Il premier Matteo Renzi torna sul ponte, nel senso che, con una mossa da prestigiatore, torna ad estrarre dal cilindro la sorpresa: in Sicilia c’è bisogno del ponte sullo stretto di Messina e si farà, “state certi che si farà”. Lo ha detto nel corso di una intervista rilasciata a Bruno Vespa (!?) per il nuovo libro del conduttore che, non si dimentichi, ha fatto firmare in tv a suo tempo a Berlusconi il patto con gli italiani. E, siccome a Messina manca l’acqua, si è premurato di premettere che... prima del ponte si porterà l’acqua alla città. Ora...di fronte a tutto ciò si può, è legittimo, gridare a squarciagola l’indignazione che monta. Sì, si può. Perchè se c’era ancora un limite, questo è stata abbondantemente oltrepassato. «Non bastavano i regali alle lobby delle fonti fossili e degli inceneritori, ora rassicuriamo anche chi vorrebbe guadagnare dalla realizzazione di un’opera tanto faraonica (soprattutto nei costi) quanto inutile» ha detto il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza. «Il Premier sa bene, e lo dice, che le emergenze italiane sono ben altre – ha continuato Cogliati Dezza - Perché allora continua a sostenere le lobby del ‘900 e le loro idee vecchie e superate? Che tipo di Paese ha in testa realmente? Le sfide del futuro richiedono ben altro approccio. Dall’impegno per una diffusa rigenerazione urbana al consolidamento delle rinnovabili, dalla mobilità sostenibile alla promozione della chimica verde e dell’agricoltura di qualità, dall’ottimizzazione della raccolta differenziata alla messa in sicurezza del patrimonio edilizio scolastico fino alle infrastrutture ferrioviarie e portuali necessarie. Non c’è bisogno di opere inutili per far crescere l’Italia».
«Tre anni fa il futuro premier bocciava il Ponte sullo Stretto, auspicando che quella montagna di denaro pubblico necessaria – 8 miliardi di euro - fosse indirizzata piuttosto a realizzare nuove scuole e a migliorare quelle esistenti. Erano parole sensate quelle di allora, ma oggi purtroppo Renzi ha fatto una spericolata inversione a U, e non possiamo che augurarci che sia la sua ennesima promessa non mantenuta». Lo dichiarano gli esponenti di Green Italia Fabio Granata, Anna Donati e Annalisa Corrado. «Gli italiani – continuano gli esponenti ecologisti - credevano che quello del Ponte fosse un capitolo chiuso, perché di fronte ad un Paese costantemente piegato dal dissesto idrogeologico, con infrastrutture che collassano per il maltempo e situazioni come quelle di Messina indegne di un paese civile, anche solo parlare di Ponte sullo Stretto è uno schiaffo alla realtà. La realtà è quella dei cittadini dell'Aquila ancora sfollati, quelli della Liguria che passano da un alluvione con smottamenti e morti a un piano casa tutto cemento, o il popolo inquinato di Taranto e di Crotone.
Dopo le trivelle, gli inceneritori, le autostrade, mancava solo il Ponte assurto a ‘nuovo simbolo per l’Italia’ per dimostrare che il premier crede che le ricette da boom economico degli anni 60 siano ancora attuali, mentre c’è un mondo che va in un’altra direzione».
