Siamo alla stretta finale. Da una parte un manipolo di politici i cui interessi sono unicamente legati al mantenimento del proprio potere, appoggiati direttamente e sostenuti da aziende senza scrupoli che vedono nella natura solo una risorsa da sfruttare per il proprio profitto, anche in barba alle leggi e alle direttive europee. Dall’altra parte vi è la società civile composta da associazioni ambientaliste ma anche da docenti universitari, pescatori, insegnanti, escursionisti, ricercatori, contadini e tutte le persone sensibili agli interessi dell’ambiente e alla bellezza del paesaggio. La grande contesa sono i fiumi.
I fiumi italiani sono stati in passato uno dei luoghi nevralgici della nostra società. Interi popoli sono vissuti dei fiumi, sui fiumi ed in comunione coi fiumi, che rappresentavano una tale risorsa da rendere auspicabile vivere lungo le loro rive. Erano ricchi di pesci, la terra nelle zone di esondazione era fertilissima e, naturalmente, l’acqua era abbondante. I fiumi navigabili poi permettevano spostamenti rapidi sia per gli uomini che per le merci. Per questo nel nostro come in altri paesi in tutto il mondo lungo i fiumi sono nati insediamenti fin dall’antichità, insediamenti cresciuti fino a diventare a volte delle città più o meno grandi. Roma, Firenze, Torino, Pisa, Mantova, Aosta, solo per citarne alcune, devono il loro splendore proprio ai fiumi che le rendevano privilegiate e ricche rispetto a molte altre località.
Ma i fiumi, un tempo rispettati e venerati, non lo sono più. La civiltà moderna ha dominato, distrutto e demonizzato la natura. Se prima i fiumi erano considerati divinità benevole e generose e ne venivano rispettate le loro caratteristiche, i loro flussi stagionali, le loro zone di esondazione e alluvionali, con la civiltà industriale si comincia a rispettarli sempre di meno. Si costruisce anche nelle zone di esondazione, si abbattono i boschi ripariali, si “bonificano” le zone umide da essi prodotte o addirittura si cementificano gli alvei. Argini, canalizzazioni, sbarramenti, irreggimentazioni che in realtà portano ad aumentare la pericolosità delle piene, squilibrando tutto l’ecosistema fluviale. Anche la vita biologica dei fiumi inizia un declino che vedrà, dalla seconda metà del ventesimo secolo, l’alterazione o addirittura la completa distruzione di interi bacini idrografici.
Ed ecco infine arrivare l’opera del Consorzio di Bonifica Toscana Sud che dal 2015 realizza interventi devastanti di distruzione pressoché totale della vegetazione ripariale. Gli interventi sono massicci e comportano un’alterazione totale delle rive e dell’alveo dei fiumi. Pioppi, salici, ontani di tutte le età vengono abbattuti, non ne viene risparmiato nessuno. Sono ditte private con enormi macchinari che compiono lo scempio, entrando e uscendo a piacimento dall’alveo dei fiumi Arbia e Ombrone. Ditte che vendono legna, cippato, pellet e che hanno tutto l’interesse a tagliare il più possibile e il più in fretta possibile.
Come si legge dall’esposto “un’arbitraria ed indiscriminata opera di taglio della vegetazione ripariale, capace di compromettere ed alterare gravemente numerosi profili relativi alla sicurezza idraulica, alla difesa del suolo, alla tutela paesaggistica e alle funzioni ecologiche fondamentali legate alla capacità autodepurativa del fiume, alla conservazione generale della biodiversità, di habitat e di specie peculiari, al contrasto al riscaldamento delle acque e ai fenomeni di eutrofizzazione.
Il taglio distruttivo, inoltre, è stato realizzato mediante l’impiego di grandi macchinari in alveo, che, tra l’altro, hanno contribuito ad aggravare lo stato delle già compromesse aree fluviali, trasformando lunghi tratti di fiumi e torrenti naturali in irriconoscibili canali di scolo le cui sponde, completamente prive di alberi, sono sottoposte ad una forte erosione, con il verificarsi di smottamenti ad ogni piena e di danni ingenti alle infrastrutture adiacenti. ”
Inoltre tra le normative non rispettate figura la Direttiva 2000/60/CE, trasposta nel D.Lgs. 152/2006, che parla di fasce ripariali e di rispetto delle stesse.
Gli abitanti e gli attivisti di varie associazioni, già allarmati dalla pessima gestione della precedente amministrazione provinciale, hanno protestato, sono scesi in piazza con un corteo che ha percorso il ponte sull’Arbia, hanno raccolto testimonianze e fotografato lo scempio inviando le foto ai giornali. Più di trenta docenti e ricercatori dell’Università di Siena hanno firmato una lettera di protesta indignata e di denuncia circostanziata. Si è formato un comitato spontaneo che contesta aspramente l’operato del Consorzio di Bonifica, il quale, messo alle strette da prove inoppugnabili, ammette errori di gestione ma, paradossalmente, prosegue imperterrito nella sua opera di distruzione e, per colmo di sfacciataggine e prevaricazione, riceve anche finanziamenti regionali. Per cosa? Per piazzare sbarramenti di centinaia di metri cubi di cemento su due piccoli torrenti della provincia di Siena, il Crevole e il Crevolicchio. A quale scopo, oltre a quello di utilizzare tonnellate e tonnellate di cemento e distruggere un altro ecosistema? Questa ulteriore bella pensata ha provocato ulteriori proteste.
Il Comitato in Difesa dei Fiumi non si è scoraggiato e, a seguito di alcuni tagli a raso in tratti del fiume Arbia di alto pregio naturalistico, il 26 maggio ha inviato un esposto documentato e particolareggiato alla magistratura. I danni creati a livello ecologico sono ingenti e ci vorranno decenni prima che l’ecosistema si riprenda.
I cittadini e le associazioni sono decisi a difendere i loro fiumi. L’esposto è solo un episodio, andremo avanti con le manifestazioni, le petizioni, le denunce pubbliche, le interpellanze nelle istituzioni.
Tra i firmatari dell’esposto, oltre a decine di cittadini, figurano diverse associazioni: WWF Siena, Legambiente Siena, Italia Nostra Siena, CAI Siena, Coordinamento Merse, Mosca Club Siena.