Un'intera fattoria storica basata sulla produzione di latte vaccino con il metodo convenzionale viene riconvertita in azienda agricola biologica nel passaggio di gestione dal padre al figlio. Nel 2008 viene ufficialmente chiusa la ditta paterna dopo essere stata completamente assorbita nei terreni e nelle strutture dalla giovane azienda agricola biologica. A livello di garanzie viene assicurato un biologico al 100% in cui tutti i prodotti sono certificati da un ente riconosciuto dal ministero, sono etichettati e distinti tra la produzione propria e quella acquistata al mercato ortofrutticolo di Padova, dove esiste una cooperativa di agricoltori biologici socia dell'azienda.
Oltre alla salvaguardia della salute delle persone data dalla promozione di un'alimentazione naturale, c'è anche un impegno verso la tutela dell'ambiente. Infatti in risposta al cambiamento climatico che è in corso, decisamente visibile nei campi, si stanno adottando dei metodi produttivi meno intensivi e più integrati, attraverso la messa a dimora di numerosi alberi, la policoltura e il poliallevamento. In fattoria è stato necessario aggiornarsi e aggiornare le produzioni per adattarsi al drastico cambio di rotta con cui tutti i contadini avranno a che fare nei prossimi decenni.
Per adesso la produzione si basa su 103 varietà stagionali di ortaggi (con ortaggi tipici quali: "broccolo fiolaro" e "radicio da campo"), 7 varietà di cereali e, a livello di frutta, kiwi e fragole. Inoltre vengono allevati polli, capponi, faraone, tacchini, galline ovaiole, maiali e asini tenuti allo stato semibrado. L'azienda confeziona anche prodotti trasformati nel proprio laboratorio, come conserve, verdure pronte, marmellate, crauti, insaccati vari di maiale e macellazione di avicoli, mentre altri vengono trasformati presso terzi, ma con materie prime aziendali, per esempio con farine di frumento di una varietà vecchia e in disuso.
«Il 96% del fatturato – inizia Paolo, titolare dell'azienda – deriva dalla vendita diretta al consumatore finale tramite lo spaccio aziendale, aperto nel 2003, (70%) o tramite l'e-commerce con le consegne a domicilio (30%). Poi riforniamo anche qualche piccola mensa scolastica e qualche Gas. La vendita è integrata da prodotti di produttori terzi locali e non, con cui siamo in rete (mele dalla Val di Non, miele locale, succhi di frutta locali, vino locale). Altri prodotti, ad esempio le banane, sono del commercio equo-solidale e comunque bio».
Oggi, però, si pone un problema nuovo: dato che attualmente i grossi produttori/distributori si sono messi a speculare sul biologico, è necessario capire da che cosa è data realmente la qualità del prodotto, ovvero quali sono le caratteristiche che contraddistinguono un vero produttore bio, che permettono all'utente di avere garanzie certe.
«Dopo il servizio delle Iene – afferma Paolo – ho notato ancora una volta che c’è una gran confusione su che cos’è il biologico. Io dico sempre come premessa: l’alimento biologico non è un prodotto naturale e incontaminato. La legge europea del biologico definisce un “disciplinare di produzione” in cui sono previste sostanze che si possono usare e sostanze proibite nella coltivazione. Tuttavia il prodotto agricolo è ottenuto nel pianeta Terra con l’aria e l’acqua che normalmente ci sono. Il regolamento non prevede di piantare l'insalata a una distanza minima dalla statale o da un industria. Si danno solamente indicazioni precise su quali interventi e trattamenti sono ammessi o meno su quell’insalata. Pertanto tutto ciò che non avviene per mano diretta dell’agricoltore non è legiferato e, se non si adottano le opportune precauzioni, sono sempre possibili piccole contaminazioni. Ed è proprio a questo punto che entra in gioco l’etica. Il produttore che è arrivato all’agricoltura biologica tramite un percorso interiore ha compiuto delle scelte negli anni che lo proiettano verso un mondo e uno stile di vita molto più ampio. Pertanto, ad esempio, non andrà a piantare gli ortaggi nelle vicinanze di strade trafficate perché in prima persona non lo ritiene coerente. Di solito questi produttori aprono le loro aziende ai consumatori, ed essi possono toccare con mano come avviene la produzione. Nelle grandi imprese, in cui appunto il percorso interiore non è avvenuto, magari si limitano a seguire le indicazioni del disciplinare. Quindi ritengo che a fare la differenza tra un “alto biologico” e un “basso biologico” sia proprio la mente. Si badi bene che a questo punto è proprio il consumatore che sceglie come sia prodotta la sua insalata e che gestisce la sua “insicurezza alimentare”, scegliendo chi la produce. Sono quindi convinto che il consumatore che può guardare direttamente negli occhi il produttore abbia l’arma più forte che ci sia».
