In Italia lo sport nazionale è il lamento, si dà sempre e comunque la colpa a qualcuno delle nostre presunte disgrazie. Non va (quasi) mai bene niente, se abbiamo dei problemi o non riusciamo a fare qualcosa, tutti gli altri sono responsabili: lo Stato, i politici, la massoneria, i vicini di casa, gli alieni, gli arbitri, gli immigrati, quelli del nord, quelli del sud, quelli di centro. Viene da pensare al film di Alberto Sordi, dove per giustificare il fatto che non aveva potuto fare questo e quello, diceva piagnucolando: “Ho avuto la malattia, altrimenti avrei potuto fare…..”. Molti hanno “la malattia”, ma non è una malattia vera e propria, è un alibi e un modo di mettere sempre le mani avanti dicendo: io vorrei ma non posso, io vorrei ma mi è capitato, io vorrei ma il mutuo, la famiglia, i figli…..
Certo, ci sono situazioni estreme di difficoltà oggettiva in cui è più difficile fare scelte, ma nella stragrande maggioranza dei casi noi possiamo scegliere il nostro destino, eccome! Ma non vogliamo farlo e ci trinceriamo dietro ai soliti luoghi comuni buoni per tutte le stagioni. Cosa dovrebbero dire le persone che sono sotto le bombe, privati di qualsiasi cosa, perseguitati, uccisi, costretti a scappare dai loro paesi, ridotti alla fame in luoghi dove carestie ed epidemie sono all’ordine del giorno?
Dal punto di vista lavorativo, che poi è la gran parte del tempo della nostra vita, le persone hanno intelligenza, capacità, competenze sulle cui basi potrebbero senz’altro pensare a costruirsi un lavoro migliore per se e per gli altri che dia davvero un futuro ai figli; ma per pigrizia, per paura non ci provano o non lo immaginano nemmeno. Non solo non ci provano, ma se qualcuno tenta di proporre delle alternative, delle soluzioni, viene pure attaccato perché chi non vuole mettere in discussione niente di se stesso normalmente attacca anche ferocemente chi invece qualche strada la vuole provare e non si vuole fermare ai luoghi comuni e al non si può fare. Non sia mai che qualcuno riesca nell’intento e ci dimostri che era possibile e quindi di riflesso che se noi non lo facciamo non è colpa degli astri.
Il futuro per i nostri figli non è solo portare a casa uno stipendio purchè sia, se poi contemporaneamente stiamo facendo un lavoro che compromette il futuro loro e di tutti gli altri figli del mondo. Cosa ci faccio con uno stipendio se fra un po’ non basteranno tutti i soldi del pianeta per avere acqua e aria pulita, cibo sano, piante e animali in vita? Non si può più solo e unicamente pensare al nostro tornaconto come se il mondo non esistesse, come se quello che facciamo non avesse alcuna conseguenza, pensando che tanto se la situazione deve migliorare dipende dai politici, di certo non da noi, e se loro non la migliorano, allora la colpa è solo loro. Sempre più persone si stanno scollocando, stanno scegliendo un lavoro in linea con i propri valori e che dia un futuro vero a figli e nipoti. Nascono in Germania centri per il rifiuto della carriera dove finalmente ci si fanno le domande giuste rispetto al nonsenso di un mondo del lavoro incentrato a fare le scarpe agli altri e raggiungere chissà quali altezze, dove il successo effimero è tanto quanto la solitudine esistenziale.
Il sistema dell’arrivismo, della pubblicità, dei lavori senza senso, inutili e dannosi per noi e per gli altri, ormai mostra tutte le sue crepe e non è più sostenibile da nessun punto di vista.
Costruire un lavoro e un mondo diverso è una grande e bellissima opportunità a portata di mano e unendosi agli altri questa opportunità diventa ancora più percorribile.
Ci vuole un po’ di coraggio, creatività e fiducia in se stessi ma è possibile, non è un caso se i nostri corsi di Scollocamento iniziano ad essere tanti.
Cambiare vita e lavoro è quindi possibile, vi aspettiamo al Parco delle Energie Rinnovabili il 12 e 13 novembre per trovare assieme una via percorribile.