Decine di migliaia di persone in tante città italiane, tra porti, luoghi di lavoro e piazze, ieri hanno scioperato e/o manifestato contro il green pass obbligatorio. I paradossi dei treni bloccati al confine e dei carabinieri allontanati dagli alloggi, e la nota critica sul pass diffusa dal sindacato della Guardia di Finanza.
Al porto di Trieste in migliaia si sono radunati al porto (nella foto grande), senza bloccare chi voleva eventualmente entrare. L’adesione allo sciopero da parte dei portuali è stata massiccia e gli scioperanti non hanno svolto le operazioni di carico/scarico delle navi e di carico sui camion. Tanta la solidarietà espressa anche da cittadini che hanno partecipato e solidarizzato, lavoratori di altre aziende e anche pullman da altre regioni; si sono uniti anche alcuni vigili del fuoco.
I portuali hanno impedito che un gruppo di neofascisti potesse unirsi alla protesta, probabilmente per strumentalizzarla. Il presidio e il blocco restano 24 ore su 24 fino al 20 ottobre. I portuali hanno anche offerto caffè alle forze dell’ordine.
A Genova mobilitazione dei lavoratori e dei cittadini ai terminal merci e davanti alla Prefettura, dove è stata accolta una delegazione per un confronto sulle tematiche oggetto della protesta. Era presente alla protesta anche il filosofo Paolo Becchi, uno dei sottoscrittori dell’appello dei docenti universitari contro il green pass.
Proteste e mobilitazioni anche al porto di Ancona.
A Roma, al Circo Massimo durante la manifestazione diversi cittadini hanno regalato fiori alle forze dell’ordine.
Manifestazioni si sono tenute a Milano, Lucca, Mestre, Firenze (dove erano presenti anche studenti e docenti universitari), Bologna, Trento, Bolzano, Torino, Verona, Catania, La Spezia, Messina, Udine, Rimini, Cagliari e altre.
Nutrita partecipazione anche al sit-in davanti all'aeroporto militare di Sigonella dove il Siam, il Sindacato Aeronautica Militare, ha protestato contro il green pass. Qui le dichiarazioni dei promotori
Anche la FLMU, Federazione Lavoratori Metalmeccanici Uniti, ha indetto sciopero nazionale dal 15 al 20 ottobre per tutti i lavoratori e le lavoratrici del settore metalmeccanico. Contemporaneamente AL-Cobas e SOA Sindacato Degli Operai Autorganizzati lo hanno indetto per tutte le altre categorie del settore privato.
Presidio contro il green pass anche davanti ai cancelli della Fiat Avio a Rivalta, alle porte di Torino.
Presidio silenzioso dei lavoratori Atm invece a Milano, con i manifestanti che si sono posizionati all'ingresso del deposito di San Donato.
Intanto l’agenzia di stampa Reuters scrive che «il tentativo dell’Italia di incrementare le vaccinazioni introducendo il contestato pass sanitario necessario per lavorare non sta ottenendo l’effetto desiderato, come mostrano i dati». Si legge ancora sulla Reuter: «Diversi altri paesi hanno reso il pass necessario per l’accesso a musei, palestre o ristoranti al chiuso ma nessuno lo ha reso obbligatorio per i lavoratori e ciò rende l’Italia un caso unico nel continente».
In Francia - dove l’andamento dei contagi è in continua discesa - si discute sull’abolizione del pass sanitario già dal 15 novembre, dove comunque non è previsto per il lavoro in generale, come scrive il quotidiano La Stampa . In Germania le restrizioni lavorative connesse al Green Pass riguardano solo gli occupati che lavorano negli asili, nelle case di cura e nelle scuole. In Grecia ora è richiesto a ogni dipendente pubblico o privato che non sia vaccinato di fare un tampone a settimana, a proprie spese, mentre per chi lavora nella sanità c'è l'obbligo vaccinale (come in Francia e in Italia).
La Danimarca è stata la prima a eliminare tutti gli obblighi legati al Green Pass. Tra i primi a introdurlo anche per andare dal parrucchiere, e anche il primo membro Ue a farne a meno. L’Ungheria ha fatto cadere già da qualche settimana tutte le restrizioni interne legate alla certificazione verde e le mascherine non sono più obbligatorie sui mezzi pubblici e nei negozi.