Attualmente l’azienda (http://www.alconfin.it/) occupa, oltre a Paolo e i suoi instancabili genitori, altri tre dipendenti a cui si affiancano per diversi mesi all’anno, stagisti e i ragazzi provenienti dai progetti della fattoria sociale. Quelli attualmente in corso sono rivolti ai giovani che nell’ambito agricolo stanno trovando un modo per crescere. Purtroppo sono molto limitati per il fatto che i servizi sociali non hanno più fondi.
«Abbiamo in corso per queste persone un inserimento lavorativo che dura da 6 anni – spiega Paolo – e possiamo proprio dire che l’affiancamento alle attività agricole permette a questi ragazzi di proseguire il loro percorso evolutivo con una certa serenità. Ci interessa anche avvicinare le persone alla terra perché la carenza di questo legame innato e silenziato crea secondo me numerosi problemi. A questo sono rivolti anche i progetti della fattoria didattica, che si intrecciano con l’aspetto sociale. I centri estivi e invernali, i sabati didattici e gli incontri informativi che ospitiamo, vengono incontro ai bisogni delle famiglie e cercano di supplire in parte alle carenze del servizio pubblico».
Infatti il punto fondamentale, sostiene Paolo, è «coinvolgere il più possibile le persone e le famiglie perché quello che è stato un po’ lasciato andare, a mio parere, è la coscienza alimentare. Oggi le persone mangiano fuori casa per uno o più pasti al giorno e di conseguenza la coscienza alimentare difficilmente può essere coltivata, ma noi ci ricarichiamo con quello che mangiamo e ogni forchettata è intrisa di: salute o malattia, storia e tradizione o multinazionali, reddito o speculazioni, petrolio per la produzione-lavorazione-distribuzione, biodiversità o omologazione, piccoli produttori di aree marginali o aziende agroindustriali, rispetto dell’ambiente o rispetto del bilancio aziendale ecc.».
Pertanto l'azienda organizza due volte all’anno l'iniziativa “Fattoria aperta” in cui le persone fanno una passeggiata guidata tra i campi. Poi si cerca di tenere vivo l’interesse con serate a tema, eventi organizzati in fattoria come il solstizio d’inverno, “brusa la vecia” (evento della tradizione contadina durante la quale diamo fuoco a delle ramaglie) agli inizi dell’anno o lunghe passeggiate invernali a passo d’asino. Sono anche in programma dei corsi per hobbisti su l’orticoltura familiare domestica e l’allevamento familiare domestico tenuti da Paolo.
Tuttavia ormai ci siamo allontanati dalla dimensione di vita nella natura, la scelta di un ritorno spaventa ed è un'incognita per le persone cresciute in un ambiente artificiale. Nonostante questo, a livello di reazioni indicative – spiega Paolo – «i bambini sono coloro che meno dimostrano un impatto significativo nel rapportarsi con l'ambiente naturale della fattoria. Per loro è infatti un approccio spontaneo dettato dalla curiosità, dalla voglia e necessità di sperimentare e conoscere ciò che li circonda, nonché dal voler essere protagonisti attivi della loro quotidianità».
