Conosco persone che, pur cercando di agire in modo ecologicamente responsabile, dimostrano di provarne vergogna. Forse è necessario qualche esempio: ho degli amici che, avendo scelto di non mangiare carne per boicottare gli allevamenti intensivi, quindi per compassione e per senso di responsabilità, quando devono spiegare la loro scelta, si giustificano facendo capire che è una scelta dettata dal gusto (“non vado matto per la carne”) e da considerazioni di salute. Altri che, pur consumando da tempo solo caffè del commercio equo e solidale, si limitano a dire “lo trovo molto buono” e non accennano ai motivi etici della loro scelta. E così via ambiguamente, a meno che non si trovino tra gente che condivide gli stessi sentimenti e convinzioni e agisce in modo simile.
Perché?
Mi capita di parlare con parenti, conoscenti, compaesani, di pesticidi, inquinamento, cibi industriali, e di perorare la causa dell’agricoltura biologica e locale, e del consumo di cibi biologici. E, chi già non li acquista e consuma, mi risponde il più delle volte: “Non mi fido del biologico”.
E’ una risposta che all’inizio mi lasciava basita ma non senza parole.
Vi fidate dei cibi industriali? No. Sapete con sicurezza che i cibi non bio sono zeppi di pesticidi, conservanti, ecc.? Sì. E allora? Eeeeh!…
Ma poi, a furia di osservare e ruminare, credo di aver capito ambedue i fenomeni. Sono comportamenti le cui cause complesse partono da lontano, ma si può cercare di farne una sintesi.
Noi esseri umani siamo animali di branco e, per gran parte della nostra storia, in branco siamo vissuti, che si chiamasse tribù, comunità, villaggio, famiglia allargata. Le divisioni sociali, le guerre, i conflitti, la competizione hanno minacciato, deteriorato e spesso distrutto completamente tribù e comunità ma, fino alla società industriale, resistevano i villaggi e la famiglia allargata e anche una buona parte di comunità rurali. La società industriale ha intaccato pesantemente le comunità rurali rimaste, ha ristretto le famiglie; la società global-consumistica le ha annullate: distruggendo con esse ciò che rimaneva di comunicazione, trasmissione dei saperi, collaborazione, sistemi di valori condivisi.
L’essere umano della cosiddetta società post industriale vive nella confusione mentale, morale e spirituale alimentata ogni giorno dai potenti mezzi di persuasione di massa in mano al potere economico. Dalla televisione a internet (ormai, con i cellulari, incorporato come una protuberanza elettronica della mano) con le sue cosiddette “reti sociali”, tutto contribuisce a privare l’essere umano della capacità di osservazione, riflessione, deduzione; ad alienarlo dalla realtà, dalla comunicazione spontanea e sincera, reale, diretta con gli altri esseri umani; ad alienarlo dal proprio stesso spirito, inducendolo ad imitare atteggiamenti, espressioni, linguaggio dei “personaggi” falsi e costruiti che vede in televisione. Atrofizza la sua anima, inducendolo a una continua competizione e ricerca di ciò che gli viene indicato come il “successo” e, in tale frenetica ricerca di esso in tutti i campi, si esaurisce l’immaginazione, la fantasia, l’osservazione, la capacità di meditazione (non quella che si compra ma quella che un tempo era appannaggio di tutti).
Nella società capitalistica globale le masse umane, composte non più di comunità partecipi e solidali, in cui ci si conosce, ci si apprezza o compatisce, si scambia e si collabora materialmente e spiritualmente (il branco), diventano mandrie. Con dei pastori inflessibili e occhiuti, onnipresenti e attenti, ma che essi non vedono.
Non li vediamo, i nostri padroni. I padroni delle grandi imprese multinazionali, i padroni degli organi di stampa e dei governi, delle televisioni e di internet, noi non li vediamo. Al massimo vediamo i loro cani da pastore, coloro che ne svolgono le veci e che ci guidano, ci spingono, ci persuadono: governi e media.
Ma loro ci vedono e dirigono il nostro cammino e, come tutti i componenti di una mandria, noi andiamo dove tutti vanno.
