di
Dario Lo Scalzo
11-01-2012
Dal 16 al 20 Gennaio la Sicilia si fermerà con la manifestazione di protesta annunciata sull’intero territorio regionale dal Movimento dei Forconi, un’associazione di agricoltori, artigiani, allevatori e pastori costituitasi per lottare contro lo status quo e contro il potere costituito.
“Prima svegliarla e poi cambiarla”. Questa è l’idea che intende portare avanti il Movimento dei Forconi costituitosi in Sicilia alcuni mesi fa. “È la rivoluzione di un popolo che è ai limiti della sopportazione, stanco della classe politica e dell’intero sistema che ci emargina e ci prevarica”: queste le parole di uno dei fondatori del Movimento, Mariano Ferro.
Il Movimento dei Forconi è un’associazione di agricoltori, artigiani, allevatori e pastori costituitasi per lottare contro lo status quo e contro il potere costituito. Già negli scorsi mesi era sceso in piazza a più riprese ma, con la quattro giorni di Gennaio, incalza con maggiore veemenza per denunciare le criticità e la disperazione della gente. Il Movimento, che si dichiara libero politicamente e al di fuori di ogni strumentalizzazione, ha pensato in grande decidendo di occupare pacificamente tutti i punti nevralgici della Sicilia.
Della situazione siciliana e di questa nuova forma di protesta annunciata abbiamo parlato con Mariano Ferro, un agricoltore che da mesi ha abbandonato la sua terra per dedicarsi con tutte le sue energie a quella che chiama la “rivoluzione del popolo siciliano”.
Da dove nasce la vostra rabbia e qual è la situazione attuale in Sicilia?
Vogliamo scrivere una pagina di storia e la scriveremo. Non si può più fare filosofia, in Sicilia c’è disperazione. Non siamo più disposti ad accettare lo stato delle cose e a scendere a compromesso. Siamo contro la politica, le banche, i sindacati e anche contro la Chiesa. Siamo vittime del sistema e non possiamo affiancarci a chi ci ha uccisi. Vogliamo essere liberi e vogliamo poter contare sulle nostre forze. Siamo stanchi del disinteresse da parte delle istituzioni locali e nazionali. Vogliamo portare avanti una vera lotta contadina. La crisi è un treno che ha permesso a tutti i siciliani di prendere coscienza e adesso è giunta l’ora di salirci su.
È finito il tempo delle raccomandazioni e del protezionismo, per decenni abbiamo avuto la mafia, adesso ci ritroviamo anche con lo Stato come nemico numero uno. Le tasse e le iniquità sono ormai più pesanti ed onerose del pizzo. Oggi siamo già in tanti e non solamente agricoltori ma tanti cittadini esasperati. Occorre continuare a svegliare la gente per poi pensare a cambiare le cose. Dentro il Palazzo non fanno nulla e hanno portato la nostra regione ad un reale fallimento, l’unica cosa che ci rimane è la strada, la rivoluzione pacifica.
Cosa succederà nella quattro giorni di gennaio?
Con l’aiuto e la partecipazione anche degli autotrasportatori, la nostra intenzione è quella di fermare pacificamente l’intera Sicilia bloccando i punti cruciali del trasporto regionale. Saremo sui porti, sulle autostrade e sugli scorrimenti veloci di ogni parte della regione, saremo nei pressi delle raffinerie di Gela e Priolo, ecc.
Di certo creeremo disagi ma è il minimo sacrificio che si possa chiedere ai siciliani per ascoltarci, faremo volantinaggio ed informeremo i cittadini dell’inizio della rivolta popolare. Ci aspettiamo di trovare consenso ma anche partecipazione della gente comune. Sappiamo che tanti studenti si uniranno a noi, tante donne e speriamo che i siciliani scendano per le strade a manifestare il loro malessere
Nascete come lotta contadina anche se sperate di coinvolgere la società civile siciliana, quali sono le vostre idee e le vostre rivendicazioni? In poche parole, quali sono le prime 2-3 misure concrete ed immediate che volete che si mettano in piedi, che si realizzino?
Potremmo parlare di defiscalizzazione dei carburanti e dell’energia elettrica, potremmo parlare di blocco delle procedure esecutive della Serit-Equitalia, potremmo parlare di Piano di Sviluppo Rurale siciliano, potremmo parlare dell’intervento della Giustizia affinché si penalizzi e si lotti il taroccaggio dei prodotti (prodotti provenienti dall’estero che vengono venduti come prodotti siciliani), potremmo parlare di necessità di maggiori controlli e di tracciabilità dei prodotti, ma innanzitutto la politica deve dirci se ha intenzione di portare avanti seriamente le nostre rivendicazioni e soprattutto se ne ha le capacità.
La nostra economia è in ginocchio. È il tempo di rilanciarla. La politica deve essere in grado di richiedere e realizzare atti forti. Quando c’è un terremoto si interviene d’urgenza, interviene la protezione civile. Quello è un atto forte legato all’eccezionalità della situazione. Ebbene in Sicilia occorrono atti forti; un altro esempio sarebbe quello di utilizzare in maniera più razionale e intelligente i fondi europei. La verità è che ci hanno svenduto ed ormai siamo alla periferia dell’Europa, per quello non abbiamo più fiducia in questo sistema. Per quello prepariamo la rivoluzione in Sicilia.
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