In Irlanda, Austria, Olanda, Portogallo, Romania Danimarca, Croazia, il pass serve per frequentare ristoranti, palestre, hotel, musei, ma non per accedere a uffici pubblici, scuole, università e nemmeno per andare a lavorare. In Inghilterra, il governo di Boris Johnson, dopo un lungo dibattito, ha deciso di non introdurre il pass, facendo marcia indietro rispetto a quanto aveva annunciato. La Gran Bretagna, quindi, non ha mai fatto uso di questo strumento.
Pesante poi ciò che viene denunciato dal Nuovo Sindacato Carabinieri , secondo cui «l'Arma dei Carabinieri ha dato ordine a tutti i carabinieri alloggiati nelle caserme di uscire dalle camerette se non sono in possesso dal Green pass». «Il Comando Generale avrebbe dato la disposizione di ordinare a chi occupa le camere di lasciarle, paragonando l'alloggio a luogo di lavoro. Nessun decreto ha mai imposto una azione del genere che non ha precedenti nella storia dell'Arma. Il Nuovo Sindacato Carabinieri interverrà in ogni luogo per difendere i propri Colleghi cacciati in mezzo alla notte a cercarsi mezzi di fortuna per passarla in maniera dignitosa. Non avremmo mai pensato di vivere una situazione del genere».
Intanto a Domodossola un treno della società RAlpin Sa , convoglio merci che trasportava i tir in viaggio tra Svizzera e Italia attraverso il tunnel del Sempione, è stato bloccato e poi rispedito alla stazione di partenza. A bordo dopo la mezzanotte del 15 ottobre sono scattati i controlli ed è emerso che sei autisti su sedici erano sprovvisti del passaporto verde.
A diffondere una nota dai toni fortemente critici sul green pass è stato anche il Sindacato Militare Italiano Guardia di Finanza .
In merito al decreto legge 127 che ha appunto introdotto l’obbligo del green pass per lavorare, il sindacato nella nota scrive: «Sebbene la ratio dichiarata sia quella di contenere i contagi e garantire una maggiore sicurezza dei lavoratori, non comprendiamo il senso di quanto previsto nell’ultimo comma dell’art. 5, atteso che i vaccini non hanno una copertura totale e che, come ampiamente scritto, anche dopo la somministrazione della 2ª dose del vaccino ci si può ammalare, perché viene rilasciata, comunque, una certificazione valida per dodici mesi? In altre parole, se i vaccinati con una dose o con il ciclo completo, si possono ammalare e possono guarire, quindi, possono infettarsi, possono infettare e possono anche guarire, esattamente come i non vaccinati, qual è il senso della certificazione annuale? Del pari, scorgiamo un altro attacco al principio di non contraddizione leggendo i commi 6 e 7 dell’art. 1. Al comma 6, infatti, non c’è scritto che il lavoratore sprovvisto di “green pass” non può accedere nel luogo di lavoro, ma che sarà considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021. Inoltre, per i giorni di assenza ingiustificata non è dovuta alcuna retribuzione, compenso o altro emolumento, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Al successivo comma 7, però, è scritto che l’accesso del personale ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzione di cui al comma 8 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza. Alla luce dell’assunto, quindi, il comma 6 dice che non ci sono conseguenze disciplinari se si entra senza il “green pass“, ma il successivo comma 7 prevede conseguenze disciplinari per chi entra essendone sprovvisto. Fatte queste opportune premesse rileviamo che il decreto legge in parola, oltre ad imporre a tutti i lavoratori pubblici e privati il possesso del certificato verde per accedere nei luoghi di lavoro, prevede pesanti sanzioni in capo al lavoratore sprovvisto della certificazione sul luogo di lavoro. Siamo in presenza, e per la prima volta, di sanzioni che, a nostro avviso, risultano fortemente penalizzanti e afflittive poiché comporteranno la mancata corresponsione della retribuzione per le giornate di assenza ingiustificate e l’applicazione di una sanzione pecuniaria che varia da 600 a 1.500 euro».
E aggiungono che il sindacato «ritiene che nessuno debba essere discriminato per una scelta riconducibile alla libera autodeterminazione prevista all’art. 32 della nostra Carta costituzionale. A nostro modo di vedere, l’assunto confligge con quanto il Governo sta attuando nei confronti dei cittadini che hanno liberamente scelto di non vaccinarsi, imponendo l’obbligo della certificazione verde per accedere nei luoghi di lavoro. Considerando che la vaccinazione non è obbligatoria questi lavoratori saranno “obbligatoriamente” costretti ad effettuare, pagando di tasca propria, continui test antigenici e qualora non fossero in grado di far fronte al quasi quotidiano esborso economico, saranno “liberamente” costretti a scegliere, quale unica alternativa, di essere esonerati dal lavoro senza stipendio, senza alcun sostegno economico e con il dubbio di subire un procedimento disciplinare. Considerato il numero degli appartenenti alle Forze dell’ordine che hanno scelto di non vaccinarsi, noi riteniamo che basterebbe una percentuale prossima al 15% per arrecare un grave nocumento alla sicurezza del Paese e alla tenuta di tutti gli altri servizi pubblici essenziali».
