di
Simone Perotti
01-02-2011
"Un uomo che si ponga l’obiettivo di cambiare la sua vita, vivere il mare, essere più simile all’idea che ha di sé, dunque più autentico, può farlo solo se disegna un programma, se lo segue con dedizione, se verifica lungo la via il suo stato di realizzazione". Il denaro c'entra, ma non come ce lo aspettiamo.
La facoltà che ci manca maggiormente, quando sogniamo, è la concretezza. Ce ne mancano parecchie, a dire il vero: capacità di sognare in grande, visione, coraggio, senso della caducità della vita, dunque della realtà. Ma una ci manca più di tutte: il sentimento concreto e operativo del nostro sogno, cioè riuscire a ragionare togliendoci dalla testa ideologie, luoghi comuni, barriere psicologiche, per capire il nocciolo del problema reale e tentare concretamente di affrontarlo.
Da bambino volevo fare il terzino sinistro del Milan, ad esempio. Si dice che crescendo perdiamo i nostri sogni, diventiamo maturi. Ma essere maturi non vuol dire smettere di sognare, al contrario! Vuole dire sognare in modo realistico, ambizioso quanto basta per noi, ma vero, con l’occhio dritto all’obiettivo e una grande determinazione a raggiungerlo. Per me fare il Maldini era un’utopia. Diventare libero, invece, era possibile. E non sto parlando del 'libero' come ruolo calcistico.
Per cultura siamo figli della malora e della provvidenza, cioè due cose che non esistono. Siamo poco figli della realtà, che invece c’è, è davanti a noi. Ecco perché tendiamo a posizionare il sogno nell’utopia ("voglio partire e fare il giro del mondo in barca a vela da solo". Giro che non sapremmo fare, che non faremo mai).
Un uomo che si ponga l’obiettivo di cambiare la sua vita, vivere il mare, essere più simile all’idea che ha di sé, dunque più autentico, può farlo solo se disegna un programma, se lo segue con dedizione, se verifica lungo la via il suo stato di realizzazione. Ad esempio, se avete trentacinque anni e iniziate a riflettere sul cambiamento di vita, da effettuarsi prima o poi, allora già in quel momento potete iniziare a fare molto. Ad esempio riguardo il denaro.
Per una persona che guadagni 2.500 euro netti al mese, lavorando in azienda, è possibile risparmiare 15.200 € all’anno su 13 mensilità. Che vuole dire 152.000 in dieci anni, che con gli interessi reinvestiti di un investimento a rischio bassissimo sono circa 180.000 €. Questo schema potete adattarlo al ribasso o al rialzo.
Ma vivere con meno è possibile. Perché non tagliare alcune spese? Se smettete di sprecare denaro al ristorante sapete quanto risparmiate? Anche 4.000 euro l’anno. La nostra sanità pubblica, soprattutto al centro-nord, è totalmente gratuita ed è ottima (la seconda miglior sanità pubblica secondo l’OMS, dopo la Francia). Possiamo spendere meno di vestiti, automobile, costi telefonici. Per i single, perché non coabitare con altri, considerato che a casa non ci siamo mai (siamo sempre la lavorare!)?
Ho fatto questi esempi perché sono quasi certo che i più duri da persuadere sono proprio quelli che hanno maggiori sostanze. Ma il segreto del cambiamento di vita non poggia sui denari che possiamo mettere da parte, bensì su quelli che spenderemo. Il segreto del downshifting era e resta interiore, psicologico, esistenziale. Cambia chi è libero dentro, non chi ha denaro. Però certo, resiste all’impatto col cambiamento non chi ha soldi, ma chi ha compreso che occorre uscire dal consumismo, perché se consumo divento schiavo, devo vendere l’anima per guadagnare i soldi necessari a sostenere le spese.
Ecco perché il punto non è 'quanto guadagno prima', ma 'quanto spendo dopo' aver cambiato vita.
Io vivo con 8-900 euro al mese, circa 9.600 euro l’anno. Come faccio? Non compro nulla che non sia indispensabile. In questo modo esco dal target commerciale, scompaio alla massificazione della cultura mercantile, costruisco un mio PIL, una mia inflazione, e l’ordine dei fattori si sovverte. Quanto è difficile guadagnare questa cifra, oggi? Quanto devo essere schiavo per farlo? Molto poco…
Non cambia vita chi è ricco, non solo. Non si cambia vita per vivere di rendita, altrimenti sarebbero solo pochi privilegiati a farlo. Nell’analisi dei downshifter che faccio in Avanti Tutta grazie alla lettura di circa 80.000 email ricevute nel 2010, si vede chiaramente che ad aver cambiato vita sono i più concreti, quelli che vogliono davvero cambiare, di cui circa l’80% non proviene da professioni facoltose, non ha tesori nascosti. Tranne uno: sa vivere bene sobriamente. Che è più importante di essere ricchi. Almeno oggi, qui, se si vuole davvero cambiare vita per essere uomini più liberi.
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