di
Claudia Bruno
18-02-2011
Firmato ieri a Palazzo Chigi a Roma il protocollo d'intesa che contiene il piano di sviluppo e ricostruzione delle aree abruzzesi colpite dal terremoto. Al cuore del provvedimento investimenti in servizi e infrastrutture turistiche. Tra queste una maxi-stazione sciistica che collegherà Ovindoli e Campo Felice: la più grande dell'Europa meridionale. Ma la crisi non si risolve a colpi di grandi opere.
Rilanciare l'economia abruzzese e valorizzare il territorio colpito dal terremoto il 6 aprile 2009. Negli ultimi due anni questa frase l'abbiamo sentita un'infinità di volte in bocca ad amministratori nazionali e locali, imprenditori e protezione civile. Adesso, dopo tanti tentativi, arriva la soluzione finale. Una trovata a dir poco discutibile per tutti coloro che hanno a cuore la tutela del territorio e del paesaggio. Proprio ieri si è deciso infatti di approvare un progetto per la realizzazione di un'opera mastodontica nel cuore di un'area che include parchi naturali ritenuti di valore regionale e nazionale. Si tratta di un maxi-impianto sciistico che collegherebbe le piste di Ovindoli e Campo Felice, così da dar vita alla "più grande stazione sciistica dell'Europa meridionale" come è già stata definita.
La grande opera in questione è inclusa tra gli obiettivi previsti dal protocollo d'intesa firmato ieri a Palazzo Chigi a Roma dal Commissario delegato per la Ricostruzione, e Presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, alla presenza del sottosegretario Gianni Letta e dal Cnel. A firmare sono stati anche la Provincia e il Comune dell'Aquila e poi i Comuni di: Ovindoli, Lucoli, Rocca di Cambio. Non solo, a dare il benestare al provvedimento sono stati anche i Parchi, nello spacifico: il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, e quello regionale Sirente-Velino.
In realtà il protocollo prevede una serie più ampia di interventi che coinvolge una vasta parte del territorio abruzzese e che vede al centro "il rilancio, lo sviluppo e la valorizzazione del Comprensorio ambientale-turistico del Gran Sasso aquilano, compreso tra Montecristo e Campo Imperatore, e del Comprensorio ambientale-turistico del Velino-Sirente, compreso tra la Piana di Campo Felice, l'altopiano delle Rocche e il compendio montano della Magnola". Si tratterebbe, in pratica, di produrre nei prossimi anni 200 milioni di investimenti consegnando le bellezze montane in mano al marketing del turismo privato
L'Aquila, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, Ovindoli, Lucoli e San Demetrio ne' Vestini, i comuni coinvolti direttamente dalla ristrutturazione turistica del paesaggio.
"Si tratta di un piano di marketing territoriale che apre la strada agli investitori con un potente effetto moltiplicatore" spiega lo stesso Chiodi, che insiste sul fatto che ricostruzione non significa soltanto ricostruire case ma soprattutto puntare su nuove infrastrutture e servizi che risultino appetibili e in grado di attrarre sempre più visitatori estivi e invernali (quindi piste da sci, impianti di golf, parcheggi e infrastrutture di ospitalità e aree attrezzate per attività ricreative).
Ci viene da chiederci se i cittadini dei Comuni che hanno firmato l'intesa saranno contenti della decisione presa dai loro amministratori, visto che al centro della questione ci sono le esigenze dei turisti e non le proprie. Il rischio è quello di consegnare un territorio nelle mani di speculatori privati i cui interessi, come ben sappiamo, poco hanno a che fare con la cura del territorio.
Vogliamo sperare che tra gli intenti dei firmatari sia al primo posto la tutela degli ecosistemi e del paesaggio, anche se ogni volta che si parla di grandi opere risulta difficile da credere.
Altrimenti, significherebbe che a salvare l'Abruzzo dalla crisi post-terremoto ci penserà direttamente il business del turismo, e allora visto che la terra ha buttato giù tutto tanto vale far tabula rasa e trasformare il territorio in un grande parco divertimenti per chi viene da fuori.
Come direbbe Naomi Klein, questa si chiama shock economy.