Il gruppo acquista olio di palma soprattutto dal sud est asiatico, dove la foresta vergine viene cancellata per fare posto alle coltivazioni intensive di palma da olio. Peraltro nell’ultimo anno l’Indonesia è stata devastata da continui roghi che hanno prodotto effetti devastanti anche sulla popolazione, facendo ammalare e uccidendo un numero elevato di persone ed esponendo a pericoli 43 milioni di indonesiani.
Ma Starbucks non è ovviamente l’unica azienda ad utilizzare massicciamente olio di palma non sostenibile (sempre che esista quello sostenibile!). Se la produzione annuale nel mondo ha raggiunto i 70 milioni di tonnellate è perchè la richiesta è altissima e va aumentando sempre di più. Si tratta di un ingrediente utilizzato nell’industria alimentare, ma anche nella cosmesi e farmaceutica, nell’agroenergia e nei mangimi per animali. Costa poco, è versatile, inodore, insapore e facilmente lavorabile, quindi le multinazionali lo acquistano in quantità tali da rendere la richiesta, e quindi la produzione, non sostenibile. Non mancano i tentativi di greenwashing. Infatti nel 2004 è nata la tavola rotonda per l’olio di palma sostenibile, che fornisce una certificazione detta appunto Rspo che dovrebbe garantire una produzione che preserva la foresta primaria. Ma, guarda caso, qualche anno fa Greenpeace ha scoperto che la United Plantations aveva ottenuto la certificazione malgrado continuasse a distruggere le foreste.
Di recente l’associazione ambientalista, insieme al Wwf, ha dato vita al Poig, Palm oil innovation group, il cui obiettivo è certificare la sostenibilità dell’olio di palma con criteri più stringenti. Ma c’è chi ha aspramente criticato il fatto che le due associazioni si siano alleate in questa nuova avventura con Ferrero, Danone e AgroPalma!
La via d’uscita? Smettere di usare olio di palma, senza però sostituirlo con altri oli da coltivazioni altrettanto insostenibili. Smetterne l’utilizzo significherebbe ritornare alla produzione alimentare artigianale, alla limitazione drastica dell’uso dei mezzi di trasporto in modo che non occorra nemmeno il biodiesel all’olio di palma; significherebbe cambiare paradigma e diminuire i consumi. Utopia? Chissà...