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01-02-2011
Luca e Loretta raccontano l'esperienza di recupero del rudere di Zena nell'appennino imolese, dove da alcuni anni hanno deciso di trasferirsi definitivamente abbandonando la vita in città.
In mappe e mappali Zena è un edificio rurale, con annesso fondo, situato a circa 400 metri di quota nella media Valle del Santerno, appennino romagnolo, a circa 25 km da Imola. La via di Carseggio saliva dall’omonima pieve situata sul fondovalle, verso Valmaggiore, località storica situata sullo spartiacque tra Santerno e Senio. Ora il collegamento è scomparso e dell’antica via rimangono solo i tratti che hanno mantenuto un’utilità per l’uso agricolo e boschivo.
Probabilmente sarà stata la presenza di un piccolo poggio di arenaria in mezzo al versante a indurre, chissà chi e chissà quando, a costruire questa casetta accessibile dalla via di Carseggio. Di certo i sassi per realizzarla non mancavano dato che qui le 'vene' di arenaria gialla sono quasi allo scoperto.
La Curia, storica proprietaria dell’area, la concedeva in uso a famiglie che non avevano posto migliore dove riparare. I locatari coltivavano alcuni piccoli campi rubati alla pendenza del versante, la stalla consentiva il ricovero di 3 o 4 mucche, e attorno c’erano baracche per gli animali da cortile, polli, conigli. Al piano terra si trovava la stalla e affiancata la cucina, comunicante tramite una piccola porta. Sopra la stalla il fienile e sopra la cucina l’unica camera. Appoggiato a questo parallelepipedo principale c’era un annesso costituito dalla scala per salire al piano superiore, nel sottoscala c’erano il forno e la porcilaia. Pare che la casa sia stata abbandonata alla fine degli anni ’50, così sostiene il vicinato, dopodiché è stata utilizzata come stalla, fino a quando il tetto ha retto.
Quando l’abbiamo trovata il precedente proprietario era già intervenuto pesantemente, svuotandola, sostituendo tutta la travatura portante e realizzando una copertura provvisoria. In questo modo è riuscito a salvare i muri originali della porzione di casa ancora in piedi, ma lì si era fermato. E così il bosco se la stava riprendendo, avvolta com’era dal rovo, dalla ginestra e dalla vitalba. Nella strada di accesso erano già cresciute le roverelle e nell’edificio senza imposte aveva trovato casa il barbagianni.
Chissà quando, il grande pioppo, l’albaraz, cresciuto ai margini dell’aia, era crollato sfondando il tetto ed un pezzo di muro del fienile. Tutt’attorno c’erano ancora pezzi tagliati del suo enorme tronco. L’ultimo che resisteva, svuotato dai rodilegno, l’ho disfatto questa estate, a colpi di mazza. Alcuni pezzi sono serviti per il grande falò che ci ha riscaldato, con gli amici più cari, nella mezzanotte che ha concluso l’anno, poco distante da casa. Un'occasione magica, con tutti quei folletti ardenti che salivano per metri e metri, e il calore, e la luce… nessun rimpianto per i 'botti' cittadini.
Di certo se non fosse stato per la rassicurante presenza della linea elettrica, non avremmo fatto il primo passo. Sono nato e cresciuto in città. Dieci anni fa non avevo la più pallida idea di quanto impegno sarebbe stato necessario per rendere nuovamente accessibile ed abitabile questo luogo. Penso si possa dire che è stato il coraggio dell’ignoranza, istigato da una grande voglia di provare, sperimentare, armeggiare attorno a questa cosa.
Mentre scrivo (è gennaio pieno) le nubi si sono alzate e di scorcio alla finestra compare il bosco ammantato di bianco: querce e roverelle, piegate sotto il peso della neve sono messe a dura prova, così come gli ulivi che ho piantato in questi anni. Ha cominciato a fioccare ieri notte e le previsioni danno neve fino a domani. Bene abbiamo fatto a lasciare l’auto di là dal versante, vicino alla strada dove passa lo spartineve.
