di
Andrea Degl'Innocenti
03-02-2012
Con una sentenza che fa discutere per la sua gravità, la Corte di Cassazione elimina l'obbligo del carcere cautelare per gli autori degli stupri di gruppo. La decisione scoraggerà di fatto le denunce da parte di chi ha subito violenza, oltre a togliere gravità sociale ad un reato che assomma due delle peggiori dinamiche umane: la pulsione sessuale violenta e incontrollata e la logica del branco.
Con una sentenza che ha lascia quantomeno perplessi, la Corte di Cassazione ha sostenuto, ieri, che per i responsabili di violenza di gruppo potranno essere emesse misure cautelari diverse dal carcere. Pur non significando “niente carcere per gli stupratori” come si legge in giro - parliamo infatti di misure cautelari, da applicarsi prima o durante il processo - si tratta di una decisione che toglie gravità ad uno dei reati più vili che l'uomo possa compiere.
La sentenza è arrivata a seguito del ricorso presentato da due diciannovenni di Cassino, accusati di aver abusato sessualmente di una compaesana minorenne. Secondo la testimonianza della ragazzina, che li ha denunciati, i due l'avrebbero convinta a salire in macchina mentre questa era di ritorno da un pub e, condottala in una zona di campagna, l'avrebbero violentata a turno.
Il giudice per le indagini preliminari (gip) aveva inizialmente firmato un'ordinanza di custodia cautelare per i due accusati. Il Tribunale del Riesame di Roma aveva poi confermato il carcere, ritenendo che questo fosse l'unica misura cautelare possibile nel caso di uno stupro di gruppo.
Ma la sentenza della Corte di Cassazione ha ribaltato tutto. La Suprema Corte ha infatti deliberato che la custodia in carcere dell'indagato non è l'unica misura cautelare applicabile nel caso dello stupro di gruppo, ma il giudice potrà optare per “misure cautelari alternative [...] nell’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure”.
La decisione si rifà ad una sentenza della Corte Costituzionale del 2010, riferita alla legge di contrasto alla violenza sessuale approvata dal parlamento nel 2009. In quell'occasione la consulta aveva dichiarato incostituzionale l'articolo del decreto che prevedeva l'obbligo del carcere cautelare per gli stupratori con a carico gravi indizi di colpevolezza. La sentenza si riferiva ai reati di violenza sessuale e atti sessuali su minorenni e fu motivata con l'incompatibilità con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della costituzione.
La decisione di ieri della Corte di Cassazione estende l'interpretazione anche al reato di violenza di gruppo, con la motivazione che questo “presenta caratteristiche essenziali non difformi” dagli altri due.
Ora, come accennavamo all'inizio, questa decisione non ha niente ha che fare con la sentenza finale del processo. Resta saldo il carcere per chi viene condannato per il reato di violenza di gruppo. Le misure cautelari a cui si fa riferimento sono quelle che si applicano prima del processo e durante il suo svolgimento, in attesa della sentenza definitiva.
Ciononostante la sentenza ha ripercussioni pratiche e simboliche da non sottovalutare. Dal punto di vista pratico potrebbe scoraggiare di fatto le denunce da parte di chi ha subito la violenza. Sapere che passeranno mesi o anni prima che i colpevoli finiscano in carcere potrebbe intimorire le vittime e convincerle a tacere, per paura di ritorsioni. Dal punto di vista simbolico finisce per togliere gravità sociale ad un reato che assomma due delle peggiori dinamiche umane: la pulsione sessuale violenta e incontrollata e la logica del branco.
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