Dovremmo dunque anche ai nostri giorni nutrire curiosità e rispetto per questi animali così selvaggi e, nello stesso tempo, così familiari per la storia della civiltà umana. Ma spesso non è così.
La crudeltà di bracconieri patologicamente stupidi e impotenti è sotto gli occhi di tutti: solo nel Mediterraneo ogni anno muoiono centinaia di falchi, di aquile e di altri rapaci abbattuti per puro sfregio e crudeltà dalle doppiette. Molti altri vengono uccisi con esche avvelenate o con trappole: vengono considerati dei “competitori” dai cacciatori perché si nutrono di animali che essi ritengono “selvaggina”, cioè prede di loro proprietà esclusiva.
Ma purtroppo oggi vi è un nemico ancora più insidioso del cacciatore. Un nemico che agisce alla luce del sole e quasi mai nell’illegalità, o comunque in un’illegalità difficile da provare. Un nemico che ha la simpatia del pubblico, nei cui confronti la società attuale possiede una visione del tutto distorta.
Si tratta dei falconieri. Persone che possiedono rapaci anche rarissimi in cattività; che costringono delle creature che possono percorrere anche più di cento chilometri in un giorno a vivere rinchiusi in voliere delle dimensioni di una stanza, nel migliore dei casi. Il falconiere dichiara di amare i suoi animali ma, ammesso che lo creda davvero, il suo è un amore distorto e morboso. Un po’ come quello di quegli uomini che tengono segregate e schiave le loro donne.
I falconieri fanno esibire i propri animali in mezzo a folle vocianti e mostrano una visione malata del legame che unisce uomo e rapace, una visione che presuppone il possesso dell’animale e il suo utilizzo per pura vanità o per uso venatorio.
Infatti la falconeria nasce come pratica antica di caccia, ancora oggi in uso presso popolazioni delle steppe come i mongoli e i kazachi; una pratica venatoria che sta distruggendo popolazioni già deboli ed esigue di molte specie di aquile, falchi, gufi.
Infatti molti animali usati dai falconieri sono stati sottratti illegalmente dai nidi, compromettendo così il buon esito della riproduzione e di conseguenza la sopravvivenza della popolazione selvatica.
Per specie rare come l’aquila del Bonelli, l’astore, il falco della regina, il lanario e il falco pellegrino una delle minacce maggiori alla loro conservazione è proprio il prelievo dai nidi di uova e piccoli (Brichetti e Fracasso – Ornitologia Italiana), che poi vengono rivenduti sul mercato illegale di cui fruiscono anche i falconieri.
Insomma, oggi assistiamo al proliferare di feste, sagre (che non hanno più nulla di sacro), rappresentazioni e spettacoli che vedono come protagonisti i poveri prigionieri dei falconieri. Le amministrazioni e le organizzazioni che presiedono a queste iniziative non si pongono mai domande sul valore diseducativo e immorale di tali spettacoli. In compenso quasi nessuna istituzione promuove e sostiene le iniziative in cui organizzazioni come il WWF e la LIPU ridanno la libertà a rapaci recuperati da gabbie o da ferite d’arma da fuoco, curati e riabituati al volo e all’ambiente naturale, che ritornano a librarsi nel loro cielo infinito.
E’ dunque venuto il momento di ribaltare la prospettiva e rendere giustizia a queste creature dell’aria, e di rendere più severe e restrittive le norme che consentono la falconeria. E’ un dovere nei confronti di animali che hanno un’importanza capitale per gli ecosistemi e la cui protezione è sancita da numerose convenzioni internazionali, come quella europea di Berna e come la CITES.
E’ un dovere nei confronti della società umana, perché intraprenda un cammino di conoscenza e condivisione della natura, il cui obiettivo principale deve essere la salvaguardia di specie e ambienti e il cui approccio deve comportare un totale rispetto per tutte le forme di vita.
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