Per chi la sa apprezzare, una delle migliori caratteristiche di questo luogo è il silenzio. In alcuni momenti ti assorda. Le strade sono lontane. Stagionalmente i mezzi agricoli lavorano i campi della zona ma le vere uniche occasioni di scompiglio vengono dal castagneto secolare che si trova nel versante a fronte. La pulizia estiva con il decespugliatore è il momento più fastidioso, al contrario del simpatico vociare della raccolta, intercalato dal caratteristico suono pacato dei marroni quando vengono rovesciati nel carro.
Un’altra caratteristica, che ci fa ancora trasalire, sono i tramonti. Zena si trova circa alla stessa altezza dell’orizzonte dove il sole va a scomparire cosicché i tramonti da qui sono fantastici, di mille colori, e il bosco s’indora di luce gialla.
La prima preoccupazione fin dall’inizio è stata l’acqua. Infatti il versante dove si trova Zena, ripido ed esposto a sud-ovest, è povero d’acqua. Abbiamo rintracciato una sorgente circa 40 metri di quota più in basso ed è lì che sono cominciati i lavori: la pista per raggiungerla, lo scavo per i tubi, la cisterna, la pompa… Tutto è ancora in funzione, peccato che l’acqua è disponibile per soli sei mesi all’anno e la prossima estate spero di riuscire a realizzare un pozzo buono, qualche decina di metri ancora più in basso.
Nel frattempo da giugno a dicembre devo portare l’acqua con una cisternetta nel baule della macchina. Da subito abbiamo avuto la necessità di raccogliere l’acqua piovana e così ho realizzato artigianalmente tre vasche in muratura che complessivamente mi garantiscono circa 30 metri cubi di accumulo, che servono per lo sciacquone, per lavare i panni, per irrigare i due orti, per le nuove piantine e per tutti gli usi meno pregiati.
Nei primi tempi il nostro rifugio era il rudere. Avevamo portato una piccola stufa a legna e le aperture erano state tamponate, in qualche modo, con film di plastica trasparente. Si cucinava nel fornelletto da campeggio e si mangiava con sedie di plastica e tavoli di fortuna. Una sera, così baraccati, invitammo gli amici: fu un disastro. Ricordo il vento che strappava il film dalle finestre, il cane che si rifugiava tra le nostre gambe, folate di polvere che entravano dall’apertura della porta che non c’era...
Il primo 4x4 lo prendemmo passato un anno, fu un bel salto di qualità raggiungere la casa in auto ma quante volte, con l’arrivo del temporale, siamo fuggiti per non rimanere impantanati. Infatti per circa due km la strada di avvicinamento a Zena, oltre ad avere alcuni ripidi strappi, era in terra, solcata dalle gomme artigliate dei trattori. Una estate, in pieno agosto, sottovalutai il temporale che si stava avvicinando… per portare l’auto in salvo fu necessario agganciarla, sotto gli scrosci di pioggia, al cingolato dei Tattini chiamati in soccorso.
A quel punto ci convincemmo a ciottolare la strada. Ci sono voluti molti autotreni di pietrisco, acquistati all’impianto di riciclaggio delle macerie, per fare il primo sottofondo. Fu solo l’inizio di una lunga serie di tentativi: canaline tagliacqua, drenaggi, massicciate, giornate intere passate con il rastrello e la zappa dopo i temporali. Niente da fare, la pendenza era tale per cui le piogge trascinavano via la ghiaia e con il secco il fondo sbriciolava sotto le gomme in slittamento. Solo negli ultimi due anni ho risolto il problema, con l’aiuto degli immancabili Tattini e con parecchie betoniere di calcestruzzo.
