Re:Common: «La BEI non ha i requisiti per diventare la banca dello sviluppo dell'Europa»

«La BEI non ha i requisiti per diventare la banca di sviluppo dell'UE. Si chiama Banca Europea per gli Investimenti, ma molti dei progetti che finanzia sono fuori dall'Europa, affidati a intermediari finanziari spregiudicati»: lo denuncia Re:Common citando il rapporto "Can the EIB become the EU Development Bank?".

Re:Common: «La BEI non ha i requisiti per diventare la banca dello sviluppo dell'Europa»

«La BEI non ha i requisiti per diventare la banca di sviluppo dell'UE. Si chiama Banca Europea per gli Investimenti, ma molti dei progetti che finanzia sono fuori dall'Europa, affidati a intermediari finanziari spregiudicati: questo è quanto emerge dal Report "Can the EIB become the EU Development Bank?", pubblicato da Counter Balance, Challenging Public Investment Banks e CEE Bankwatch Network, in occasione del Finance in Common Summit, in corso dal 9 al 12 novembre»: è la denuncia che emerge dalle dichiarazioni dell'associazione Re:Common.

«Negli anni la BEI ha finanziato grandi infrastrutture che non solo non migliorano la qualità della vita delle comunità coinvolte, ma addirittura generano disastrosi danni ambientali e violazioni dei diritti umani - proseguono da Re:Common - La Bei è anche tra i più sfegatati sostenitori della privatizzazione causa di diseguaglianza, malaffare, accumulazione di ricchezza a vantaggio dei soliti noti e ai danni delle comunità più vulnerabili».

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Da ricordare poi, come già scriveva Luca Manes su Il Manifesto a suo tempo, che la BEI, per esempio, «ha stanziato la cifra record di 1,5 miliardi di euro per il Trans Adriatic Pipeline, l’ormai famoso Tap, ultimo tratto del Corridoio Sud del Gas che parte dall’Azerbaigian e passa dalla Turchia, fortemente voluto dalla Commissione Europea. Poco importa che così si continua a investire nell’estrazione di combustibili fossili e ci si lega mani e piedi a un’opera destinata a essere impiegata per decenni, visto che non si esclude l’uso del tanto vituperato gas russo e una possibile estensione fino al Turkmenistan (quarto produttore di gas al mondo). E così tutti i continui richiami all’Accordo di Parigi sul Clima diventano un vuoto esercizio di retorica. Poco importano poi le proteste in tutto il Salento, che considera il Tap solo dannoso per le comunità e il territorio».

 

 

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