di
Carlo Carlucci
15-06-2011
Lo straordinario esito referendario costituisce un nuovo inizio che lascia spazio a un'Italia giovane che ha finalmente detto basta. "La vittoria di un’altra Italia, di un’altra politica. La vittoria del cambiamento".
I 4 Sì per dire No alla privatizzazione dell’acqua, al nucleare etc., segnano una pagina nuova nella storia del nostro paese. Ce l’avevano messa tutta, compreso il Si per dire No: è un 'No' che boccia senza rimedio questo triste ventennio in cui sembrava tutto lecito alla Banda Bassotti. Ce ne hanno fatto vedere di cotte e di crude al punto tale che ci metteranno un po’ a capire di essere stati buttati fuori. Col voto democratico. E per sempre.
È un'Italia giovane quella che ha detto finalmente basta. Ed è un grande e schiacciante inizio, non solo una vittoria. È solo un inizio. Si faranno un po’ i conti con tutti, anche con quelli (del Pd) responsabili di aver spianato la strada alla Banda Bassotti, non in una ma in varie, ripetute occasioni.
Bisogna recuperare il tempo perduto e soprattutto la dignità. Del paese. Bisogna cambiare tante cose. La scuola langue ben prima che arrivasse la Gelmini, era già in stato comatoso dai tempi di Berlinguer (non quello morto, Enrico era di tutt’altra pasta). La Gelmini, come tutti del resto, lavorava per il Capo riducendo il personale docente, le classi, applicando il teorema Brunetta: sfoltire, sfoltire, sfoltire. A come investire i soldi risparmiati ci pensava lui, il Capo, che di soldi se ne intende. Insomma bisognerà in questo conto alla rovescia provare a ricostruire le colossali malefatte dal Parlamento privato di ogni funzione o quasi, ai continui attacchi alla magistratura etc. Questa vittoria referendaria è la vittoria di un’altra Italia, di un’altra politica. È finalmente la vittoria del cambiamento.
Altrove, nelle terre di Annibale, in Siria, nell’Egitto già dei Faraoni, in tutto il nord Africa, nel Medio Oriente che è stato un po’ la culla del mondo, vi è una impressionante spinta perché le cose non siano più come prima. È una spinta inarrestabile e non soltanto sulla strada della democrazia. Si tratta di spazzare via regimi con polizie segrete, con tortura per tornare ad essere protagonisti della Storia, protagonisti dei destini di un mondo così condannato, aprirlo ad una speranza più vasta. Siria, Iraq, Egitto ci dicono molto per la loro storia di civiltà. Ci dicono molto fiumi come il Nilo, il Tigri e l’Eufrate.
I giovani di piazza Tahir al Cairo, della Puerta del Sol a Madrid, di piazza Duomo a Milano sono gli stessi. Stessa musica, stesso modo di comunicare, stesso profondo coinvolgimento con il destino del loro paese e del pianeta. Che è diventata la stessa cosa, il proprio paese e la casa di tutti, la Terra.
Ci guardano i testimoni che hanno pagato con la vita il loro impegno estremo. Si chiamino Cocito nella Resistenza, Arrigoni a Gaza, Falcone e Borsellino in Sicilia. Sono della stessa dedizione dei giovani libici, dei giovani siriani, dei giovani del Barhein, dello Yemen. Il giovane tunisino che non ce la fece più a subire le vessazioni quotidiane della polizia e si dette fuoco morendo dopo 20 giorni di agonia è considerato giustamente uno dei simboli della rivolta in Nord Africa. Ma è sempre la stessa cosa.
Vi è un mondo giovane impossibilitato ad agire e a vivere una vita più vera e che sta assistendo al diverso, profondo malessere che sta soffocando il pianeta. Da Fukushima alla foresta amazzonica divorata dalle ruspe, dai mercanti di legname, dai coltivatori della soya transgenica, alle mafie made in Italy e transnazionali, agli squallidi 'berluscones' nostrani. E questo mondo giovane tenuto al palo sta cominciando a reagire e a farsi dovunque protagonista. Se è ancora in tempo. E quando parliamo di giovani parliamo del cuore, non solo dell’età anagrafica.
Prima che sia veramente troppo tardi. Disse un poeta messicano assistendo alle prime estrazioni di petrolio alla fine dell’ottocento: “Questo che chiamate l’oro nero è un regalo del demonio agli uomini”. Ecco, tutto indica che si è finalmente imboccata una strada diversa, che finalmente ben altri valori si imporranno. In gioco c'è la salvezza del pianeta.