Perché si comporta così la mandria?
Gli animali di gregge, mandria ecc. si comportano così perché sono prede ed erbivori: hanno bisogno di grandi spazi aperti ma anche di protezione. Hanno scelto questa strategia: essere in tanti, rimanere sempre tutti assieme, muoversi tutti nella stessa direzione. Ognuno di loro sa che la sopravvivenza dipende dal confondere il predatore con il grande numero in movimento e, soprattutto, dal non farsi notare dal predatore: dal non apparire diverso, dal non fare nulla di diverso da tutti gli altri.
Il fatto è che l’essere umano della società globale di dominio e competizione è talmente solo, spaventato, aggressivo o aggredito, insicuro, da essere indotto ad agire come un animale di mandria. Dato che si sente costantemente sotto l’occhio del predatore, e di un predatore impossibile da distinguere e localizzare, perché ognuno dei suoi simili potrebbe essere il nemico. Homo hominis lupus è una frase inventata da un altro impero globale, quello romano. Dunque la massima paura dell’individuo di quest’ultimo impero globale, più o meno conscia, è quella di apparire diverso.
Per questo ha paura di scegliere cibi biologici quando la maggior parte di quelli che conosce si abbuffano di Nutella e di polli e bistecche tossiche, di branzini al mercurio e di tonni in via di estinzione. Ma naturalmente dà a sé stesso e agli altri una diversa giustificazione “Non mi fido del biologico”.
Per questo ha paura, quando si comporta diversamente dalla massa, di evidenziare questa sua diversità; perdendo l’occasione di dare un esempio alternativo e di rincuorare chi potrebbe essere sulla strada del cambiamento.
Insieme alla paura di essere diversi, la società in cui viviamo, la società della grande industria globale e del consumismo, ha reciso i legami tra le cause e gli effetti. Staccati dalla natura e da tutto ciò che ci dà da vivere, noi non vediamo più da dove nascono e come i nostri cibi, i nostri indumenti, l’energia che consumiamo, i materiali delle abitazioni in cui viviamo, gli svaghi che ci prendiamo. Né vediamo dove finiscono i nostri rifiuti.
Non vediamo il baratro verso cui corre la mandria e, con tutte le nostre forze, cerchiamo di non rimanere indietro.
Staccati dalla natura, ma poiché noi siamo natura, questo distacco ci distrugge mentre la distruggiamo.
“Crescita dei tumori a livello di epidemia”, già parecchi anni fa gli oncologi lanciavano l’allarme dai loro congressi internazionali. Negli anni novanta prevedevano che in futuro ammalarsi di cancro sarebbe stato il destino di una persona su tre, nei paesi sviluppati. E oggi (ma le statistiche sono di qualche anno fa) si ammala di cancro una persona su tre, nei paesi “sviluppati”.
Tra il 1950 e il 1994 i tumori negli Stati Uniti erano aumentati del 54%.
In Italia i tumori dei bambini crescono del 2% l’anno.
E, secondo una ricerca fatta dall’Ecologist sulla base dei dati ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il tasso di tumori dei vari paesi è direttamente proporzionale al PIL: più “ricchezza”, più tumori. Più si “cresce”, più la mandria corre verso nebulosi orizzonti di consumo e conformismo, e più si ammala.
Ma c’è un’altra pericolosa malattia che cresce nel mondo e di cui non si occupano né le istituzioni sanitarie né i media: l’infelicità. Nel 2006, secondo i dati ufficiali, erano più di un milione i suicidi nel mondo: ogni anno un milione di persone si toglie la vita.
Negli ultimi 45 anni i suicidi sono aumentati del 60%. Una guerra silenziosa e nascosta che miete sempre più vittime.
In tre anni i suicidi in Italia sono raddoppiati, e la loro crescita è dovuta soprattutto ai giovani che si tolgono la vita.
Dove ci stanno spingendo gli occulti pastori? Al macello.
Uscire dal cammino segnato, instillare il dubbio in chi lo segue ancora, essere un esempio perturbatore è l’unica possibilità di salvezza, e lo è per tutti; dunque: SIATE DIVERSI!
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