Quando venne il momento di trovare un ricovero diverso dal rudere cominciò a prendere forma l’idea della 'capanna'. Di lì a poco ordinai un camion pieno di pali, assi, chiodi, viti. Con l’aiuto degli amici in una giornata di lavoro montammo la struttura portante ed il coperto. Alla fine il risultato fu un piccola casetta di 30 metri quadrati serviti da una doppia porta a vetri, una finestra, un portone a due ante, una stufa a legna, angolo cottura, pensili e lavello, tavoli, sedie, tutto recuperato dalle cantine di amici e parenti. La capanna ci ha consentito di sostare in modo confortevole in tutte le stagioni dell’anno, cucinare e intrattenere ospiti ed amici, qualche volta anche pernottare in loco. Certo che avere il bagno in casa, con la doccia e l’acqua calda è tutta un’altra cosa!
Dopo alcuni anni abbiamo cominciato a pensare alla casa, rivolgendoci agli studi tecnici con i quali, nel frattempo e con calma, avevo preso contatto. Dato che l’edificio era salvaguardato dal piano regolatore, la questione più delicata è stata il recupero della volumetria della parte crollata. Fortunatamente è stato possibile reperire una documentazione fotografica aerea degli anni ’70 in base alla quale progettare la ricostruzione a misura. Questo ha consentito di realizzare ex novo, nella parte crollata, la scala per salire al piano superiore ed il bagno.
Un altro tema delicato è stato decidere il 'concetto' dell’opera. Condivido e apprezzo le ristrutturazioni e le ricostruzioni in stile originale tuttavia a Zena non c’era nulla di salvo: tetto, travi, pavimenti, intonaci, infissi, proprio nulla. Perciò piuttosto che sull’aspetto ci siamo concentrati sulla funzionalità. In pratica fatta salva la forma della casa, sasso a vista, il resto è stato realizzato ex-novo, utilizzando per quanto possibile, materiali naturali e soluzioni a risparmio energetico, prezzi permettendo.
Inoltre abbiamo salvato un criterio importante: chi viveva in questa casa riscaldava e cucinava con le risorse del luogo, il sole e la legna, non c’erano certo i bomboloni del GPL... Ecco allora che l’intera ristrutturazione ha ruotato attorno a questo obiettivo, fermo restando il raggiungimento di standard di abitabilità moderni. In pratica sono stati applicati, per quanto possibile, i concetti altoatesini di casaclima.
Il coperto è stato costruito ex-novo, interamente in legno, con 20 cm di materassini isolanti e ventilazione, i muri perimetrali del piano superiore sono stati isolati dall’interno con 6 cm di fibra di legno, rifinita con argilla e tinte naturali. I muri perimetrali del piano terra sono stati isolati con intonaco speciale ad alto isolamento termosilent e biocalce. I vetri di finestre e porte finestre sono ad alto isolamento termico, tali da rispettare gli standard per la certificazione energetica.
Il cuore dell’impianto termosanitario è costituito da una cisterna da 500 litri di acqua che riceve calore sia da 9 mq di pannello solare sul tetto della casa, sia dalla stufa a legna sistemata in cucina, dove si preparano i cibi. Con l’impianto sottopavimento a piano terra l’edifico viene riscaldato alle sue fondamenta, con un ottimo effetto di volano termico. Una parte delle spese sostenute le stiamo recuperando come detrazioni IRPEF in base alla dichiarazione dei redditi, provvedimento preso dal governo Prodi per rispettare gli impegni Europei contro l’effetto serra e che l’attuale governo sta smorzando.
Abitiamo a Zena da circa due anni ma abbiamo ancora tanti progetti da realizzare: oltre al pozzo, è da costruire il forno per il pane e una vera e definitiva legnaia coperta. Dovremo rimettere le mani alla capanna per regolarizzarla, inoltre vorremmo produrre energia elettrica da fonti rinnovabili. Infine, chissà come e chissà quando, avremo anche il taglio del 'cordone ombelicale' con il lavoro in città!
(*) Luca Bartolucci e Loretta Salaroli - Via Carseggio 24, 40020 Casalfiumanese (BO) salory@libero.it
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