«In un territorio devastato, caratterizzato da disastri ed emergenze di ogni tipo, in un Paese bloccato, incapace di affrontare con strumenti e risorse adeguate le vere sfide del futuro, torna in auge l’idea, il mito del ponte sullo Stretto. Cosa dire, cosa rispondere al premier Renzi? Nulla. Semplicemente ricordiamo un documento del 28 febbraio 2013, firmato dalle più importanti associazioni culturali e ambientaliste italiane». Sono le parole di Leandro Janni, presidente regionale di Italia Nostra Sicilia. «Di straordinario il ponte sullo Stretto di Messina ha solo il tempo e i soldi sprecati per un’opera insostenibile dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico. Il progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina è stato elaborato da Eurolink SpA e considerato talmente lacunoso dalla Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale da far avanzare la richiesta, il 10 novembre 2011, di ben 223 integrazioni su tutti gli aspetti nodali (strutturali, trasportistici, economico-finanziari, geologici, idrogeologici, naturalistici, paesaggistici, relativi alle emissioni atmosferiche, ai rumori e alle vibrazioni), a cui Eurolink non è ancora riuscita rispondere esaurientemente. È bene ricordare questi aspetti, ma anche che qualcuno da oltre 10 anni pensa di costruire, in una delle aree a più alto elevato rischio sismico del Mediterraneo, un ponte sospeso, ad unica campata di 3,3 km di lunghezza, sorretto da torri di circa 400 metri di altezza, a doppio impalcato stradale e ferroviario (quando allo stato attuale delle conoscenze tecniche il ponte più lungo esistente al mondo con analoghe caratteristiche è quello del Minami Bisan-Seto in Giappone, di 1118 metri di lunghezza). Le associazioni ambientaliste sono convinte che il ponte sia tecnicamente irrealizzabile, ma a queste considerazioni si deve aggiungere che si tratta di un’opera che ad oggi verrebbe a costare da sola, a preventivo 8,5 miliardi di euro (pari ad oltre mezzo punto di PIL), che non è sostenuta da un Piano economico-finanziario che ne dimostri la redditività e l’utilità, mentre ben altri sono gli investimenti necessari e urgenti per lo sviluppo del Mezzogiorno. Le associazioni ambientaliste, grazie al lavoro volontario e gratuito di oltre 30 studiosi ed esperti, hanno a suo tempo presentato 138 pagine di Osservazioni rilevando che nel progetto definitivo presentato da Eurolink:
1. Viene garantita l’invulnerabilità del manufatto per azioni sismiche fino a 7,1 Richter escludendo in maniera ascientifica che ci possa essere un sisma di maggiore energia in una zona di rischio molto elevato, considerata tra le più in pericolo del Mediterraneo;
2. Nei calcolo dei materiali da scavo viene dimenticato il conteggio di 3,5 milioni di metri cubi di materiali scavati o movimentati;
3. Non è stata ancora elaborata una valutazione di incidenza credibile sulle 13 aree di pregio naturalistico tutelate dall’Europa;
4. Sono considerate “trascurabili” le modifiche apportate all’opera principale nel progetto definitivo, che vedono: a) un incremento dell’altezza delle torri di 17 m. (giunte a 400 m di altezza) per sollevare l’impalcato sino ad 80 metri sul livello del mare; b) lo spostamento della torre sul lato Calabria, c) la variazione del tipo d’acciaio e quindi il peso delle funi e delle strutture portanti d) il cambiamento dell’altezza dell’impalcato del viadotto Pantano lato Sicilia;
5. Sono state presentate analisi trasportistiche insufficienti ed elaborati progettuali incompleti da cui emerge che a 25 anni dalla realizzazione dell’opera ponte si registrerebbe un traffico pari a 11,6 milioni di auto all’anno per un’infrastruttura dimensionata per 105 milioni di auto l’anno, con un grado di utilizzo, quindi, dell’11% circa».
Tra gli oltre 30 esperti che hanno lavorato con le associazioni ambientaliste troviamo: Emilio Di Domenico, professore ordinario di Oceanografia biologica, Università di Messina; Gaetano Gargiulo, Ordinario di Botanica, Università di Messina; Lucrezia Genovese, Primo Ricercatore CNR, IAMC, Sezione di Messina; Salvatore Giacobbe, Associato di Ecologia, Università di Messina; Domenico Gattuso, professore ordinario di Pianificazione dei trasporti della Facoltà di Ingegneria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria; Giuseppe Gisotti, geologo, presidente della Società Italiana di Geologia Ambientale; Alessandro Guerricchio, geologo, già professore ordinario Università della Calabria; Gioacchino Lena, geologo, vice presidente SIGEA; Piero Polimeni, ingegnere pianificatore, esperto di cooperazione e sviluppo locale; Guido Signorino, professore ordinario del Dipartimento Economia, Statistica e Sociologia dell’Università di Messina; Stefano Sylos Labini, geologo, ricercatore ENEA; Carlo Tansi, geologo, professore incaricato, Università della Calabria; Mario Tozzi, geologo, primo ricercatore C.N.R.; Vincenzo Vacante, professore ordinario di Entomologia agraria Facoltà di Agraria, Università Mediterranea di Reggio Calabria; Claudio Villari, ingegnere; Alberto Ziparo, professore del Dipartimento di Urbanistica e pianificazione del Territorio dell’Università di Firenze.
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