«Ancora una volta si sceglie la via delle armi e dello scontro militare per far fronte a una situazione di crisi internazionale che invece ha assoluto bisogno di una de-escalation militare guidata da una decisa azione politica e diplomatica. Come non vedere i nessi, i collegamenti e la saldatura tra le diverse crisi e guerre (Ucraina, Israele, Palestina, Sirilia, Libia, Kurdistan…) che stanno incendiando i confini europei e le relazioni con il resto del mondo»:lo afferma la Rete Pace e Disarmo in una nota che esprime grande preoccupazione. «Inoltre, il fatto che che queste decisioni vengano prese dal Governo senza un dibattito con voto alla Camera e al Senato rappresenta una riduzione dell’agire democratico e del ruolo del Parlamento, in quanto organo costituzionale di sovranità popolare - prosegue la Rete - Le stesse recenti dichiarazioni del ministro Tajani indicano la necessità di un confronto parlamentare, perché chiariscono come non si tratterebbe di un semplice prolungamento dell’attuale pattugliamento nell’area, già approvato, ma di un’azione potenzialmente offensiva, con regole di ingaggio poco chiare (si parla di una non meglio precisata “difesa attiva”). Il tutto in un teatro in cui è facile provocare incidenti. Una scelta che si sta assumendo, lo ribadiamo, senza nemmeno tentare un’azione diplomatica volta alla protezione dei mercantili italiani o del commercio internazionale e senza adeguata copertura delle Nazioni Unite secondo il diritto internazionale».
La Rete Italiana Pace Disarmo «sottolinea inoltre come la pur legittima idea di preservare i flussi di commercio internazionale non possa essere considerata più importante degli sforzi per preservare la Pace e per arrivare a una soluzione condivisa che diminuisca e metta fine ai conflitti nell’area, e di conseguenza sia anche favorevole per l’economia globale. L’Italia si sta attivando con rapidità e decisione, addirittura mettendo in campo forze militari, solo perché ora vengono messi in pericolo i nostri interessi economici, ma non ha mai cercato di attivarsi in maniera concreta quando ad essere in pericolo, con una delle più gravi crisi umanitarie degli ultimi anni, erano i civili che stanno subendo il conflitto in Yemen. Non possiamo continuare ad ignorare i diritti e la voce dei più deboli solo per allinearci alle necessità dei più forti».
«Ulteriore preoccupazione è data dall’intenzione del Governo, esplicitata tramite un disegno di legge recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri, di modificare la normativa legata alle Missioni militari all’estero, per permettere più facilmente il dispiegamento di forze armate in maniera repentina e senza gli opportuni passaggi parlamentari - prosegue la Rete - Il Governo cerca quindi di rendere ancora più inefficaci la trasparenza e il controllo politico su un tema rilevante come quello delle Missioni militari, già messo a dura prova dal non rispetto delle procedure e delle prescrizioni attualmente in vigore nell’ambito della legge 145/2016. Al posto di favorire decisioni poco ponderate e che portano a un avventurismo militare pericoloso, bisognerebbe prevedere meccanismi che decidano Missioni militari solo in casi strettamente necessari e per motivazioni legate al mantenimento dell’ordine e del diritto internazionale. Non certo a favore di interessi, soprattutto legati ai combustibili fossili come negli ultimi anni, che rischiano di pregiudicare la pace mondiale e portano instabilità. Se la tendenza e le scelte di intraprendere azioni militari di fronte ad ogni crisi, di investire sul riarmo e sulla mobilitazione dei riservisti, allora il Governo ha deciso di investire sulla guerra e non sulla pace. Riteniamo dunque che sia sempre più urgente mobilitarsi per far emergere la pericolosità di quanto sta accadendo e i rischi di scivolare, senza averlo nemmeno deciso, dentro ad una guerra globale senza l’approvazione del Parlamento, e contro la volontà degli italiani. È già successo nel 1915 e sappiamo bene come sia andata a finire. Invitiamo dunque tutte le forze politiche a considerare seriamente i rischi e a rispondere alla volontà degli italiani e delle italiane, bene espressa da recenti sondaggi che evidenziano come nettamente minoritaria la posizione di sostegno ad azioni militari nell’area. Fermatevi prima che sia troppo tardi».