Che si tratti di insalata o di una scatola di biscotti, molti di noi quando si trovano al supermercato tendono a scegliere i prodotti collocati nella parte più profonda degli scaffali. E se dietro questo movimento istintivo si celasse la paura di accettare quello che ci capita?
Non so se lo fanno solo le donne. Ma quando vado al supermercato mi accorgo che lo fanno continuamente. Si comincia dal banco ‘verdura e insalate’. Tutti i prodotti sono lì, col loro prezzo e ben illuminati. Sono verdi, interi e sani. Eppure la mano che sceglie va dritta verso la seconda fila, e se non basta verso la terza.
Allora mi chiedo ‘cosa c’è che non va nella prima?’. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta della temperatura, che magari le prime file sono più esposte allo sbalzo, ma non succede solo con gli alimenti deperibili.
Lo stesso identico movimento si ripete irrefrenabile anche tra gli scomparti del cibo in scatola, dei biscotti, della pasta, delle marmellate, del caffè. Il braccio si allunga, scansa il primo prodotto e si dirige spedito verso quello che sta dietro. È questione di pochi centimetri: che ci sarà di così diverso tra il primo pacco e il secondo? Che cos’ha il primo di sbagliato? Non è stato aperto, è stato solo ‘toccato’ da tutte le persone che lo scansano per andare a prendere quello successivo.
Spesso mi sono chiesta se il primo della fila sarebbe mai stato venduto o lo avrebbe atteso un epilogo di dismissione in magazzino, o se a forza di essere tolto e rimesso al suo posto, allora sì, si sarebbe talmente sciupato da risultare invendibile. In realtà, ho poi scoperto che i commessi spostano regolarmente le confezioni in modo che questo turpe destino non si avveri. Quindi, che lo sappia o meno, a qualcuno capita il primo pacco della fila, anche se lo prende in fondo in fondo.
Naturalmente l’ho fatto anch’io, perciò conosco il meccanismo così bene. È più forte della ragione, del buonsenso, di una certa forma di giustizia, non dico di compassione. E pensandoci un po’ ho capito, non so se sbaglio, che è il segnale di una insidiosa sfiducia. Nel presente, nella fortuna. Come se la carta che viene su dal mazzo non fosse quella buona. Come se ‘qui e ora’ non fosse il posto e il tempo adatto in cui stare.
Come se dietro, un po’ più in là, altrove, ci fosse la parte ideale, perfetta, nuova di zecca. Sarebbe lo stesso di un uomo che scegliesse solo donne che nessuno ha mai toccato, perché le crede di maggior valore. Ma sbaglierebbe anche lui, come ci sbagliamo noi. Non perché il contenuto dei pacchi, oltre alla confezione, è poi tutto uguale. Perché la cosa migliore, a prescindere dai paragoni, potrebbe essere quella che ci capita.
Commenti