Sbarchi. Sempre più donne e minori sulle carrette del mare

Donne, bambini e adolescenti sono numerosi anche tra i nuovi arrivati con gli sbarchi del 7 e 8 maggio. Lo conferma la Dr.ssa Viviana Valastro, coordinatrice del Progetto Praesidium, appena rientrata a Roma da Lampedusa, in alcune brevi dichiarazioni rilasciate ieri, giornata in cui si è ridestata l’attenzione per i naufragi ignorati.

Sbarchi. Sempre più donne e minori sulle carrette del mare
Anche gli operatori di Save the Children – l’Organizzazione non governativa attiva dal marzo 2008 a Lampedusa, in partnership con lo United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), l'International Organization for Migration (IOM) e la Croce Rossa Italiana (CRI), con il coordinamento del Ministero dell'Interno, nell’ambito del progetto Praesidium – hanno partecipato alle operazioni di sbarco e accoglienza degli ultimi giorni sull'isola. L’epilogo felice della tragedia che domenica 8 maggio pareva fosse stata evitata con il salvataggio all’alba di 528 naufraghi (dati forniti dalla Capitaneria di Porto nel porto di Lampedusa) dal barcone arenato sugli scogli, è sfumato ieri dopo il ritrovamento di tre corpi privi di vita incagliati sotto il peschereccio. Nulla togliendo al merito dell’impresa e del salvataggio di tante vite, la delusione è stata raggelante specie per gli autori della catena umana creata repentinamente da militari di varie armi, Vigili del Fuoco, personale della Croce Rossa e Save the Children, dell’Organizzazione per i rifugiati, dai volontari e persino da una giornalista di Adnkronos, tutti accorsi sulla costa rocciosa di Cavallo Bianco alle 4.10 del mattino, dove s’era incagliato un barcone già soccorso al largo alle 3.00, dalla nostra Guardia di Finanza, e trainato fino in prossimità degli scogli. A soli dieci metri dal litorale, la catena del timone si è spezzata provocando l’incidente con la caduta in mare dei passeggeri e il disperato soccorso prestato dagli astanti il porto per circa due ore. Poco dopo l’accaduto, Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children in Italia, ha dichiarato in un comunicato stampa che “non possiamo continuare ad assistere a tragedie del mare come quella che si è verificata ieri sulle coste libiche, causando la morte di decine di uomini, donne e bambini, e ai tanti altri naufragi che si stanno consumando senza che neanche lo si venga a sapere”. Ancora nella giornata di ieri, infatti, scoppiava la querelle tra la Nato e il giornale britannico Guardian, che ha pubblicato la notizia di una traversata tentata nel Canale di Sicilia tra fine marzo e inizio aprile da 72 migranti nord africani, conclusasi mestamente per il mancato soccorso (tuttavia ancora da dimostrare) da parte di una portaerei NATO, con la morte in mare di 61 persone. Venti donne e due bimbi piccoli, uno dei quali di un anno appena, erano a bordo del natante. Le donne, i bambini e gli adolescenti sono numerosi anche tra i nuovi arrivati del 7 e 8 maggio. Lo conferma la Dr.ssa Viviana Valastro, coordinatrice del Progetto Presidium (relativo a tre territori, Sicilia, Puglia e Marche), appena rientrata a Roma dall’isola. In alcune brevi dichiarazioni rilasciate ieri al nostro giornale, la Valastro precisa che “un dato ponderato statisticamente è ancora da elaborare, ma l’aumento è senz’altro una tendenza degli ultimi gruppi di migranti”. Tra le 1.034 persone identificate e presenti a Lampedusa lo scorso sabato, 91 erano minori non accompagnati e 14 con familiari. Nei due sbarchi della giornata è arrivato un totale di 833 persone di cui 101 donne e 17 bambini. E sempre secondo i dati di Save The Children, tra i 798 arrivati nella notte, erano 138 le donne e 16 i bambini, senza contare i 528 tratti in salvo a seguito del naufragio sugli scogli, tra cui erano numerosi le donne, i bambini e gli adolescenti. “Molti profughi provenienti dalla Libia sono lavoratori originari dall’Africa sub-sahariana, dal Pakistan e dal Bangladesh, ma le procedure per l’identificazione degli ultimi arrivati a Lampedusa sono ancora in corso”, ci dice la Dr.ssa Valastro. Ricordando tuttavia che i minori, giacché tali, hanno diritto a restare qualunque sia la loro cittadinanza, quelli di cui parliamo, non possono essere espulsi. Il primo passo è identificarli, stabilirne il paese d’origine e l’età. È facile intuire la difficoltà di quest’operazione, specie per gli adolescenti. La procedura si basa su una dichiarazione del minore, che spesso, anche per lo shock del viaggio, non riesce a fornire dati esatti, oppure sull’esame medico, come quello basato sulla misurazione del polso o su un approccio multidisciplinare, preferito – ci dice la Dr.ssa Valastro - da Save the Children che propende comunque per la presunzione del dubbio a favore della minore età. Che ne sarà di questi minori, specie di quelli senza un familiare accanto? Secondo il Progetto Praesidium, andrebbero dislocati nelle comunità di Sicilia, Puglia e Marche, gestite da soggetti titolari dell’iscrizione all’albo regionale e già attivi nel settore dell’accoglienza ai minori. L’organizzazione dovrebbe seguire il modello familiare previsto dalla normativa nazionale e regionale e, in alcuni casi, avvalersi della collaborazione di personale e consulenti esterni. Tramite comunicato stampa, inoltre, Save the Children rinnova l’appello ad aprire urgentemente corridoi umanitari in Libia e a mettere al primo posto delle scelte dei governi la tutela della popolazione civile, a partire dai bambini.

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