La nota prosegue con queste riflessioni:
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«Abbiamo rilevato che il “green pass” obbliga al “vaccino” o all’effettuazione di un tampone ogni 48/72 ore a carico del lavoratore pubblico e privato, ma nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, segnatamente all’art. 3 – Diritto all’integrità della persona, è sancito che:
1. Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. 2. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge; b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone; c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro; d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani.” (link QUI ).
Il Regolamento (Ue) 2021/953 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021, su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 (link QUI ), al considerando 36 sancisce che:
È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati.
Sorvolando sui motivi dell’omissione, evidenziamo che la rettifica del regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021 (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 211 del 15 giugno 2021), segnatamente alla pagina 7, considerando 36, ha disposto la seguente modifica: anziché: «(36) È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. Pertanto …», leggasi: «(36) È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. Pertanto…» (link QUI ).
La discriminazione, del resto, è vietata dall’art. 21 – Non discriminazione – della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea:
“1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.
2. Nell’ambito d’applicazione dei trattati e fatte salve disposizioni specifiche in essi contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità.” (link QUI )
Il Consiglio d’Europa, per effetto del dibattito in Assemblea del 27 gennaio 2021 (5ª seduta) (cfr. Doc. 15212, relazione della commissione per gli affari sociali, la salute e lo sviluppo sostenibile, relatrice: sig.ra Jennifer De Temmerman), testo adottato dall’Assemblea il 27 gennaio stesso, ha, tra l’altro, esortato gli Stati membri dell’Unione europea a:
“7.3.1 garantire che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è sottoposto a pressioni politiche, sociali o di altro tipo per essere vaccinato se non lo desidera;“
“7.3.2 garantire che nessuno venga discriminato per non essere vaccinato, per possibili rischi per la salute o per non volersi vaccinare;“
“7.3.3 adottare misure tempestive ed efficaci per contrastare la disinformazione, la disinformazione e l’esitazione riguardo ai vaccini contro il Covid-19;“
“7.3.4 distribuire informazioni trasparenti sulla sicurezza e sui possibili effetti collaterali dei vaccini, collaborando e regolamentando le piattaforme di social media per prevenire la diffusione della disinformazione;“
“7.3.5 comunicare in modo trasparente i contenuti dei contratti con i produttori di vaccini per renderli pubblicamente disponibili per l’esame parlamentare e pubblico;” eccetera…
A noi del SIM Guardia di Finanza, francamente, non sembra che le succitate esortazioni siano state tenute in debita considerazione dal Governo.
Il SIM Guardia di Finanza ritiene discriminatoria l’obbligatorietà del “green pass” per tutti i Colleghi che hanno deciso di non vaccinarsi e reputa iniquo qualsiasi provvedimento che, a fronte della gratuità dei vaccini, imponga il pagamento dei tamponi per onorare il giuramento di fedeltà alla Repubblica prestato al momento dell’arruolamento, giuramento che non esclude, in capo ai militari, l’esistenza della capacità di discernimento e della libera determinazione.
La Costituzione della Repubblica italiana vieta espressamente la discriminazione. Infatti, l’art. 3 sancisce inequivocabilmente che:”Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
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Nella nota il SIM menziona anche la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, e aggiunge che «tutte le norme del “green pass” sono valide se, e solamente se, risultano compatibili con i regolamenti europei».
«Oltre a richiedere la somministrazione gratuita dei tamponi antigenici per tutti gli appartenenti al Corpo, memori delle contraddizioni inerenti le comunicazioni ufficiali e dei danni psicologici conseguenti al lockdown e alla sua gestione, riteniamo che la sola presentazione della certificazione verde per accedere nei luoghi di lavoro non risolverà il problema e non sarà in grado di tutelare la nostra salute e quella dei nostri familiari – prosegue la nota - Noi speriamo di sbagliarci, ma riteniamo che questo Governo continuerà a percorrere la propria strada e allora, poiché anche i vaccinati posso infettarsi e infettare, comunichiamo sin da ora che il datore di lavoro, pubblico e privato, non sarà esente da responsabilità se non richiederà il tampone a tutti i dipendenti, ivi compresi i vaccinati».
