di
Andrea Degl'Innocenti
16-10-2012
Domenico Finiguerra, ex sindaco di Cassinetta di Lugagnano e co-portavoce degli Ecologisti e Reti Civiche, ci presenta l'appello lanciato dai Sindaci delle Buone Amministrazioni per costruire una “Alleanza sui beni comuni” fra tutti quei movimenti che che si ripropongono di cambiare la realtà sociale del nostro paese.
Che sia il momento di unire le forze lo percepiscono in molti oramai. Da troppi anni i vari movimenti che si ripropongono di cambiare la realtà sociale del nostro paese conducono battaglie parallele, che nascono dal medesimo disagio ed hanno obiettivi simili, ma non si incontrano se non per brevissimi istanti, prima di tornare a divergere.
Ma il tempo a disposizione non è molto. Le politiche liberiste degli ultimi vent'anni hanno aperto l'Italia come un'ostrica all'ingordigia dei mercati. Il governo Monti ha dato l'ultimo strappo. Adesso le ricchezze del paese – culturali, paesaggistiche, sociali, umane – sono in bella mostra, in attesa del miglior offerente. E i diritti dei suoi abitanti si vanno sgretolando di pari passo.
A dare una scossa ci pensano i Sindaci della Buona Amministrazione, una rete di amministratori e “primi cittadini” virtuosi che recentemente ha dato vita al movimento degli Ecologisti e Reti civiche – Verdi Europei, che lanciano l'appello per costruire una “Alleanza sui beni comuni”. Una specie di pacifica chiamata alle armi, rivolta a tutti coloro che da anni si battono contro la deriva mercatista della nostra democrazia, e a coloro che vogliono iniziare a farlo.
Uno dei principali promotori è Domenico Finiguerra, ex sindaco di Cassinetta di Lugagnano, co-portavoce degli Ecologisti e Reti Civiche. “O adesso o mai più” sembra volermi dire per telefono. “Il nostro appello cerca di dare una smossa a tutti quei soggetti, quelle persone, quelle forze sociali e politiche che da anni propongono di costruire una realtà diversa, ma che tendono a restare frammentate. Dobbiamo mettere insieme le minoranze sparpagliate”.
Come si intuisce dal nome, l'appello mira a creare un fronte unico incentrato sul concetto di bene comune: tutto ciò, in altri termini, che appartiene di diritto ad ogni essere umano e non può essere, come invece vorrebbero le teorie liberiste, prerogativa esclusiva di alcuni. Parliamo dell'acqua, dell'ambiente, della salute, dell'istruzione e di tutta una miriade di diritti di cittadini e lavoratori.
Creare un nuovo modello, in pratica. Difatti l'obiettivo dell'appello è proprio quello – vi si legge – di costruire assieme “una nuova strada verso la riconversione ecologica dell’economia, che trovi in essa nuove opportunità di lavoro, abbandonando il vigente e dominante modello di sviluppo che sta privatizzando i beni comuni, e annullando i diritti delle persone, compresi quelli sanciti dalla Costituzione”.
Non sarà facile. “Ci troviamo in un momento particolare – mi spiega Finiguerra – in cui l'attuale modello di sviluppo decotto e decadente sta sferrando gli ultimi colpi di coda”. Se non ci sarà una risposta collettiva, i singoli movimenti rischiano di essere spazzati via una volta per tutte.
L'appello non immagina ancora una forma da conferire a questo nuovo insieme. “Non lo sappiamo, la forma verrà dopo e dipenderà dai soggetti che decideranno di aderire. Ciò che è chiaro è che se non facciamo qualcosa subito rischiamo di ritrovarci governati da un Monti-bis, o da qualche governo fotocopia, che proseguirà con le stesse politiche portandoci ancora un altro passo verso il baratro”.
“Sono stanco – conclude Finiguerra – di continuare a disperdere energie. Noi abbiamo fatto il primo passo, abbiamo lanciato l'appello. Adesso sta alle altre realtà coglierlo, unirsi. È il momento di fare un passo in più e mettere a sistema anni di impegno, lotte, rivendicazioni”.
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