La strage della silicosi in Valcamonica. Una tragedia passata sotto silenzio

Nel mondo del lavoro sono tante le tragedie sommerse di cui si sente parlare troppo poco. Una delle più drammatiche è quella che si è consumata nella Valcamonica negli anni Cinquanta, i cui segni si vedono ancora oggi: lo sterminio compiuto dalla silicosi, una malattia polmonare causata dall'inalazione di biossido di silicio, il killer delle miniere.

La strage della silicosi in Valcamonica. Una tragedia passata sotto silenzio
La silicosi è una pneumoconiosi, ovvero una malattia polmonare generata dall’inalazione di polvere. Nel caso di questa patologia, si tratta di biossido di silicio. La pericolosità dipende dalla quantità inalata e dalla durata nel tempo dell’esposizione, le cause di morte più frequenti associate alla malattia sono tubercolosi, insufficienza respiratoria e scompenso cardiaco. Questa è una breve e fredda analisi medica di un killer che si è aggirato per anni, protetto e non visto, nell’ombra delle miniere e degli scavi italiani e non solo. Ma c’è un luogo che ha pagato un tributo particolarmente oneroso in termini di vite umane e di devastazione del tessuto sociale, il cui travaglio è iniziato nell’immediato dopoguerra con conseguenze che si vedono ancora oggi. Si tratta della Valcamonica, piacevole località della Lombardia orientale attraversata dal fiume Oglio. A partire dal 1948, la valle è stata designata per diventare uno dei più grandi poli idroelettrici d’Italia, data la sua conformazione geografica particolarmente favorevole. Intuito il business, i giganti dell’energia e della costruzione di infrastrutture, Edison in testa, si sono buttati a capofitto nell’impresa, colonizzando la valle camuna e scombinandone gli equilibri sociali ed economici, fino ad allora tranquillamente adagiati sull’agricoltura e sulla pastorizia. Era quello l’inizio dell’industrializzazione della zona e dell’incubo della silicosi; le proteste da parte dei valligiani – maldestramente capeggiate da CGIL e CISL, più impegnate a litigare fra di loro che a tutelare i lavoratori – che pochi anni prima erano dovute alla richiesta di lavoro, si trasformarono ben presto in rivendicazioni di sicurezza durante lo svolgimento delle proprie mansioni, non solo per incidenti 'operativi' ma anche e soprattutto per la crescente paura di quella terribile malattia che colpiva i polmoni non solo dei minatori che passavano giornate intere in galleria, ma anche dei lavoratori edili o dei trasportatori che facevano solo visite saltuarie ai siti contaminati. Gli apparati di sicurezza venivano costruiti per rispettare le leggi in materia, ma erano poi lasciati spenti, inattivi e quindi inutili. Il canale Sonico-Cedegolo, il serbatoio del Pantano d’Avio e la condotta forzata Esine-Pisogne erano le principali opere portate avanti nell’ambito del progetto di Edison, che ha reso oggi la Valcamonica un immenso distretto idroelettrico, pesantemente segnato da tutte le infrastrutture che questo tipo di centrali si porta dietro: dighe, scavi, condotti, cisterne e quant’altro. Non solo il danno sociale e demografico quindi, ma anche lo sconvolgimento degli equilibri ambientali e paesaggistici dell’area, con corsi d’acqua deviati, crinali sbancati e bacini artificiali. Ma il dato più doloroso di tutta questa vicenda è quello che effettua il pietoso conteggio delle vite che sono state sacrificate. Dall’avvio dei lavori ai primi anni sessanta, in una quindicina di anni scarsi, sono circa ottocento i morti che la 'polvere' ha mietuto nei piccoli paesini della valle. Alcune località hanno pagato un prezzo salatissimo, soprattutto se confrontato alla popolazione totale; per esempio ad Artogne i morti furono una novantina su duemilacinquecento abitanti complessivi. Intere famiglie distrutte, alcune delle quali videro due intere generazioni cadere vittime del biossido di silicio, un uccisore implacabile: il 70% dei malati di silicosi andò infatti incontro alla morte. Si tratta dell’ennesima tragedia silenziosa che si consuma nell’Italia del lavoro e i casi di lieto fine grazie a risarcimenti e vitalizi – se lieto può poi essere definito l’epilogo di una storia in cui si perde un proprio caro – sono ancora molto rari. L’ultimo in ordine di tempo è quello di una vedova della Val Germanasca a cui il giudice ha riconosciuto il diritto di usufruire di un vitalizio da parte dell’INAIL dopo aver perso il marito, morto di silicosi nel 2006.

