di
Alessandra Profilio
14-10-2010
Il governo Usa sospende la moratoria sulle trivellazioni petrolifere nel Golfo del Messico imposta in seguito al disastro della Deepwater Horizon e la cui scadenza era prevista per il 30 novembre. Protestano le associazioni ambientaliste. Intanto, l’Unione Europea pensa a norme più severe per l’attività delle piattaforme.
La marea nera nel Golfo del Messico è già stata dimenticata, sprofondata nell’oblio insieme alle catastrofiche ripercussioni che essa ha avuto sull’ecosistema acquatico.
Infatti, sebbene sei mesi fa tutto il mondo abbia assistito al disastro della Deepwater Horizon, la piattaforma petrolifera della Bp esplosa lo scorso 20 aprile, l’Amministrazione Usa ha già tolto la moratoria alle trivellazioni nel Golfo del Messico.
La sospensione della moratoria, imposta in seguito all’incidente e la cui scadenza era prevista per il 30 novembre, consentirà a diversi pozzi nel Golfo del Messico di riprendere ad operare.
Ad annunciare la decisione del governo americano è stato il segretario agli interni Ken Salazar il quale nel corso di una conferenza stampa ha spiegato che il termine della moratoria è giustificato dalle nuove regole sulla sicurezza imposte dal governo alle aziende dopo il disastro del pozzo di Bp.
"Abbiamo fatto e continuiamo a fare progressi significativi nel ridurre i rischi associati alle trivellazioni in acque profonde – ha affermato Salazar – Ho deciso che è ora il momento giusto per revocare la sospensione delle trivellazioni in acque profonde per gli operatori che saranno in grado di soddisfare gli standard più elevati che abbiamo stabilito".
Eppure, nonostante le rassicurazioni di Ken Salazar sulle nuove norme di sicurezza, l’adozione di tali misure non è considerata da tutti sufficiente per dissipare le preoccupazioni per il verificarsi di ulteriori incidenti.
Questa la posizione espressa da Sierra Club, la più grande associazione ambientalista Usa. Il direttore esecutivo Michael Brune ha infatti dichiarato: "il disastro Bp è stato un campanello d'allarme, ma i nostri leader continuano a premere lo snooze button. La trivellazione offshore è un business pericoloso. È stato un sollievo vedere che l’Amministrazione annunciava nuove normative di sicurezza, in forte ritardo, prima di abolire il divieto di trivellazione. Ma queste norme ancora non portano il rischio ad un livello accettabile. L’unico modo per assicurarsi che non vedremo un altro disastro della trivellazione è quello di porre fine alla nostra dipendenza dal petrolio".
Dure, inoltre, le affermazioni di Philip Radford, il direttore esecutivo di Greenpeace: "Il presidente Obama ha fatto trottare il segretario agli interni Salazar per fare il suo sporco lavoro: annunciare la decisione del presidente di revocare la moratoria sulle perforazioni offshore nel Golfo del Messico. Questa è pura politica del tipo più cinico. È tutto basato sulla stagione elettorale non su problemi di sicurezza e ambientali".
L’impressione è infatti quella che la decisione del presidente Obama, per il quale si avvicinano le elezioni di mezzo termine, sia legata alle pressioni esercitate dalle lobbies economiche legate ai candidati democratici e dai repubblicani che stavano portando avanti una campagna a favore di Big Oil per chiedere la fine della moratoria.
Intanto, anche dall’altra parte dell’Oceano si discute in materia di trivellazioni. La Commissione europea sta elaborando infatti una legislazione completa sull’attività delle piattaforme petrolifere, che prevede norme di sicurezza più rigorose e più controlli, perché le compagnie petrolifere possano ottenere l’autorizzazione per nuove trivellazioni offshore.
Come ha affermato Günther Oettinger, commissario europeo per l'Energia: "sulla sicurezza non si negozia. Per garantire che nelle acque europee non si possa mai verificare una catastrofe simile a quella che ha colpito il Golfo del Messico proponiamo di conferire alle buone pratiche già in vigore in Europa valore di norma vincolante in tutta l'Unione".