di
Matteo Marini
06-06-2012
Bankia, la maggiore banca spagnola, rischia il crac. Intanto la Grecia, con il voto del 17 giugno, potrebbe eleggere rappresentanti che la traghetteranno fuori dall'euro e in questo panorama anche l'Italia potrebbe non passarsela bene.
A fine maggio si è dimesso il banchiere centrale spagnolo. La prima banca iberica (Bankia), operante su scala nazionale, potrebbe essere salvata dal crac non con 19 miliardi di euro di capitali pubblici (come vuole il governo di Mariano Rajoy) ma con 19 miliardi di titoli di debito pubblico. Eppure in Italia quasi nessun giornale dedica alla notizia neanche una riga.
Anche perché, secondo l'economista Oscar Giannino, Angel Fernandez Ordonez (il banchiere): “si è dimesso, anzi è stato sacrificato dal governo di fronte a una richiesta parlamentare di commissione d’indagine sul crac di Bankia, le sette casse di risparmio vicine ai Popolari riunite l’anno scorso per tentarne il salvataggio: invano”.
C'è da dire però che una smentita sulla ricapitalizzazione a botte di titoli di debito pubblico, fatta trapelare in primis dal Financial Times, è già arrivata dalla Bce che in una nota, afferma: “Contrariamente a quanto riportano i media, la Bce non è stata consultata e non ha espresso alcuna posizione sui piani delle autorità spagnole per ricapitalizzare una delle principali banche spagnole. Siamo pronti a dare il nostro consiglio sugli sviluppi di un simile piano”.
Anche la posizione ufficiale del governo di Madrid su Bankia, conferma il comunicato della Bce: “Il Governo non ha presentato nessun piano alla Bce, né la Banca centrale europea ha respinto niente al riguardo. Bisogna dare retta al Governo e non al Financial Times”, ha detto il ministro dell'Economia spagnolo, Luis de Guindos, rispondendo in Parlamento alle domande dell'opposizione socialista.
De Guindos ha inoltre affermato recentemente che Bankia sarà ricapitalizzata attraverso il Frob, il fondo pubblico di ristrutturazione bancaria: “Useremo il meccanismo abituale, quello già utilizzato per altre iniezioni di liquidità da parte del Frob, e cioè un'emissione sui mercati del capitale e, in seguito, a seconda della necessità, trasferiremo le risorse alla banca”. Il ministro dell'Economia ha ricordato che il rapporto dell'Fmi che sarà diffuso nei prossimi giorni, stima che il 70% del sistema bancario iberico sopporterebbe “senza alcun problema” test di stress dell'economia ma ha riconosciuto le “forti difficoltà di alcune banche che già hanno ricevuto aiuti pubblici”, come CatalunyaCaixa, NovacaixaGalicia e Banco de Valencia.
Siamo dunque vicini al crac bancario iberico? Alcuni indicatori ci fanno pensare di sì, e dà ragione a questo discorso il fatto che il mese scorso, lo spread spagnolo è andato verso quota 520, il record per quel Paese, da quando è entrata in vigore la moneta unica. L'Italia, vi ricordo, non è molto lontana visto che, nello stesso periodo (fine maggio) stava a quota 460.
Ma l'Italia, si chiedono in molti, perché non ha un piano d'emergenza per le proprie banche?
Secondo molti economisti, sarà un'estate rovente per l’eurocrisi, poiché si aprirà più di un fronte al quale dare ascolto. Si giocherà tutto nelle settimane successive al 17 giugno. In quel giorno, i cittadini greci torneranno per la terza volta alle urne per rinnovare di nuovo il governo nazionale e i membri del parlamento.
Se le intenzioni degli elettori dovessero rispecchiare quelle dei sondaggi, in cui all’80% dicono di voler restare nell’euro, si vedrebbe creare una maggioranza di socialisti e conservatori che vogliono onorare gli impegni già presi con l’Europa, per continuare a vedersi versare le rate di 280 miliardi di euro complessivi di aiuti. Ma la prospettiva di una loro vittoria, è alquanto improbabile, visto che – attualmente - conservatori e PASOK (socialisti) sommati, nei sondaggi, fanno appena il 35% di voti. Nel migliore dei casi, si prevede un governo composito che chiede a Bruxelles lo stop ad altri tagli, ma continuando negli aiuti.
Giannino, sempre dalle pagine del suo sito, ci dice che: “Prima ancora di capire come Angela Merkel replicherà alle tante accuse che le verranno lanciate, ci arriveremo nel gonfiarsi dei marosi sulla tenuta di alcuni sistemi bancari. Avremo in quei giorni forse appreso che due importanti banche greche sono tecnicamente già fallite, perché la banca centrale greca ha intanto consentito loro di non presentare il bilancio 2011 nei termini obbligatori, per non influenzare il voto e per non arroventare ulteriormente la tempesta. Ciò aggraverà ulteriormente il bank run che attualmente è in atto in Grecia al ritmo di quasi due miliardi di euro a settimana. La Grecia pesa meno del 3% dell’euroarea, noi il 19%: è come se gli italiani ritirassero depositi al ritmo di più di 2 miliardi al giorno”.
Se la Grecia il 17 giugno decide di uscire fuori dall’euro l’emergenza alla quale dovremo dare maggior peso, sarà quella banco-finanziaria. Senza contare poi che un'eventuale crac iberico, sarebbe allo stesso modo grave, visto che la Spagna rappresenta il 13% dell'europil. Giannino ci avverte poi che: “non vi è notizia di un piano di emergenza delle banche centrali dell’eurosistema, né a livello BCE né nazionalmente, a cominciare da casa nostra”. A questo punto non ci resta che incrociare le dita e aspettare. Ma basterà?
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