di
Francesco Maria Ermani
26-04-2011
Dopo il nucleare, è stata la volta dell'acqua. Continua, insomma, l'offensiva del Governo nei confronti dei referendum del 12 e 13 giugno in cui i cittadini sono chiamati a votare per il futuro di un bene essenziale per la collettività. Ma cosa potrebbe succedere se la proprietà dell'acqua fosse nelle mani delle lobby? Abbiamo provato ad immaginarlo...
Le cose ben nascoste sono sempre sotto gli occhi di tutti. Pensare durante una partita a scacchi che tra quindici mosse ci sia il rischio di perdere è fuorviante: non ci fa vedere che lo scacco matto contro di noi è scattato quindici mosse fa ed entro un paio di mosse abbiamo perso.
Chiacchierando anni fa con un top manager, allora presidente onorario di un famoso circolo di golf, scoprii che per annaffiare un campo di golf da diciotto buche servono un milione duecentomila litri d’acqua e, per avere un green perfetto in estate, la cosa va ripetuta almeno un paio di volte a settimana. Forse il personaggio con cui parlavo si lasciò prendere la mano, o forse diceva l’esatta verità, ma anche se avesse triplicato il valore dei litri d’acqua non parliamo di volumi risibili… Come sanno nel Sahel e in Sudan.
Tutte le grandi trattative, si dice, vengono avviate e concluse in un campo da golf o nei suoi spogliatoi. Sarebbe un vero dramma se fra cinque anni per dissetare le famiglie degli impiegati di Roma o Milano (magari con un po’ d’acqua all’arsenico, ma pur sempre bevibile) non ci fosse un bel green verdeggiante.
Il mondo della finanza subirebbe un grave colpo: dovrebbe incontrarsi da Checco allo scapicollo o negli spogliatoi del calcetto condominiale. Anche per questo è importante privatizzare l’acqua o, perlomeno rendere innocuo il referendum.
Volendo proseguire in questa riflessione, quasi banale, sulla proprietà dell’acqua pensate la cosa a lungo termine a quando da qui a dieci anni torneremo a considerare il nucleare una fonte necessaria (d’altronde l’assenza di una politica energetica a medio lungo termine rende impossibile uno scenario diverso) e ci saremo scordati di Fukushima. Gli agnelli a due teste (come i bambini malformi della diossina che gli americani hanno seminato in Vietnam), saranno diventati la normalità grazie ad un costante bombardamento mediatico per inserirli nell’immaginario collettivo.
Avere a disposizione la proprietà dell’acqua, in caso di incidente, permetterà ai proprietari delle centrali nucleari di dirottarne immense quantità per raffreddare le centrali lontane dal mare, senza dover chiedere permessi a nessuno e mettendo in pratica l’accordo con la lobby dell’acqua raggiunto in questi giorni durante una partita di golf (ma questa è fantascienza, fiction, pura immaginazione).
Ma procediamo con questo mio sillogismo in erba, questi pensieri infantili a ruota libera.
Avete mai riflettuto sul fatto che gli incentivi all’impiego di fonti rinnovabili di energia sono condizionati all’immissione in rete dell’energia prodotta, di fatto 'spossessandoci' del suo controllo ed accettando implicitamente che, in caso di crisi energetica, qualcuno decida a chi e come destinare anche l’energia prodotta dai vostri pannelli? Certo, mi direte voi, ma l’energia prodotta può essere immagazzinata e redistribuita solo dalla Rete.
Ed io vi chiedo: dalla stessa Rete famosa per la sua inefficienza e le sue perdite. Non è come mettere in mano ad un giocatore di carte un patrimonio da sperperare?
Qualcosa non mi torna, fra vent’anni la collettività (notate bene, la collettività, non il consiglio di amministrazione di un’azienda) avrà pagato i produttori di energia (le famiglie, ovvero la collettività) e l’avrà venduta per obiettivi non controllabili, ad esempio per il pompaggio dell’acqua nei campi da golf o il condizionamento di uffici nei grattacieli o, peggio, nella catena di produzione dei carri armati per il Sudan, l’Iraq o la Libia…
Forse l’ideale con questa totale assenza di trasparenza sull’impiego di capitali, l’utilizzo di energia e la condivisione di beni primari è comprarsi una baita ed un kit di autoproduzione dell’energia oppure, se non ci piace la vita troppo solitaria, rimettere a posto un borgo abbandonato e andarci a vivere con qualche altra famiglia che non pratica i campi da golf.
Intanto non sarebbe male prendere una posizione andando a votare per i referendum, anche perché averli 'divisi' dalle amministrative costa alle famiglie non iscritte ai circoli del golf circa trecentosessanta milioni di euro, una bazzecola…