di
Giorgio Cattaneo
29-04-2013
Ieri mattina a Roma, mentre il nuovo governo giurava al Quirinale, un uomo ha esploso sei colpi di pistola contro due carabinieri. L'uomo che ha sparato era disperato, senza più lavoro né famiglia, disoccupato e divorziato. Quale significato attribuire a questo gesto e quali responsabilità ha la classe politica?
Mezzogiorno di fuoco a Palazzo Chigi: due carabinieri feriti, uno in modo grave, proprio nel momento in cui il nuovo governo al Quirinale giura fedeltà alla Costituzione. Il gesto eclatante e isolato di un disoccupato stanco della vita e sommerso dai debiti, a cui manca solo un’ultima pallottola per darsi il colpo di grazia? “I piccoli gnomi bipartisan, gli insignificanti uscieri di palazzo, i falchi e le anatre Pd-Pdl gareggiano nell’additare, senza fare nomi sia chiaro, il movimento di Beppe Grillo quale mandante indiretto, o quantomeno responsabile morale, del gesto disperato di Luigi Preiti, un 'calabrese' di Rosarno (fosse stato un lombardo o un veneto la provenienza regionale non sarebbe stata specificata)”, protesta Anna Lami su Megachip.
“Ecco, è colpa di Beppe Grillo. Se Beppe Grillo la smettesse di ribadire quello che pensano un po’ tutti, ossia che abbiamo una classe politica meschina – dato di fatto di reale larghissima intesa nazionale – i ministri del governo Letta-Napolitano potrebbero fare le foto ricordo in tutta tranquillità”.
“Bisognerebbe fare un lungo respiro e riordinare il pensiero prima di commentare i fatti”, fa eco Antonello Caporale sul Fatto Quotidiano, che consiglia di “avere la prudenza di indicare le circostanze conosciute e finora accertate senza agevolare il galoppo della fantasia”.
Lo sparatore? Un uomo disperato, senza più lavoro né famiglia, disoccupato e divorziato. Ha sparato proprio mentre il nuovo governo giurava: “Non sappiamo se la coincidenza, così tragica e suggestiva, sia stata voluta”. Quel che è certo, continua Caporale, è che “la connessione dei due momenti” ha provocato un’ondata di reazioni sbagliate, con “tesi ardite o ridicole”. “Chi semina odio…” è stato il concetto più banale e più diffuso.
“Subito dopo si è passati alla ricerca delle responsabilità, a chi toccasse portare la croce: se alla Fornero, da oggi ex ministro, o a Enrico Letta, da questi minuti nuovo premier, oppure a Beppe Grillo, fomentatore di odio, o ancora ai critici delle larghe intese, aizzatori di violenza”. Un attentato come questo, scrive Paolo Becchi sul blog di Grillo, finisce per essere cinicamente funzionale, perché ricompatta tutti “con il solito vecchio cliché: uniti contro la violenza e, al contempo, uniti contro chi semina la violenza”.
La politica è chiamata a portare la responsabilità delle sue azioni, con misure anti-crisi efficaci e socialmente sostenibili, e non ad affogare in un bla-bla, aggiunge Caporale: “In questo tempo di pensiero unico, le larghe intese non autorizzano alle larghe scemenze”. Per cui: “Parlare di meno, e possibilmente cum grano salis”. Intanto, la tesi della follia dello sparatore diventa buona per negare l’evidenza, aggiunge Anna Lami: “Non si può proprio dire, semplicemente, che il 'folle' è un uomo distrutto da quella crisi economica che ha portato il tasso di disoccupazione a raddoppiare in cinque anni”, così come è “profondamente ipocrita nascondere che, con l’intensificarsi a passo spedito delle politiche di austerità e macelleria sociale, aumenteranno i disperati”.
I suicidi per motivi economici già non si contano più, aggiunge Lami, “e temiamo che in futuro potranno apparire anche altri 'squilibrati' emulatori di Luigi”. Così, potrebbe suonare “sempre più patetico” il repertorio di moniti “della classe politica di zombie che ci ritroviamo”, perché “il primo e più feroce squilibrato che ogni giorno ferisce, uccide ed arma la mano dei Luigi di turno” è proprio “quello stesso sistema economico” che ci sta riducendo “in miseria e disperazione”.
Articolo tratto da LIBRE
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