Commenti

Silicosi ..ma anche altre malattie professionali sono sempre in agguato ed in futuro saranno anche di più, in quanto con i contratti di lavoro precari interinali a progetto a ritenuta d'acconto, coco, cantieri lavoro, socio lavoratori etc. similari "quando si si lavora " e si firmano certi contratti interinali e simili descritti sopra SPESSO E VOLENTIERI NON vengono fatte neppure le visite mediche di inizio e fine della missione temporanea al lavoro ! Oppure visite mediche fatte ma NON per la qualifica inerente sul posto sul lavoro!Pertanto silicosi ed altre malattie ed infortuni sono e saranno più presenti quando compare la parola INTERINALE e contratti simili! Infatti se gli ispettori del lavoro, Ispettori ASL SPRESAL magari uniti a Carabinieri e Guardia di Finanza si recassero a fare ispezioni presso i Centri degli Impieghi pubblici ( dove le ditte interinali e altre devono COMUNICARE le assunzioni e QUALIFICHE) Scoprirebbero che MOLTISSIMI operai ed apprendisti NON vengono fatte fare le visite mediche ! O se fatte ripeto NON adeguate molto spesso alle mansioni di qualifica reali sui posti di lavoro ! E questo accade sia che ad adoperare questi contratti interinali siano multinazionali , ditte, ma persino Enti pubblici ! ! ! Inoltre oltre alle visite mediche ed a salari e contributi differenti si RAGGIRANO anche i corsi di legge sulla sicurezza sul lavoro ! ! ! Faccio un esempio: fai il saldatore o autista..a questi centri per l'impiego pubblici viene comunicato invece che fai il manovale..NON ci saranno visite mediche ne corsi di sicurezza obbligatori ne indumenti di protezione adeguati alle qualifiche ! PERTANTO SI RAGGIRANO LE LEGGI AMPIAMENTE ! Per vedere questo gli ispettori vari Guardia di Finanza etc. basta che richiedano semplicemente il modello : C2 che è in pratica la nostra storia di lavoro e qualifiche sia attuali che retroattive. Da qui gli ispettori potrebbero anche retroattivamente scoprire TUTTI i misfatti che non solo ricadono su noi lavoratori ma COINVOLGONO altri nostri colleghi ed oltre persino su quanto da noi viene costruito e venduto ! In quanto se si costruiscono delle cose es:camion, aerei, gru, auto. carrelli etc...non in sicurezza SENZA avere i patentini di legge o corsi sicurezza inerenti TUTTO è posto NON in sicurezza !e PERTTANTO TUTTO è RISCHIO PER TUTTI ! Non solo per le malattie professionali ! Bisogna parlarne e scrivere di queste cose reali e vere ma se lo fai cercano persino di denunciarti ! Invece d'essere aiutato a fare uscire le verità! Ma tacere non scrivere non dire si ci si rende COMPARTECIPI poi di eventuali infortuni per se stessi e ad altri ! E gli infortuni posono anche essere gravi e mortali ! E possono coinvolgere persone estranee al di fuori della multinazionale o ditta che sia..! Servirebbe lavorare in sinergia con gli ispettori e Guardia di Finanza quando si fanno le ispezioni insomma essere presenti anche noi fare vedere quanto accade sui posti di lavoro o su prodotti venduti non in sicurezza e difettati, servirebbe anche un aiuto dalla magistratura dalla stessa polizia postale che legge tutto e di tutti..un reciproca aiuto quando si scrivono verità utili a noi operai ma utili anche ad estranei che comprano certi prodotti..Solo così si potrebbero evitare ulteriori incidenti,infortuni, malattie professionali silicosi ed altre,e e morti bianche e non solo.. Speriamo che questo venga capito e perchè si è scritto : RECIPROCO AIUTO con ispettori etc. possono evitare infortuni e malattie professionali ! Il caso ThyssenKrupp di Torino deve essere da monito per sempre per tutte le aziende, ma è anche inutile vincere per così dire i processi quando ci sono stati morti e infortuni in quanto anche se si vince i morti purtroppo non possono essere resuscitati ma se si faceva PREVENZIONE e gli stessi operai miei colleghi avessero scritto e parlato anche su internet dei problemi inerenti alla sicurezza magari qualcosa si sarebbe mosso prima "forse" perchè vedo che io l'ho fatto ma facendolo si rischia di essere denunciati..per averlo sritto e detto ! Ma è preferibile avere paura di denuncia? O avere poi possibili infortuni o morti sulla propria coscienza? Sergio Morando.
Morando Sergio Crocefieschi Genova Malpotremo Lese, 02-05-2011 11:02

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