di
Ammazza che piazza
23-04-2013
“Il profitto di pochi non può essere messo dinanzi alla salute di nessun cittadino”. I giovani del gruppo Ammazza che Piazza formulano le proprie considerazioni in merito al risultato del referendum che ha coinvolto la città di Taranto sulla questione della chiusura dell'Ilva.
Il movimento Ammazza che Piazza a seguito del trascorso referendum consultivo sulla chiusura totale o parziale dell'Ilva del 14 Aprile 2013 intende fare alcuni chiarimenti e comunicare quanto segue.
Tutti noi votanti cittadini di Taranto sapevamo in cuor nostro che un referendum così osteggiato dai diversi poteri forti, come le istituzioni, azienda e sindacati non avrebbe avuto molte possibilità di raggiungere il quorum sufficiente e necessario per essere valido.
Quello che invece ci teniamo a precisare è la notizia che quasi 35mila cittadini di Taranto hanno confermato di voler cambiare registro radicalmente, abbandonando l'ormai distorta e arcaica idea di una economia a vocazione industriale, che ormai sta mostrando palesemente tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni.
Non si può lavorare per morire o per far morire questo è il dato più chiaro e incontrovertibile; senza dimenticare che questo dato è un segnale importante per le attuali e future amministrazioni, che dovranno “obbligatoriamente” incentrare una politica di sviluppo quanto più lontana dai fumi e dalle polveri dell'Ilva e di tutte quelle realtà inquinanti presenti a Taranto.
Più del 90% dei votanti ha espressamente reclamato una chiusura dell'Ilva, a questo risultato si è arrivati per merito di tutte le forze che da tanti anni si sono impegnate per salute e ambiente; ma giusto riconoscimento va anche a chi da 1 anno a questa parte ha preso coscienza della drammatica realtà in cui viviamo tentando di individuare una soluzione condivisa sia dagli operai che dai cittadini.
Pertanto riteniamo che l'astensionismo è scaturito in primis dalla difficoltà per molti fuori sede di tornare a votare e poi purtroppo anche per colpa dell'elevato indice di 'indolenza' che attanaglia la città di Taranto; infine crediamo anche che l'astensionismo è stato una forma di protesta di molti cittadini che con il loro silenzio hanno voluto dimostrare il 'sicuro' assenso alla chiusura degli impianti inquinanti (silenzio assenso) ma allo stesso tempo il loro distacco dal voto è dettato dalla rassegnazione che tale voto fosse inutile a cambiare la realtà, considerato il valore consultivo del referendum. “Chi vorrebbe far vivere i propri figli in queste condizioni?!”.
Da queste premesse riteniamo che la lotta alla 'fabbrica della morte' non si può e non si deve fermare e auspichiamo una volta per tutte, una chiarezza sugli obiettivi da portare a termine, come: chiusura, risarcimento, bonifiche e alternative lavorative.
Non ci stancheremo mai di ribadirlo!
In questo stato di cose non possiamo permettere che la famiglia Riva 'violenti ancora' per questi ultimi 2 anni (termine AIA 2015) il nostro territorio e la salute di tutti, e non vogliamo che alla fine la stessa Ilva esca di scena senza pagare un rilevante risarcimento per cittadini e operai e per le necessarie bonifiche del territorio.
Ribadiamo che il profitto di pochi non può essere messo dinanzi alla salute di nessun cittadino; i tarantini non sono schiavi o 'pezze' da strizzare per poi essere abbandonate al tragico destino. Vogliamo così invitare tutti i movimenti, comitati e associazioni a riunirsi sotto un'unica bandiera, la quale dovrà essere portatrice di comuni principi e obiettivi, ricominciando le lotte come prima, più di prima, contro i Riva che insieme allo Stato sono responsabili del disastro ambientale e sociale di Taranto.
È ora di ritornare a 'camminare con la schiena dritta' a rivendicare i nostri diritti 'umani' i quali troppo spesso sono stati violati in favore del guadagno-profitto dei Riva e dello Stato italiano.
Chiediamo a tutte le forze cittadine, regionali e nazionali di essere partecipi attivamente in maniera concreta continuando 'insieme' a sostenere con ogni mezzo necessario il nostro 'no' alla legge 'licenza di uccidere' e anche per pretendere garanzie reali sulla monetizzazione del danno da disastro ambientale che la nostra Taranto ha subito e continua a subire. Paghino tutti i responsabili!
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