Infatti gli stimoli educativi e didattici in una struttura quale la fattoria, risultano essere numerosi e dinamici in quanto in costante evoluzione e connessione con tutti i fattori che nella fattoria stessa interagiscono. Questo ha permesso di creare percorsi educativi e di divertimento in costante evoluzione incontrando l'interesse dei bambini e degli adulti.
«Attualmente – spiega Paolo – sono in corso i “sabati didattici”: i bimbi che sono a casa da scuola il sabato mattina vengono in fattoria e svolgono i compiti per casa in uno-due ore e poi si divertono in laboratori di falegnameria, panificazione, eco addobbi natalizi ecc. Tali attività sono poi riproposte ai genitori in formato diverso. In programma ora abbiamo una serie di quattro serate in cui ogni serata vengono a parlare esperti di diverse metodologie pedagogiche: la scuola steineriana, la scuola del metodo Reggio Children, la scuola delle abilità umane di Podresca e la scuola Montessoriana. Capita però di parlare del ritorno alla terra e mi spavento molto quando vedo che maestre e insegnanti si preoccupano davanti a questo problema che invece per me è una ghiotta opportunità per riprendere in mano la propria vita, sfuggendo dagli standard e dalle impersonalità. Infatti da studente delle scuole medie e superiori ho sempre avuto un piccolo angolino di terra su cui mi cimentavo con la semina e la coltivazione di varie piante o provavo l’allevamento di qualche animale rurale; ho sempre preferito la campagna alla televisione!».
Inoltre cosa c'è di meglio che costruirsi la casa per prendere in mano la propria vita? Infatti il nuovo obiettivo della fattoria è realizzare una costruzione in paglia, legno, calce e argilla.
«La mia esigenza iniziale – afferma Paolo – era che la casa doveva essere una costruzione che viene dalla terra e sulla terra ritorna. Quindi credo che una casa debba essere, se necessario, smontabile e che tutti i materiali debbono poter essere usati per costruirne una nuova o reinseriti nella filiera agricola. Ovviamente questo non è ancora interamente possibile, ad esempio negli impianti, ma possiamo avvicinarci molto. Aumentando l’efficienza dell’involucro si abbassa la quantità d’impianto necessaria».
La scelta della paglia è motivata dal fatto che si abbina facilmente a materiali completamente naturali ed è un sistema costruttivo economico e di rapida esecuzione.
«La struttura portante in legno, il tamponamento in paglia, l’intonaco di calce o terra cruda – spiega Paolo – creano un ambiente sano e piacevole da abitare, senza emissioni dannose per la salute, con una piacevole autoregolazione dell’umidità, una grande inerzia termica che significa bassi consumi energetici e quindi poche spese di gestione. La tecnica costruttiva è semplice, adatta anche all’autocostruzione e quindi l’intera famiglia, anche allargata, può adoperarsi per la costruzione della casa, che può figurativamente rappresentare la vita, la famiglia! Crediamo pure che agli occhi dei nostri figli vedere mamma e papà che si costruiscono la casa sia una radice piantata profondamente nella storia della loro vita, un legame che servirà loro anche quando avranno quarant’anni».
L’edificio in paglia ha elevate prestazione termiche e acustiche, raggiungibili nell’edilizia normale con innumerevoli accorgimenti e strati. Offre pure un comfort abitativo elevato. Rischia pure di essere più economica di una casa convenzionale di pari prestazioni.
«Tutto questo – continua – lo abbiamo già visto nella parte completata che è la sala per le attività didattiche e sociali dell’azienda. Siamo molto soddisfatti del risultato, l’edificio risulta in classe A+, la sensazione di benessere che si prova entrando è notevole, gli utenti sono soddisfatti come noi e questo ci dà forza per proseguire. La casa vera e propria verrà costruita a partire da gennaio 2015 e sarà interamente realizzata senza cemento, anche nelle fondazioni. La struttura portante sarà di legno massiccio e quindi senza le colle. I tamponamenti in paglia saranno intonacati a calce e con la terra cruda. I serramenti saranno in legno, ogni materiale è stato scelto con criteri di ecologia e km 0, con un occhio ai costi e alla semplicità di realizzazione. Una vera sfida per noi!».
Commenti