiori costi nella realizzazione dei sistemi di CSP, maggiore supporto alla ricerca attraverso i fondi di Industria 2015, il programma nazionale per le attività di R&S, l'aumento delle tariffe incentivanti per i piccoli impianti.
Le perplessità rispetto al modello proposto dal Governo sono comunque di ordine più generale: l’Europa ha stabilito per il 2020 l’obiettivo di ottenere da fonti rinnovabili il 20% della domanda complessiva di energia e ha già chiarito che per raggiungerlo occorre raddoppiare gli investimenti nel settore. Per tutta risposta l’Italia, riducendo l’investimento pubblico e modificando in corsa le regole del gioco, disincentiva l’avvio di nuovi progetti e mette a rischio quelli già avviati.
Nel 2020 molto probabilmente figureremo, senza stupore di nessuno, fanalino di coda tra i 27 Stati membri, ma soprattutto avremo perso l’occasione di approfittare della strategia comunitaria per adottare una politica energetica stabilmente orientata al sostegno delle energie rinnovabili.