Il 2011 è iniziato sotto il segno delle rivoluzioni che hanno scosso il Nord-Africa. Un susseguirsi di contestazioni che hanno disegnato nuovi equilibri politico-sociali e che hanno avuto come protagonisti i giovani, a pretendere un futuro diverso in cui portare ciò che sono.
Rivoluzione, una parola che nelle sue origini latine viene ad indicare il volgersi indietro, il ritornare, il voltare. La rivoluzione degli astri descrive quel movimento che fa tornare ogni astro al punto da cui era partito. La rivoluzione è il movimento che riporta all'origine, che facendoci voltare per un secondo, offre squarci di libertà nel mostrare che ogni potere, nella possibilità del suo finire, offre infinite prospettive. E tuttavia, un astro è nell'infinito del suo tempo in rivoluzione. La rivoluzione quindi è quel movimento che consente di crescere nell'infinito consegnandosi alle origini.
Il 2011 è iniziato sotto il segno delle rivoluzioni che hanno scosso il Nord-Africa. Le proteste sono iniziate in Tunisia lo scorso 17 dicembre quando Mohamed Bouaziz, un giovane laureato tunisino che per vivere faceva l’ambulante abusivo a Sidi Bouzid, si è dato fuoco per protestare contro la polizia comunale che gli aveva sequestrato la merce. Il giovane è morto alcuni giorni dopo.
Le proteste sono continuate fino alla partenza dell’ex presidente Zine El Abidine Bel Ali, seguita dalle dimissioni dei ministri a lui legati e così venerdì 14 Sihem Bensedrine, giornalista e dissidente tunisina poteva sostenere, e retrospettivamente si direbbe a ragione, che la rivoluzione Tunisina era solo la prima scintilla di un fuoco di ribellione che di lì a poco si sarebbe esteso a tutto il mondo Arabo.
Cos’è successo quindi in Nord-Africa negli ultimi mesi? Un susseguirsi di rivoluzioni che hanno disegnato nuovi equilibri politico-sociali, inanzitutto in Egitto con l’uscita di scena di Mubarak l'11 febbraio, presidente dell’Egitto dal 1981. Il regime di Gheddafi ha iniziato in seguito a vacillare. Nel frattempo non sono mancate manifestazioni di dissenso in Algeria, Marocco e Sudan.
Anche in Medio Oriente la situazione non è stata più tranquilla: fin dagli inizi di febbraio nuove contestazioni si sono registrate in Bahrein dove un grande numero di Bahreiniti - specialmente di confessione Sciita, quella numericamente maggioritaria nel paese con il 70% della popolazione - si sono riversati per le strade delle città del Regno in maniera per lo più pacifica, chiedendo riforme per la democratizzazione del paese, il miglioramento dell’economia e la fine della discriminazione a favore della minoranza Sunnita - e in Giordania.
Il 21 gennaio scesero in piazza 5mila persone, nella capitale Amman e in altre città. Il primo segnale dato dal governo come comprensione nei confronti del popolo giordano è stato l’annuncio di un piano di 211 milioni di euro per aumentare gli stipendi. In Siria, in Egitto, in Marocco, la rivoluzione usa facebook, “la rivoluzione è giovane”.
La rivoluzone in Egitto è stata fatta dai giovani, quelli fra 25 e 35 anni, appena diplomati, e tuttavia disoccupati, frustrati, senza impiego, senza alloggio, senza prospettive di un avvenire. Il Syrian revolution for freedom and democracy è uno dei tanti gruppi su Facebook che ha letteralmente martellato tutti i suoi iscritti per una mobilitazione generale contro il regime di Assad.
Anche in Marocco è stato il movimento giovanile del 20 Février che é riuscito a divenire un attore pubblico chiave per promuovere un processo di cambiamento. Il messaggio del gruppo - diffusosi rapidamente sui social network, Facebook e Twitter - inizialmente per organizzare la giornata di protesta del 20 febbraio, ha presto raggiunto le folle. La presenza di decine di migliaia di manifestanti nelle strade del Paese ha dato forza alle rivendicazioni proposte quali la riforma costituzionale, l’accesso al mercato del lavoro e la cessazione della corruzione politica.
Ciò che è importante in ogni rivoluzione è il momento in cui si ritorna all'origine lì dove qualcosa di nuovo può essere creato che nasca dalla libertà. Si può capire allora quanto profetizzato da Sihem Bensedrine solo a gennaio. Sihem Bensedrine disse che l’ondata rivoluzionaria tunisina non si sarebbe arrestata sui confine geografici ma si sarebbe estesa.
Ad oggi notiamo come si stia effettivamente estendendo, come se non avesse limiti territoriali. Una rivoluzione che coinvolge innanzitutto i giovani. Ma allora l’ondata rivoluzionaria cresce perchè non ha la sua origine all’interno di un solo paese ma perchè è un fuoco pronto ad accendersi e che prende forza dal bisogno di ritornare alle origini dei giovani. I giovani sono i più vicini alle loro origini e coloro che più sentono il rischio di perderle. I giovani che vogliono un futuro diverso in cui portare ciò che sono, e ciò che sono è la loro origine.