di
Alessandra Profilio
08-07-2011
Il Consiglio dei ministri ha dato ieri il via libera definitivo al decreto legislativo che recepisce due direttive dell'Unione europea sull'obbligo di incriminare comportamenti fortemente pericolosi per l'ambiente, ma soltanto rispetto a flora e fauna. Secondo Legambiente si tratta di un provvedimento "di facciata, approvato col solo obiettivo di non incorrere nelle sanzioni dell’Ue".
Il Consiglio dei ministri ha dato ieri il via libera definitivo al decreto legislativo che recepisce due direttive dell'Unione europea sull'obbligo di incriminare comportamenti fortemente pericolosi per l'ambiente, sanzionando penalmente condotte illecite individuate dalla direttiva e non sancite sino ad oggi come reati, ed introducendo la responsabilità delle persone giuridiche, attualmente non prevista per i reati ambientali.
Sono due le nuove fattispecie incriminatrici introdotte nel codice penale per sanzionare la condotta di chi uccide, distrugge, preleva o possiede fuori dai casi consentiti esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette e di chi distrugge o deteriora significatiavamente un habitat all'interno di un sito protetto.
Un passo avanti verso la legalità? Non la pensa così Legambiente che considera quello approvato da Palazzo Chigi un provvedimento “di facciata, approvato col solo obiettivo di non incorrere nelle sanzioni dell’Ue”. Soltanto qualche settimana fa, infatti, la Commissione europea ha dato a 12 Stati membri, tra cui l'Italia, un ultimatum di due mesi per recepire la normativa dell'Unione che stabilisce sanzioni penali contro l'inquinamento marino e altri reati ambientali.
“Nel paese dell’abusivismo edilizio e del saccheggio del territorio, delle mozzarelle alla diossina e del business delle ecomafie si è persa, ancora una volta, l’occasione di intervenire adeguatamente e fornire una legge penale efficace a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini”, ha affermato il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza.
In base al provvedimento approvato dall'esecutivo, spiega Cogliati Dezza, “i reati ambientali continuano così a rientrare tra le contravvenzioni, le sanzioni sono scarsamente deterrenti, i tempi di prescrizione bassissimi e non è stato previsto nulla per i reati nell'ambito del ciclo del cemento lasciando, di fatto, senza tutela il paesaggio e la fragilità geomorfologia e urbanistica dei territori”.
Sebbene l’introduzione nel Codice penale dei reati contro la fauna e la flora protetta costituisca un piccolo passo avanti in materia, secondo Cogliati Dezza in nostro Paese avrebbe bisogno di “un provvedimento coraggioso, basato su pene reclusive crescenti in base alla gravità degli illeciti, dal danno ambientale al delitto di ecomafia o di frode ambientale”.
“È gravissimo – conclude il presidente di Legambiente - che il governo non abbia saputo cogliere questa occasione per stabilire un principio così importante per il futuro economico e sociale del Paese”. Il timore dell'associazione è che chi fino ad oggi ha costruito abusivamente o inquinato territori e falde acquifere sarà ora spronato a ripetere tali comportamenti per i quali non è prevista la reclusione.