di
Dario Lo Scalzo
07-02-2012
I rumeni non demordono e, malgrado il gelo, portano avanti la loro protesta contro le pesanti misure anti-crisi decise dal Governo. La tensione sociale ha portato il Premier Emil Boc ad annunciare ieri mattina le sue dimissioni. Il Capo dello Stato Traian Basescu ha già provveduto alla nomina di un premier ad interim, Catalin Predoiu.
Si è arrivati ad oltre venti giorni di protesta in Romania. Nonostante il maltempo delle ultime settimane Piazza dell’Università a Bucarest continua ad essere il centro nevralgico della protesta spontanea e pacifica di centinaia di persone.
Le temperature sotto lo zero hanno sfoltito il numero di manifestanti ma di certo non hanno raffreddato le ragioni della mobilitazione popolare contro le pesantissime misure anti-crisi, né tanto meno hanno ammorbidito le rivendicazioni popolari tra le quali la richiesta di dimissioni immediate del governo di centro-destra e di elezioni anticipate. Dunque, in un inverno rigidissimo, la gente prosegue con convinzione e perseveranza e ciò la dice lunga sullo stato di frustrazione e malessere in cui vive.
Ma andiamo per ordine con la cronistoria degli eventi delle ultimissime giornate. Le proteste, iniziate a metà gennaio per gli enormi sacrifici imposti dal Governo Boc, hanno spinto per le strade del paese migliaia di rumeni; nelle prime giornate ci sono stati gravi scontri determinati e fomentati dalle infiltrazioni di violenti e di hooligans.
Come da copione, per un verso la notizia degli scontri ha fatto da eco internazionale alla mobilitazione rumena, per un altro però ha prestato il fianco all’intervento violento della polizia che ha caricato e represso con durezza anche la maggior parte pacifica dei manifestanti, a tal punto che, nei giorni scorsi, Amnesty International ha denunciato ufficialmente il ricorso spesso gratuito alla violenza da parte delle forze dell’ordine.
La chiave di volta positiva forse è stata proprio il cattivo tempo che ha scoraggiato gli infiltrati ed ha permesso agli accorati manifestanti di continuare la protesta pacificamente coinvolgendo inoltre buona parte della popolazione in una trentina di città della Romania. Contemporaneamente una serie di episodi hanno fatto salire la tensione politica e sociale sino ad arrivare ad oggi.
Da un lato, le forze politiche d’opposizione si sono schierate opportunisticamente dalla parte dei protestanti e, inoltre, si sono recate a Bruxelles per presentare e descrivere lo stato di malcontento ed il livello di esasperazione del paese; dall’altro, la condanna a due anni di prigione per corruzione dell’ex Primo Ministro Adrian Năstase, una sentenza giunta, come per incanto, proprio nel momento in cui i rumeni, tra l’altro, sono indignati e denunciano la corruzione della classe politica.
Dopo un imbarazzante silenzio, il Premier Emil Boc dapprima stura le orecchie difendendo la necessità delle misure di austerità per il bene della nazione e, successivamente, come 'contentino' destituisce il Ministro degli Affari Esteri Teodor Baconschi, colpevole di avere insultato gravemente i manifestanti.
Troppo poco per quello che è stato definito dal politologo Cristian Pirvulescu “un autismo politico” che ha generato maggiore esasperazione tra i rumeni. In questo clima incandescente, di enorme pressione e di forti tensioni sociali, dopo lunghe concertazioni con il Presidente Traian Basescu, ieri il Premier Boc, alla guida del governo dal 2008, si è visto costretto a rassegnare le dimissioni.
Il popolo è in festa e gusta il primo trionfo della protesta pacifica di strada. Ma attenzione allo spettro del governo tecnico, strada prediletta dal Capo dello Stato Basescu che ha già provveduto alla nomina di un premier ad interim, Catalin Predoiu, per accompagnare il paese alle elezioni previste in Novembre.
Nonostante i timori per i violenti scontri iniziali che rievocavano un passato non così lontano, la partecipazione spontanea, l’attivismo pacifico, la Rete e la piazza premiano i rumeni che sono stati, almeno sinora, i protagonisti di questa evoluzione della rivoluzione.
Inoltre, lo slogan che in tutta Europa ed in altri continenti viene sbandierato dal mondo politico, supportato dai poteri forti - quello di “austerità e solidarietà” - sembra non avere 'ipnotizzato' questa popolazione, così come accaduto in altre nazioni, che dimostra come alzare la testa unitamente e pacificamente possa essere più efficace del delegare o subire passivamente. Ma questa è la storia di un altro Paese!