di
Andrea Degl'Innocenti
22-11-2011
A piazza Tahrir proseguono gli scontri. I morti sono diverse decine, 1.700 i feriti, e la tensione non accenna a diminuire. Oggi è prevista una grande manifestazione per chiedere le dimissioni del Consiglio supremo delle forze armate, al potere dalla caduta di Mubarak. Le elezioni, previste per il 28 novembre, daranno indizi importanti sul futuro del paese. Per adesso è emergenza: si cercano bare e donatori di sangue.
In piazza Tahrir, al Cairo, gli scontri proseguono senza sosta da tre giorni. Le vittime si moltiplicano e ormai si parla di più di quaranta morti. I cittadini, sorretti da partiti e associazioni continuano a scendere in piazza per protestare contro il Consiglio supremo delle forze armate, al potere dalla caduta di Mubarak. Il governo temporaneo guidato da Essam Sharaf ha rimesso il mandato al Csfa; non è chiaro se quest'ultimo le ha accettate o respinte (in un primo momento sembrava le avesse accettate, ma la televisione pubblica ha in seguito smentito).
Le proteste sono esplose qualche giorno fa, quando l'esecutivo ha lanciato una proposta di modifica costituzionale per introdurre una sorta di immunità parlamentare per l'esercito, che verrebbe così considerato il “guardiano della costituzione”. I manifestanti, già delusi dalla mancata democratizzazione delle istituzioni ed il ritardo nel riconoscimento dei diritti umani, hanno rioccupato piazza Tahrir, e stanno dando vita alla seconda “primavera araba” nell'arco di un anno.
Il 28 novembre, fra circa una settimana, sono previste le elezioni. Solo allora si capiranno le reali intenzioni del Consiglio: se si farà da parte, lasciando le redini del paese totalmente nelle mani di un governo civile, oppure tenterà di restare al potere.
I cittadini hanno deciso di continuare ad oltranza la propria protesta proprio per fare pressioni sul Csfa affinché si dimetta immediatamente e lasci spazio ad un “governo di salute nazionale”. Proprio oggi è prevista una grande manifestazione di massa, cui parteciperanno 35 realtà, fra partiti e associazioni. Chi non parteciperà - è notizia delle ultime ore – sarà invece il partito dei “fratelli musulmani”, la forza politica egiziana più presente e meglio organizzata.
Il Partito della libertà e della giustizia, espressione dei Fratelli musulmani, ha chiarito che questa decisione non scaturisce da una differenza di veduta o d'intenti rispetto ai manifestanti, ma dalla "preoccupazione di non trascinare il popolo verso nuovi scontri sanguinosi con le parti che cercano ulteriori tensioni".
Ad ogni modo piazza Tahrir resta invasa dai lacrimogeni e continua ad essere teatro di scontri durissimi. I feriti sono circa 1.700, i manifestanti rispondono alle cariche con il lancio di sassi nell'aria riecheggiano gli spari. A volte si tratta di proiettili di gomma, in altri casi di proiettili veri. Su internet si moltiplicano gli appelli a donare il sangue e in rete circolano foto dei cittadini in piazza con il numero di telefono scritto su di un braccio, così che in caso di morte qualcuno possa avvertire i genitori.
Un accordo sembrava fosse stato raggiunto grazie alla mediazione dell'imam della grande moschea di Omran Makram. I manifestanti avrebbero riconsegnato i quattro agenti presi in ostaggio domenica notte e l'esercito si sarebbe ritirato dalla piazza. Ma non appena gli agenti sono stati riconsegnati le forze dell'ordine hanno caricato la piazza facendo riesplodere la rabbia della folla.
Nell'aria sempre più tesa e pesante che si respira fa rabbrividire l'appello lanciato dall'obitorio del Cairo: “Stiamo cercando bare, non ne abbiamo a sufficienza”.