di
Matteo Marini
18-07-2012
Il referendum abrogativo promosso da Unione Popolare vuole abolire uno dei privilegi della 'casta': la diaria dei parlamentari, ovvero il rimborso spettante a ogni deputato o senatore della Repubblica per il suo soggiorno a Roma nelle date in cui sono previste sedute in aula. Partita a maggio la raccolta firme dovrà arrivare a 500mila sottoscrizioni per essere presentata in Cassazione. Sorgono intanto alcuni interrogativi sulla validità e possibilità di realizzazione dell'iniziativa.
Il referendum anti-casta, che mira ad abolire la diaria dei parlamentari (il rimborso, corrispondente a circa 3.500 euro, spettante a ogni deputato o senatore della Repubblica per il suo soggiorno a Roma nelle date in cui sono previste sedute in aula), continua a raccogliere firme e a farsi strada online, con un tam-tam notevole attraverso i principali social network. Il termine ultimo è il 30 luglio.
Al centro della linea politica del movimento promotore del referendum, concetti come "Nuova Politica", "Custodi dell'Agricoltura", "partiti tradizionali ormai al capolinea" e "cacciare i politici dalla Rai".
L'iniziativa si inserisce nel dibattito sull'abbattimento dei costi della politica, in un Paese - l'Italia - dove i Parlamentari sono tra i più pagati d'Europa.
Lanciato a maggio, però, il referendum ha riscontrato problemi: il primo è che i cittadini che si sono già recati nelle sedi dei vari Comuni per firmare i moduli e partecipare alla raccolta delle 500mila sottoscrizioni necessarie per presentare il quesito in Cassazione, non hanno trovato i suddetti moduli. Molti impiegati comunali sono cascati letteralmente dalle nuvole, affermando che non sapevano nulla.
Dall’Unione Popolare commentano: "I moduli sono stati spediti". Anche sul loro sito ufficiale, tutto sembra procedere normalmente.
Altro scoglio che in molti hanno cominciato a mettere in evidenza, riguarda un aspetto sostanzialmente legale/burocratico. Ai sensi della legge 352/1970 infatti, non può essere depositata richiesta di referendum 12 mesi prima delle elezioni, né nei 6 mesi successivi alle elezioni politiche. Ciò vuol dire che questo quesito referendario non può essere analizzato dalla Cassazione almeno fino a fine 2013.
Altro punto interrogativo, riguarda i rimborsi elettorali del referendum, che l’Unione Popolare ha diritto a percepire. Secondo alcuni, la cifra andrebbe dai 250 mila euro in su. Cosa ne faranno? Li rifiuteranno o li accetteranno? Davanti a queste 'insinuazioni', il movimento risponde: “Prima di parlare dovrebbero leggere la normativa. È tutto valido, andiamo avanti”.
Mentre le denunce sull’assenza dei moduli continuano, la coordinatrice del movimento, Maria Di Prato, comincia a fissare la road map: “Abbiamo cominciato a raccogliere le firme a maggio e continueremo, per poi presentare i quesiti alla Corte di Cassazione”.
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