L'agenda delle istituzioni europee riflette sempre più l'indifferibilità delle questioni ambientali: tassazione sull'inquinamento provocato dai veicoli pesanti, estensione dell'emission trading system al traffico aereo e un nuovo impegno per la riduzione delle emissioni inquinanti e per il risparmio energetico. Ma gli Stati frenano.
Le linee guida per le azioni comunitarie di contrasto al cambiamento climatico e per un uso intelligente delle risorse sono state tracciate dalla strategia Europa 2020 - che mira ad incrementare del 20% il risparmio energetico e la quota di energia prodotta da rinnovabili e a ridurre del 20% le emissioni inquinanti entro il 2020 - e dalle iniziative faro per un'economia a basse emissioni di carbonio entro il 2050.
Recenti appuntamenti hanno visto le istituzioni europee impegnate a discutere e approvare misure più specifiche, rispondendo alla necessità di un'accelerazione: il 2020 è vicino e in fondo anche il 2050, considerati gli obiettivi ambiziosi in ballo.
Il settore dei trasporti rappresenta un campo decisivo per il successo dell'azione comunitaria.
Il 7 giugno scorso il Parlamento si è espresso a favore della nuova versione di Eurovignette, la direttiva che disciplina i pedaggi per i veicoli pesanti superiori alle 3,5 tonnellate, addebitando loro il costo dell'inquinamento atmosferico e acustico, in aggiunta al pedaggio autostradale, sia sulle autostrade che sulle reti di trasporto trans-europee.
Una volta approvato dal Consiglio e pubblicato in Gazzetta ufficiale, il testo dovrà essere adottato dagli Stati membri. L'Italia, tuttavia, ha annunciato che non recepirà la direttiva, che giudica penalizzante in virtù del minor transito sperimentato dal nostro Paese rispetto alle regioni più interne.
Un secondo fronte, sempre in tema di trasporti, riguarda l'inclusione del traffico aereo nel sistema europeo di scambio delle quote di CO2. Dal 1° gennaio 2012, infatti, l'inquinamento provocato dall'aviazione civile sarà soggetto alle regole dell' Emission trading system; ciò significa che le compagnie aeree europee, o che fanno scalo in Europa, saranno tenute a pagare laddove superino il tetto di emissioni stabilito.
In questo caso l'opposizione al provvedimento, che mira a stimolare gli investimenti per ridurre l’impatto ambientale dei velivoli, vede in prima fila Stati Uniti e Cina, che rifiutano di ratificare l'accordo e minacciano di procedere per vie legali o con nuove tasse a danno delle compagnie europee.
Nonostante l’enfasi sulle opportunità di occupazione aperte dall'eco-innovazione, la maggior parte dei governi continua a vedere nelle misure a difesa dell’ambiente proposte dalla Commissione un limite al proprio sviluppo economico.
Questa situazione si ripete rispetto alla volontà del Parlamento europeo di innalzare dal 20 al 30% l'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2020, che sarà discussa il prossimo 23 giugno. Il Parlamento sostiene che un taglio inferiore a questa misura abbasserebbe sensibilmente le possibilità di mantenere l'aumento di temperatura entro i 2° centigradi, ma è probabile che debba accontentarsi di un compromesso con gli Stati membri, che non sono propensi ad assumere ulteriori impegni economici per realizzare i necessari investimenti, soprattutto in tempi di politiche austere.
Senza maggiori sforzi da parte dei Paesi UE, però, anche l’obiettivo relativo al risparmio energetico potrebbe essere mancato. Lo ha detto esplicitamente lo stesso Consiglio d'Europa, in base ad un report della Commissione che quantifica gli investimenti necessari per le infrastrutture elettriche e del gas, rispettivamente, in 140 e 70 miliardi di euro fino al 2020.
Così un intero ambizioso quadro di politiche ambientali è affidato alla capacità dell’Unione di far valere le proprie indicazioni sulle volontà dei singoli governi. Per le istituzioni europee c’è in gioco la credibilità politica del progetto Europa, per le terre e le specie che dipendono dal raggiungimento di quei traguardi è questione di sopravvivenza.