«Abbiamo bisogno di nuovi modelli di razionalità coincidenti con le buone prassi, o stiamo smontando la positività dell’Organizzazione, paradossalmente incuranti e dimentichi delle azioni responsabili che tendono al miglioramento della persona nelle sue componenti valoriali, relazionali e applicative? Il Comando è un onere che impone equilibrio e persino la responsabilità del pensare raccoglie la cifra della moralità dispiegata sul piano della prassi, della scelta, della decisione ponderata che agisce sul pensiero e la riflessione teorica, dove l’impegno dell’intellettuale trova il suo terreno di elezione. La nostra posizione è stata chiara sin dall’inizio e ci ha permesso di non interferire sulle scelte etiche e morali di ciascun collega».
«La nostra democrazia è stata fortemente ridimensionata e sospesa da provvedimenti che hanno eroso i diritti fondamentali dei cittadini, impedendogli, di fatto, di vivere in relazione con gli altri e in libertà». E ancora: «Ricordiamo a noi stessi che proprio a causa degli interventi cd. “anti-covid”, tutte le Forze dell’Ordine stanno erodendo ogni residuo di credibilità e consenso, perdendo persino la considerazione del Popolo italiano per il ruolo e la funzione che svolgiamo. La stessa considerazione e credibilità faticosamente conquistata negli anni.
«L’integrità del corpo non è un valore che può prescindere dall’autodeterminazione individuale e diventare oggetto di tutela da parte di terzi in virtù di un concetto di salute estraneo al sentire del paziente. (…) Noi abbiamo l’onere di difendere la Costituzione democratica che garantisce i valori della tradizione liberale e riconosce i diritti sociali ad ogni cittadino. Noi abbiamo l’onere di tutelare i diritti umani e di contrastare ogni pericolo alle libertà individuali sancite dalla Costituzione. Noi abbiamo l’onere di combattere le mafie e i drammi prodotti dai totalitarismi per garantire la libertà dei cittadini e dello Stato. (…) I mass media cercano di imporci i comportamenti da adottare per evitare i contatti e persino il modo di pensare all’altro come a colui dal quale stare a distanza. L’altro per questi media rappresenta il pericolo, il potenziale untore, qualcuno da cui proteggersi, qualcuno a cui è negato persino l’incontro col volto che una mascherina cela. Iniziano già a manifestarsi le prime fratture nei rapporti tra i colleghi e ciò, a nostro avviso, si riverbererà negativamente sullo spirito di corpo che ci rende convinti portatori di valori perduranti e condivisi, anche oltre il rapporto di dipendenza e di servizio. Lo spirito di corpo funzionale alla coesione, al mantenimento delle tradizioni e all’incremento dell’efficienza dei Reparti. (…) Questo è un tempo particolare che deve essere maneggiato con cura. È un tempo che impone moderazione. Occorre cambiare la prospettiva per osservare l’orizzonte con la bussola della verità e della giustizia, consci del fatto che qualunque cambiamento necessita di tempo e il presente non può essere affrontato in maniera fugace e sbrigativa. A nostro modesto avviso ogni esternazione dovrebbe essere attentamente meditata e pesata con il bilancino dell’orafo per non acuire le già elevate tensioni sociali. Questa separatezza indotta, se non riusciremo a riscoprire i valori dell’appartenenza, dell’alterità e l’importanza dell’apertura, alla fine annullerà persino la domanda identitaria. Presto ci renderemo conto che per rispondere al quesito non si potrà prescindere dall’alterità, anche perché la nostra identità è sempre in relazione all’altro da noi, a colui o a coloro che ci permettono di avere coscienza di ciò che siamo, di essere un noi e di avere un’identità».
Oggi manifestazione a Roma indetta da Cgil, Cisl e Uil dopo l'attacco alla sede della Cgil di sabato 9 ottobre. Sull'agenzia di stampa Ansa si legge: «Il giorno dopo l'entrata in vigore dell'obbligo di Green pass per tutti i lavoratori, sia nel settore pubblico che privato, e alla vigilia del ritorno alle urne per i ballottaggi per la scelta del sindaco, tra cui Roma e Torino, per i sindacati ma anche per il centrosinistra quella di oggi non vuole però essere una manifestazione politica. Lo rimarca lo stesso numero uno della Cgil, Maurizio Landini, respingendo l'accusa di volersi in alcun modo "intromettere" nelle elezioni».