Il domatore di un circo muore sbranato da quattro tigri. È accaduto qualche giorno fa, l’ultimo incidente in ordine di tempo. Ci sono anche i toreri, i turisti che si recano ogni anno alla corsa dei tori di turno, gli appassionati delle tradizioni che desiderano sentire l’adrenalina che scorre nelle vene, i cacciatori per sport, gli amanti di animali esotici in salotto. Ogni anno morti e feriti. Al circo e fuori dal circo. Perché i morti e i feriti ci sono sempre. Noi ne parliamo solo quando sono gli umani a rimetterci la vita ma, in percentuale, questo succede molto poco se confrontato alle condizioni di vita e di morte degli animali sacrificati per il nostro divertimento.
I domatori amano davvero i loro animali come dicono? Credo di sì. Anche per aver parlato con la gente del circo, aver visto la loro vita e sentito le loro istanze. E’ un po’ come amare i nostri cani e tenerli legati, al guinzaglio, costringerli a ubbidire in una vita di umiliazioni e di violenze (ho visto personalmente comportamenti simili da parte di grandi amanti degli animali, vegani e antispecisti). Naturalmente è per il bene loro. “Loro”, degli animali. E’ per educarli, per renderli tranquilli e mansueti. E’ un po’come amare i cavalli senza sapere come vengono addestrati per poterci permettere di fare le passeggiate a cavallo nella natura incontaminata. E’ un po’ come occuparci dei nostri gatti condannandoli al sesto piano di un palazzo di città per tutta la vita. E’ che sono gatti da appartamento. E stanno bene così...
E’ un po’ come trasferire sui nostri animali tutte le nostre mancanze, i nostri fallimenti sentimentali e affettivi e caricarli di responsabilità che non hanno. E’ un po’ come fare classifiche e stilare priorità su chi siano gli animali da compagnia, quelli da divorare, quelli da divertimento. Poi uccidere gli uni per nutrire gli altri. O, meglio, far uccidere da qualcun altro gli uni per nutrire gli altri. Noi non li uccideremmo perché amiamo gli animali.
I domatori amano i loro animali? Noi amiamo i nostri gatti detenuti a vita, cani al guinzaglio, criceti sulla ruota, pesci in due litri d’acqua, tartarughe in appartamento, uccelli e uccellini nelle gabbie senza mai poter volare? Penso di sì. Li amiamo così tanto da spendere cifre astronomiche in cibo inscatolato, medicinali, visite veterinarie, cappottini e castrazioni. Perché li amiamo.
Così i domatori di circo. Chiedersi se sia giusto imprigionare animali selvatici fatti per vivere liberi è difficile quando quegli stessi animali sono nati in cattività, quando li si è visti crescere, li si è curati, addestrati. Spesso, poi, quel rapporto rappresenta la vita, il lavoro, riuscire a sbarcare il lunario. C’è la passione. E l’amore per gli animali. Naturalmente.
Nessuno di noi è innocente in questo senso. E il nostro atteggiamento nei confronti di ogni animale con cui abbiamo a che fare è, in qualche misura, violento. Dal nostro abbigliamento alla provenienza del cibo animale che abbiamo nel piatto, alle nostre scarpe, allo sport che decidiamo di praticare, al modo di divertirci, ai sistemi con cui decidiamo di difenderci da loro. Nessuno di noi è innocente.
Non è violento ciò che ci spinge a guardare le tigri in gabbia tutte intorno al domatore? Non è forse quel rischio di vedere un attacco? Il sangue, l’adrenalina, il trionfo del ferino sull’umano, non sono forse queste le ragioni? Su You Tube i video di domatori attaccati o sbranati da fiere registrano milioni di visualizzazioni. Con relativi telefonini puntati sulla scena e urla eccitate solo al pensiero di aver qualcosa da raccontare agli amici. Perché, se non è questo, è allora quel godimento che sentiamo quando riusciamo ad esercitare il nostro dominio su un animale più forte di noi che è stato, per questo, umiliato e costretto ad esibizioni innaturali e pericolose? O, se non è questo, cosa ci diverte esattamente? Cosa ci fa stare bene? Che cosa vogliamo insegnare a un bambino quando lo facciamo assistere a uno spettacolo con gli animali o quando alleviamo insieme a lui un animale in casa? Che significa quando ci diciamo di amare gli animali?
Fabio Di Rosa, un poeta romano di grande sensibilità e bellezza, alla mia domanda su cosa fosse davvero l’amore mi rispose una volta: “L’amore è quello che sa rinunciare a se stesso”. Se l’amore fosse davvero quello che sa rinunciare a se stesso, quello che lascia andare e che rispetta, quello che profondamente rinuncia al desiderio di possesso e di dominio, significherebbe porci noi per primi sotto giudizio e imparare ad astenersi, a riconoscere, a ridurre, a lasciar vivere ciascun animale secondo la sua natura. Tutti. Esseri umani inclusi.